by duboix |
Daniele Chitti ha un'esperienza davvero
notevole in fatto di bambini. Il suo iter professionale è qualcosa
di diverso dal solito, ad una formazione da psicologo accompagna
un'esperienza lavorativa come educatore, prima con gli
adolescenti,
poi con i disabili. Dopo un po' di gavetta è arrivato a fare il
responsabile del servizio per i minori nel Comune di Imola.
Casualmente nel 2006 sempre per il comune, è diventato responsabile
dei servizi dell'infanzia per i nidi e le materna. Ed ecco che il
cerchio si chiude, o quasi, perché c'è un piccolo spazio per
infilarci il lavoro di consulente per progetti a copertura nazionale,
sempre per la tutela dei minori e infine l'incarico a giudice onorario dei minori. “Non sono specialista di niente -ci racconta
con grande semplicità- ma conosco l'orizzonte delle cose che
riguardano i bambini.”
Ha apportato modifiche al servizio
educativo? Se si quali e perché?
Per questo incarico mi sono trovato a
gestire un lavoro già avviato, molto dalle attività che porto
avanti sono state iniziate da Maurizia Gasparetto, mio predecessore,
oltre che un'amica.
Da parte mia ho cercato di spingere
sulla visibilità del servizio. Una visibilità che era venuta a
mancare, per una sorta di pudore, di mentalità, forse, non saprei.
Ho puntato sull'informazione e la divulgazione, sia locale che
estera. Ho fatto girare il personale, ad esempio, recentemente ho
mandato due educatrici, per 15 giorni in Svezia, per imparare,
vedere, respirare un'altra realtà. Questa formazione ha un costo,
nel frattempo ho dovuto sostituirle ma ho creduto giusto e proficuo
che le educatrici facessero questa esperienza. Trovo che uno dei
maggiori difetti di chi fa un lavoro specializzato è saper tutto sul
campo in cui opera e nulla, o quasi di ciò che è tutt'attorno. Ci
vorrebbe un punto di vista complessivo, più ampio, più esteso.
Come pensa di portare una visione
più complessiva del lavoro?
Vorrei portare la bravura e le
esperienze delle educatrici al fuori dal nido.
Mi spiego: la nostra epoca è
caratterizzata da una società di anziani, cosa che le educatrici a
volte non percepiscono. Per dare dei numeri a cui possiamo far
riferimento: i bambini in regione sono il 2,7 % e a livello nazionale
sono il 4%. Una minoranza. Il rischio a cui stiamo andando incontro è
che i piccoli siano tollerati solo nelle loro riserve. Vogliamo
bambini adeguati ai nostri ritmi: quindi al ristorante devono star
fermi, zitti in fila al supermercato, e via di seguito... Questo
comportamento, diciamo sociale, è un venir meno ai diritti
dell'infanzia. Culturalmente dovremmo impegnarci in una battaglia per
i diritti dell'infanzia. In quest'ottica il lavoro che viene svolto
nei nidi dovrebbe essere un prezioso laboratorio da spendere fuori
nel mondo di tutti i giorni. A Imola una parte del loro monte ore
delle educatrici, è impiegato per lavorare nei centri genitori. Le
educatrici hanno un'importante possibilità di confronto con altre
modalità rispetto al nido, e spendono le loro capacità nella
società. Sono premesse importanti per creare una forte motivazione
lavorativa.
Cosa pensa della privatizzazione del
servizio?
L'attuale rapporto
tra pubblico-privato lo paragono al rapporto che c'è tra le cliniche
universitarie e gli ospedali ordinarie. Intanto la cura deve essere
di uguale per qualità. Sarebbe politicamente e moralmente
inaccettabile se così non fosse. Il nido pubblico deve avere il
compito, come una clinica universitaria, di fare ricerca, studio,
sperimentazione. E deve rimanere forte. L'assenza del pubblico
porterebbe ad una deriva in termini economicistici. In passato molti
erano i servizi gestiti dall'ente, tutto o quasi si è privatizzato.
