Luigi Guerra: l'impegno dell'università















Luigi Guerra è presidente della facoltà di scienza della formazione. Il suo curriculum è difficilmente riassumibile. Basti sapere che è impegnato su molti fronti tra il sociale, la pedagogia e la divulgazione.
E' responsabile del progetto di cooperazione internazionale scuola inclusiva in Salvador carica, di cui mi è parso, vada particolarmente orgoglioso. Gentilmente mi ha incontrata per raccontare l'impegno dell'università bolognese, rispetto al tema servizi educati, un impegno non solo teorico ma ben radicato nel sistema. Di recente l'assessore Pillati l'ha coinvolto in un progetto ambizioso: scrivere un manifesto pedagogico sulla qualità dei servizi educativi d'infanzia.   

L'università di Bologna che tipo di studi ha fornito nel passato e che tipo di studi sta fornendo attualmente rispetto al tema zero-tre anni?

La nostra facoltà è stata presente fin da subito nell'innovazione educativa che ha caratterizzato gli anni '70, sia nella realizzazione del tempo pieno per la scuola d'infanzia, sia per ciò che concerne i nidi d'infanzia. Fu uno sforzo straordinario anche per l'amministrazione locale che a Bologna si è distinse, dallo scenario nazionale, c'erano alcune realtà che pensarono al nido come un'azione di tipo assistenziale. Cosa intendo con questo? Che i nidi erano più pensati per le donne che devono andare a lavorare, un aspetto di sicuro meritorio, ma Bologna si fece carico di fin dall'inizio di un'operazione di tipo educativa. Il bambino nell'età 0-3 anni sviluppa delle competenze che condizionano la vita futura. L'esperienza sia d'apprendimento sia di socializzazione, che sono risorse fondamentali, condizionano lo sviluppo dell'apprendimento futuro della persona. Gli studi di settore lo dimostrano sempre più. L'adesione della facoltà a questo progetto fu di natura socio culturale, ma anche di natura pedagogica e psicologica, legata per appunto a questa attenzione all'educazione dei primi anni di vita dell'individuo. L'università si impegnò sia sul versante della formazione pedagogica e di ricerca, che sul funzionamento del servizio ponendo attenzione al modello didattico. Sono diversi gli studi che la facoltà ha fornito fin dai primi tempi. Molti li troviamo nella rivista Infanzia. Infanzia nasce nel '73 e ha seguito costantemente l'evoluzione di questo servizio e del modello bolognese. In tempi più recenti abbiamo aperto un corso di laurea specifico per formare gli educatori. In Italia ce ne sono solo tre, una è la nostra. La regione Emilia Romagna ha riconosciuto l'importanza di questo corso di laurea rendendo obbligatoria il titolo dall'anno prossimo. Il nostro corso di laurea che ha centinaia di iscritti, ha attivato una convenzione con il comune di Bologna e quindi il tirocinio per le nostre studentesse si svolge presso le sedi dei nidi d'infanzia.

Passiamo ora all'attualità e più precisamente alle difficoltà che il servizio sta vivendo in Italia nell'attuale crisi economica?

