Lorenzo Campioni. La qualità educativa






Dopo lo sguardo generale da parte di Gori e uno più locale sulla realtà provinciale di Bologna, dopo il discorso del professore Silvestri, che è andato ad intaccare tutta una serie di certezze, dobbiamo comunque riconoscere alle
amministrazioni comunali, come ci raccontava l'Onorevole Adriana Lodi, l'importanza del lavoro intrapreso. I comuni infatti hanno costruito, soprattutto nei primi quindici anni, di fatto verso gli anni '80 decollano e si affiancano nuove tipologie e iniziano a muoversi i primi privati nelle gestione del servizio, dicevo che i comuni hanno trasformato il servizio da assistenziale a vero servizio educativo. Sono stati fondamentali i lavori, le ricerche, i tentativi intrapresi nei nidi. Così i nidi e le amministrazioni comunali grazie ad una felice coincidenza, fra personale e assessori, assessori che guardavano avanti e con attenzione, grazie al lavoro dei tecnici, come i primi coordinatori pedagogici, ma anche grazie alla partecipazione dei genitori, i nidi sono diventati quello che oggi conosciamo. In quegli anni in alcuni comuni anche delle provincia, i genitori gestivano direttamente gli acquisti, le rette, le rette venivano raccolte da loro. Si era in una situazione estremamente partecipata, ed è così il nido è diventato un servizio educativo anche grazie all'articolo 6 della legge 1044, legge che oggi ha un significato storico. Noi del gruppo nazionale dei nidi abbiamo lanciato un'iniziativa che sta avendo un buon successo. Il 2 dicembre ci troveremo in ogni nido, e speriamo che Bologna aderisca a questa iniziativa, in cui festeggeremo si la 1044, sotto forma di festa, di teatro, come volete voi anche con una semplice cena. L'importante è dare un senso a quella data che è il 2 dicembre. Data in cui è stata approvata definitivamente in senato la 1044. E' stato un grande passo in avanti per la cura e l'educazione dei bambini ma anche per la conciliazione familiare. Questi due concetti: conciliazione ed educazione non devono essere messi in contrasto, questi due obbiettivi devono essere coesi e in sintonia anche il superamento delle diseguaglianze di partenza. Finalmente oggi abbiamo un documento della comunità europea, del febbraio scorso, che è una comunicazione della commissione agli stati membri. Ebbene è un documento semplicissimo di una decina di pagine, in cui si spiega l'importanza di una educazione di qualità, sottolinea l'importanza dell'educazione nei primi tre anni di vita. Di fatto se noi interveniamo nei primi tre anni di vita, è dimostrato che abbiamo più successo immediato e che questi successi sono duraturi nel tempo. L'investimento educativo zero-tre anni produce di più rispetto ad altri investimenti postumi. Quindi noi oggi siamo in possesso di studi che sottolineano l'importanza dei nidi per il bambino e di conseguenza per la conciliazione. D'altra parte è ovvio, perché se non ci sono i servizi, che conciliazione facciamo? La facciamo con il voucher? Torno ora alla domanda di partenza che era sulla qualità. Torno ancora a citare il documento della comunità europea, nel quale si sottolinea come i servizi servono solo se di qualità. Abbiamo anche il primo studio fatto in proposito dalla fondazione Agnelli. Lo studio ci dice che i servizi devono essere di qualità e devono espandersi maggiormente, perché solo un servizio di qualità può fare quello che abbiamo detto fino ad ora,e qui mi soffermo su un passaggio interessante se il servizio non è di qualità, il rischio è grave per il bambino.
I servizi assistenziale oltre a non servire, sono una spesa inutile ed ecco perché bisogna ritornare ai principi che sono stati stabiliti in partenza dai comuni. Comuni che torno a ripetere hanno un grandissimo merito. Va da sé che là dove c'è un comune forte, c'è anche un privato forte. E' laddove il comune è debole che il privato da servizi non altezza. Questo è importante. Oggi il pubblico deve fare un salto, perché se fino ad ieri ha gestito, e abbiamo sentito le difficoltà anche nelle situazioni più virtuose, il pubblico deve diventare capace di valutare il privato. Quindi autorizzare quello che va autorizzato e accreditare solo i servizi che vanno accreditati.
La regione Emilia Romagna è stata la prima regione che ha fatto una legge di nuova generazione. La legge 1/2000 tiene presente tutto il sistema, pubblico e privato e ha dato delle direttive in cui tutti si devono riconoscere, così da poter garantire dei servizi di qualità. Il comune deve fare lo sforzo di controllare e dare garanzie ai bambini, per il rispetto ai loro diritti all'educazione e alla cura. Così potremmo avere dei servizi di qualità, con strutture adeguate, con personale preparato e con dei titoli richiesti dalla legge, con il rispetto dei contratti di lavoro e con una formazione permanente e una costante supervisione. Allora si che garantiamo dei servizi di qualità anche nel privato. In fine vorrei aggiungere che se lo Stato è stato ladro nei confronti dell'infanzia, perché i fondi presi con la finalità di costruire e gestire i nidi dal 1977 al 2001 non sono mai stati dati. Solo nel 2002 ha dato 50 milioni per questi servizi, poi dal 2002-07 più nulla, per arrivare finalmente al piano Bindi del 2007-09 con 447 milioni alle regioni. Nel 2010 sono stati stanziati cento milioni attenzione, non più finalizzati ai nidi, ma alle politiche familiari e qualche regione ha ritagliato un po' di soldi per i comuni. Da quest'anno lo Stato Italiano, l'unico in comunità europea, non ha un capitolo nella propria legge finanziaria per questi servizi.
Di nuovo questi servizi, nonostante noi tutti dal nostro stipendio evolviamo il solito 0,10, come ricordato dagli altri relatori, non sono supportati. Bisogna creare sensibilità ed è per questo che il due dicembre diventa importante. Dobbiamo essere coscienti di quello che sta capitando così quando sentiamo per televisione che l'onorevole di turno va a parlare delle politiche per la famiglia dobbiamo aver chiaro che si tratta di sonore menzogne. Le politiche si vedono dai bilanci, sia a livello nazionale sia a livello locale. Dobbiamo chiedere anche un maggior impegno a livello regionale perché non è possibile che una regione come l'Emilia Romagna passi da oltre 17 milioni, ad un milione e mezzo per questi servizi. Vuol dire che gli altri sedici milioni, provenivano dallo Stato. Dobbiamo chiedere con forza che in questo momento non vengano lasciati soli, perché di nuovo questi servizi graveranno sulle spalle dei comuni e dei genitori.