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Si sta svolgendo in regione un convegno sui nidi e i servizi educativi d'infanzia. Ad alternarsi al microfono sono state diverse voci. Questo primo report si
riferirà solo alla mattinata, una mattinata densa che ha ascoltato le voci provenienti da diverse parti d'Italia. Il convegno ha fin dal titolo una delle parole chiave del pensiero dell'assessore Teresa Marzocchi e la parola è: diritti. Attorno a questo valore l'assessore muove la sua politica tenendo presente sia i diritti delle famiglie che dei bambini. Se nell'anno 2011 i servizi sono potuti crescere di un punto e mezzo, in percentuale rispetto alla copertura della domanda, sull'anno 2012 incombe un grande punto interrogativo. Dove trovare le risorse per implementare e mantenere il servizio? Questa è un vera sfida.
A questa domanda ormai formulata tante volte, sui quotidiani bolognesi si affaccia un'ipotesi di risposta da sindaco e da assessore Pillati, i quali prendono come modello risolutivo un servizio pubblico e privato integrato.
Il modello a cui si guarda è quello di Reggio Emilia dove le liste d'attesa sono a zero e alcuni sponsor, marchi, sono riusciti con la loro compartecipazione a far crescere l'offerta.
Come spesso accade questa soluzione sembra sotto ogni profilo la migliore, la più attuabile e senza alcun rischio. Come quando si parlava di privatizzare i servizi dei trasporti o delle poste. Tutto doveva filare a meraviglia, qualcuno ricorda? Ma accantoniamo le polemiche e andiamo invece a visitare questi modelli d'eccellenza per capire se effettivamente possono essere una valida soluzione. Da agosto ho richiesto ai servizi Reggiani una visita e un'intervista.
Passiamo ora a tutt'altro argomento, uno studio, uno studio presentato e redatto da Daniela Del Boca docente, tra l'altro, all'università di Torino. Per semplificare, lo studio si chiede: Che rapporto tra l'economia famigliare e servizi d'infanzia?
I risultati? Davvero sconfortanti.
L'Italia si attesta rispetto allo scenario europeo uno tra i paesi con la più bassa partecipazione femminile al mondo del lavoro, ma non solo,perché anche tasso di fecondità è tra i più bassi. Le donne più spesso lasciano il lavoro dopo la nascita del primo figlio e più spesso non vi ritornano.
Altro dati drammatici: i nostri studenti sono tra i meno virtuosi d'Europa: trentatreesimi in competenze linguistiche, trentottesima in matematica.
Se pensiamo che i bimbi frequentanti il nido hanno migliori risultati d'apprendimento scolastico, si intuisce che ovunque si giri la questione, per lavoro femminile, per tasso d'occupazione, per migliore competenza scolastica, per migliore integrazione (anche questo parallellismo è stato provato) lo stato italiano dovrebbe investire tantissimo nel nido, invece è un padre distratto per non dire assente.
Molti nodi sono già venuti al pettine e oggi che sono finiti anche i milioni (unici in 40 anni di servizio) investiti dal piano straordinario 2007-09, quasi, quasi, ci vien voglia di piangere.
Ma andiamo avanti.
I genitori sono stati citati come possibili attori, in questo momento di crisi, dove tutto è sforbiciato e sembra rimanga solo l'ipotesi di un radicale cambiamento. La voce della professoressa Susanna Mantovani della Bicocca di Milano, si è alzata sopra le altre, per chiedere responsabilità un' impegno che dovrebbero venire da tutti anche dal basso, così come era avvenuto quarant'anni fa quando è nata la legge 1044.