I nidi hanno avuto una genesi di natura assistenziale con la legge nazionale 1044. Le frasi che riguardano il manifesto pedagogico sono alquante contenute, poche parole. Noi del settore abbiamo valorizzato l'aspetto socio-educativo. Ora siamo di fronte ad una crisi economica e certamente il settore nidi che è una spesa onerosa sul piano dell'investimento economico. Il servizio è distribuito a macchia di leopardo. Mezza Italia che non ha marcato visita. La regione Emilia Romagna si è fortemente esposta anche con servizi di coordinamento pedagogico. E' chiaro che il calo delle risorse mette questo settore in una situazione molto difficile in cui paradossalmente sono oggetto di critica le realtà più virtuose. Per spiegarci: le realtà con maggior estensione dei servizi, si trovano in maggiori difficoltà rispetto alle realtà che non hanno pochi servizi, e che la fanno franca ancora una volta. Lo dico con rammarico ma la difesa del nido, che io stesso esercito in prima persona, va contestualizzata rispetto alle difficoltà che ci sono. Se l'Emilia Romagna l'anno scorso aveva 16 milioni a disposizione e quest'anno ne ha circa 1/10, è evidente ha grandi difficoltà a mantenere il servizio. Nella normalità delle amministrazioni, nella nostra regione e nel comune di Bologna, mi sembra che ci sia una naturale propensione ad un impegno economico e culturale. Credo anche che i cittadini spesso non siano al corrente o trascurino i problemi che stiamo avendo. Da una parte ci sono i tagli, dall'altra il patto di stabilità, di conseguenza il personale non può essere assunto. In questo scenario, il problema non può essere sempre affrontato in chiave rivendicativa nei confronti dell'assessore Pillati. Il discorso è a livello nazionale, se si continuano a tagliare risorse a province e comuni, il gioco di continuare a chiedere all'ente locale diventa un po' sciocco. Le operazioni che mi pare stia facendo il comune di Bologna oggi sono due: da un lato sta cercando di difendere al massimo i servizi continuando a stanziare, poi preciso, vigiliamo che questo massimo sia davvero il massimo e non sia invece altro, dall'altro lato c'è un'inevitabile tendenza a ristrutturare le risorse umane e un'apertura verso la privatizzazione. Non la critico pur non essendo un difensore ad oltranza del privato. Bisogna tenere alta l'attenzione e vigilare sulla qualità. Se si fanno bandi al massimo ribasso il rischio è grave. In regione fino ad ora si è vigilato. Il tessuto pedagogico dei nostri quartieri fa un lavoro di grandissima tutela rispetto alla qualità. I nidi a gestione delle cooperative sono praticamente equivalente ai servizi comunali. Bisognerebbe analizzare come questo risparmio economico di gestione ricade sulle persone che ci lavorano. Ad esempio in quelle realtà in cui si lavora per dieci mesi e si viene licenziati per il periodo estivo o a cui non vengono riconosciuti certi benefici, ormai consolidati nei contratti pubblici... ecco queste sono cose da vedere e valutare con cura. Bologna deve pensare ad un rilancio, bisogna rialzare la bandiera di un impegno che non può che essere un impegno politico nazionale, vedendo anche la mobilitazione dei cittadini. Siamo in un momento in cui l'educazione berlusconiana ha fatto si, che l'egoismo dilaghi. C'è una forte distrazione nei confronti dei temi sociali che dovrebbero riguardare tutti i cittadini.

L'assessore Pillati sta preparando un tavolo tecnico di discussione per cercare di rilanciare il modello del nido e ha coinvolto anche l'università ce vuole parlare?