I nidi hanno resistito, secondo me giustamente, ma credo anche, che
il comune non sia l'ente migliore per gestire. Oggi si vede
drammaticamente pensiamo solo al patto di stabilità. La scuola ne è
svincolata proprio per star fuori ad una logica d'appalto. Nel comune
di Imola ¼ del personale lavora in relazione ai servizi educativi
nidi e materne. Siamo molti. La politica del personale è un altro
grosso problema. Oggettivamente è impensabile che un'operatrice
possa fare 40 anni di lavoro al nido. Questa professionalità
dovrebbe essere sfruttata in altri ambiti con una crescita e una
variazione d'ambito. Si potrebbe pensare di creare un ente di secondo
livello che si occupi di più aspetti socio-educativi e sanitari in
cui le educatrici possano accrescete la loro competenza rendendola
più varia e non sentendosi penalizzate per l'anzianità. Ci sono già
esperienze di questo tipo, non sono io ad inventarle ad esempio a
Forlì, Carpi. Bisognerebbe in quest'ottica fare un passo in avanti
unire privati e pubblico, abbassando le differenze contrattuali.
Come vede il lavoro dei privati
nella gestione ?
Oggi le
cooperative fanno un grandissimo lavoro e pochissima cultura. Anche
le qualità pedagogica è schiacciata sugli appalti, non c'è un
pensiero a lungo termine. Non vedo in un modello di riferimento e ci
vuole, ci vuole per rendere il lavoro più competente, per darsi dei
contorni. Non avere un modello è avere un cattivo modello. Spesso
faccio fatica a individuarlo anche negli enti pubblici.
I nidi sono troppo costosi?
Per quello che ho
potuto verificare direttamente è che il servizio educativo fa
risparmiare di più a livello assistenziale. La frequentazione ad un
buon servizio educativo integra con molto efficacia i bambini che
provengono da famiglie problematiche o disagiate. Ma diamo delle
cifre. "Un minore in carico al servizio sociale può costare fino a 200 euro al giorno se venisse allontanato dalla famiglia e comunque un qualunque intervento sociale è molto più costoso del nido, che ha tra le altre cose un alto pontenziale di prevenire che una famiglia in difficoltà diventi un caso sociale...ci guadagna il sistema scolastico (perché i bimbi che frequentano il nido hanno un successo maggiore), anche il sistema repressivo della devianza (forse dell'ordine, sistema carcerario), perché i bambini che frequentano il nido provenendo da situazioni sociali di emarginazione hanno meno probabilità di intraprendere una strada di devianza." Il nido è una delle attività preventive con minor
costo per risultati ottimi. Parlo come ovvio di servizi di buona
qualità. Poi riflettiamo un momento su un altro aspetto ancora più
spiccio: i nidi complessivamente costano davvero poco, di media 2
euro l'ora per la famiglia, per il comune 5/6 euro. Vogliamo fare un
paragone con il costo di una babysitter, un taghermutter, o un
qualsiasi altro servizio integrativo? Al singolo comune il costo sarà
sempre in perdita se non si consideriamo il guadagno futuro,
sociale...L'altro grande
problema è che non si fanno dei veri bilanci pluriennali. Le nuove
regole di bilancio hanno ridotto ulteriormente questa capacità di
immaginarci a lungo termine. In Svezia dal '92 i comuni gestiscono
direttamente tutto il sistema scolastico fino ai 15 anni, tutti i
servizi diciamo non sanitari, il consultorio e la neuropsichiatria
sono sotto una sorta di direttore. Loro spostano soldi da un posto
all'altro a seconda delle esigenze e così il personale, che cresce
in questa ampia rete di servizi la sua professionalità. Gestiscono
con l'idea che se oggi investono in quel dato servizio, domani
risparmiano in sull'altro . Hanno una politica di sistema
enormemente più efficace della nostra ed per questo che hanno tanti
servizi e buoni servizi.