La proposta che mi ha fatto l'assessore Pillati è molto convincente. Il comune battaglia amministrativamente per mantenere i servizi, d'altro lato sta rilanciando le tematiche politico- culturali, cercando di scrivere un manifesto che apra il dibattito con la cittadinanza e i quartieri per creare un dibattito. In tutto questo, guardo con molta attenzione le rivendicazioni lanciate dalle insegnanti di nido. Le vedo con un duplice animo ed è un tema che mi vede sensibile. Da un lato non posso non guardare con simpatia la difesa della qualità del servizio, come pedagogista e cittadino, sono particolarmente sensibile, d'altro lato non si può far passare una campagna di natura corporativa che difende una serie di privilegi, conquistate dal personale dipendente, attenzione, la parola privilegi la metto molto tra virgolette. Il discorso è: non mi interessa che rimangano cinque nidi d'oro, nei quali ci sia un rapporto numerico bassissimo, dove il lavoro si svolge con assoluto agio. Perché questo vedrebbe di contro cinquemila (cifra ad esempio) bambini che non riesco accede. Non mi interessa avere cento operatori di cooperativa che non hanno il tempo di far nulla, talmente sono oberati di lavoro che lavorano nel privato sociale. Mi interessa un aspetto più complessivo. I livelli di qualità sono irrinunciabili! In alcuni volantini che ho visto in giro, l'asticella è stata posizionata troppo in lato rispetto a quello che possiamo permetterci nella contingenza. Bisogna chiedere attenzione. C'è bisogno di un atteggiamento di battaglia in difesa, si, ma al contempo bisogna capire la situazione che stiamo vivendo e su cosa si può richiedere. La violenza e l'ottusità, portata aventi dal governo precedente, non percepisce neanche la perdita economica della chiusura dei servizi. Mi chiedo: qualcuno ha calcolato l'indotto economico del nido? E non solo perché dà da lavorare alle educatrici, ma se si è calcolato sull'impatto che c'è a livello dei trasporti o sulla qualità della vita diffusa. Questi temi vanno trattati con lungimiranza che molto spesso non appartiene alle parti in causa. Bisogna capire, stabilire, dove possiamo posizionare l'asticella per mantenere un nido di qualità e poterlo far funzionare rispetto alle risorse attuali. Guardiamoci in faccia e capiamo: cosa possiamo fare? Il manifesto che ha in mente di stilare l'assessore vuole capire questo: dove collocare l'asticella che consente di mantenere qualità e andare verso una copertura d'offerta rispetto alla domanda totale? E rispetto a questa domanda, ci tengo a sottolineare che deve rientrare anche il figlio del clandestino, perché un servizio d'infanzia oggi, deve tener presente i temi dell'attualità. Siamo capaci tutti di far pagare mille euro di retta ed aprire dieci nidi meravigliosi... la scommessa è un'altra ed è combinare l'eccellenza con la diffusione. La diffusione necessità un abbassamento della qualità. Fin dove è abbassabile? E quali sono le condizioni irrinunciabili di qualità? Bisogna avere le idee chiare. La componente sociale e quella della sicurezza sono irrinunciabili. Faccio un esempio: mantenere il rapporto numerico educatore-bambino basso è una componente irrinunciabile per la qualità? Vediamo con che numeri? Teniamo conto che se tutta la regione è riuscita a lavorare con una rapporto di 1/7, perché Bologna non ci può rientrare? Questa è una delle cose a cui si può venire ad un incontro. E poi nel complesso non capisco perché se c'è una legge regionale, il comune di Vergato, che non ha soldi, debba calibrarsi sull'uno a 7 mentre il comune di Bologna, ben più ricco, debba rimanere su un rapporto privilegiato. Se invece diciamo tutti insieme: il rapporto 1/7 è inaccettabile, allora muoviamoci tutti insieme verso Roma. Questo detto, nessuno mette in dubbio che il rapporto più basso sia meglio, ma nel momento del bisogno ragionare con i mezzi a disposizione.

Cosa pensa dei servizi detti alternativi quindi servizi che si affiancano rispetto al nido d'infanzia, mi riferiscono sopratutto alle tages mutter ma anche micro nidi, piccolo gruppo educativo e altro.

E' evidente che il nido per tutti è un'utopia economica. I servizi vanno allargati. Si vuole sperimentare ad esempio in altra maniera, quelle che si chiamano tages mutter. Non dico un no pregiudiziale a questi servizi. Ho seguito l'esperienza altotesina per anni. La domanda da porsi è: quando questi servizi sono inaccettabili? Quando non si cura la formazione delle persone, quando non ci sono controlli di standard, quando non vengono garantiti ai bambini anche presenze parziali presso i nidi. Se impostati facendo attenzione a queste componenti, non ho niente in contrario al fatto anche a questi servizi. Necessitano di un modello di persone opportunamente formate ma non una volta per tutte, formate e monitorate, con un grosso sforzo di tecnici che vanno a verificare e aiutare le strutture. Quindi formazione iniziale, formazione continua e l'appoggio di un progetto educativo. Chiederei anche che il nido di turno poco distante, metta a disposizione settimanalmente, o con maggior frequenza uno spazio laboratorio ai bambini. Con questo non voglio dire che sono pro tages mutter. Credo solo che vista la situazione, vista la grande richiesta, se si vuole ragionare verso un'offerta che copra il 100% del servizio, tutelando come ho specificato, ci si può aprire anche a quest'offerta. Le condizioni che ho posto non sono condizioni da poco e di certo incidono sulla spesa di gestione in modo non indifferente.
Un'ultima domanda: crede che le legge 1044 vada rivista o cambiata?
La 1044 è una legge desueta. E' nata con l'intento di sostenere la donna e incrementare, provvedere all'inserimento al mondo del lavoro delle donne. Erano criteri necessari e di sicuro merito, soprattutto allora. Il mio interesse principale però, come studioso e pedagogista, non è la donna o il lavoro ad essa connesso, ma sono i bambini. In una riformulazione della legge il discorso dovrebbe incentrarsi attorno alla qualità educativa. Tutto ciò che ruota attorno all'argomento può essere interessante, ma principalmente il servizio educativo deve pensare alla formazione e all'educazione del bambino.