Francesca Di Marco |
Firenze. I servizi educativi stanno cambiando rapidamente, in una città dove nidi e scuole erano considerati un pregio e facevano la differenza del benessere collettivo. Una città che ha dato fin dalle origini tanti servizi, sopratutto tanti nidi e con un grande slancio ha diffuso e creato qualità. Oggi le cose sono diverse e molte cose stanno accadendo. Per ricostruire un quadro credibile di situazione complessa, abbiamo incontrato tante persone. Chi i servizi li gestisce, chi li ha fatti, chi li ha vissuti e chi li ha abitati. Faremo seguire diversi post d'approfondimento per dare a ogni parte in causa voce. Lo scenario a cui siamo di fronte è lo stesso che si presenta in molte città la situazione è difficile e incerta per questioni economiche e legislative. Nel caso fiorentino la tendenza è appaltare, convenzionare, mettere in concessione, strutture nuove e vecchie... Firenze ha creato una forte gestione indiretta siamo oltre al 50% dell'offerta complessiva sullo 0-6. L'ultima notizia della cronaca locale coinvolge le scuole d'infanzia. Qui i pomeriggi saranno gestiti da settembre da privati, mentre la mattina rimarrà personale pubblico. Il conflitto si è accesso subito tra sindacati, lavoratori e genitori contro politici e amministratori. E come sempre succede politica e amministrazione dichiarano che la gestione privata ha la medesima qualità del pubblico, citando le leggi che tengono insieme i due sistemi e basano il tutto sui controlli, ma tutte queste rassicurazioni e norme non convincono e i cittadini e la protesta sale. Oggi abbiamo incontrato Francesca Di Marco che è mamma e fa parte della rete L'infanzia non si appalta ma è anche insegnante. La sua visione è certo molto interessante anche perché interna al sistema da più punti di vista.
Cosa
accade a Firenze?
“In
sintesi? Direi che si svendono i servizi e le scuole pubbliche per
darle ai privati. E questi privati sono amici e parenti dei politici
che oggi sono alla guida del comune. Tanto per andare al sodo la
moglie del sindaco, Chiara Lanni è coordinatrice presso una delle
più grandi cooperative Co&So che gestiscono i servizi educativi
in città e non solo. Tutti lo sanno e nessuno lo dice...con ogni
probabilità anche i pomeriggi delle scuole d'infanzia comunali
andranno a questi privati che sono veri colossi”
La
coordinatrice però è una dipendente, non chi intasca i profitti…
La
moglie del nostro sindaco figura negli organici di più di una delle
grandi cooperative legate a CL e alla Compagnia delle Opere, ed è
collega del sottosegretario all'istruzione Gabriele Toccafondi,
momentaneamente in aspettativa, che sulle pagine del Corriere
Fiorentino ha voluto sabato rilasciare un'intervista in difesa del
progetto della giunta. Parlare di semplici dipendenti mi pare,
sinceramente, riduttivo.
Andiamo
sulla questione delle scuole e dei pomeriggi in appalto: ci racconta?
La
questione è incredibile. La vicesindaco e assessore scuole Cristina
Giachi spezza in due la giornata scolastica. Mette insieme diversi
lavoratori con diversi contratti: la mattina la maestra è pubblica
il pomeriggio è una lavoratrice in appalto, a circa 8 euro l'ora,
che avrebbe gli stessi titoli ma non lo stesso inquadramento: fra i
contratti delle cooperative non esiste giuridicamente la figura
dell'insegnante.
Questo crea grossi problemi normativi, difficilmente aggirabili, per
la collaborazione fra figure giuridicamente diverse, per la gestione
delle compresenze e del sostegno: come sempre pagano i più deboli. E
vorrebbe far passare la manovra per una novità! un modello da
esportare: in realtà il sistema misto è già fallito nei nidi,
tanto che non esiste più. La mia sensazione è che Firenze farà da
apripista a questo sistema che di qualitativo non ha nulla.
In
che senso?
Nel
senso che spaccia questa scelta, come un atto dovuto, perché i
comuni non possono assumere personale. In realtà il quadro normativo
è tutt'altro: la legge di stabilità limita le assunzioni in via
transitoria solo per permettere il riassorbimento del personale delle
province, le categorie non persenti fra le province, come le/gli
insegnanti, si possono assumere, come recentemente ribadito dal
governo anche nel DEF. Ugualmente si può procedere per una parte del
turn over, a contratti a tempo determinato. Insomma, non c'è alcuna
scelta obbligata, al contrario, è solo una scelta politica, fatta
con una fretta che non può che destare sospetti. Ricordiamo che nel
nostro ordinamento il Comune ha l'obbligo di invocare lo Stato per
soddisfare la domanda sociale di istruzione, non certo quello di
ricorrere al solito sistema degli appalti.
Ma
cosa succederà esattamente?
La
giunta fa passare questa scelta per una novità didattico-educativo
di cui approfittare, in realtà verrà resa impossibile la continuità
didattica per la necessità di redistribuzione di tutte le maestre di
ruolo e sarà problematico -se non impossibile- gestire il sostegno,
le compresenze, effettuare le gite, inoltre la vita scolastica delle
bambine e dei bambini sarà divisa in due e nessuna delle due
tipologie di insegnanti potrà avere il quadro completo dei bisogni
didattici di ognuna/o. Il pomeriggio le nostre figlie e i nostri
figli si troveranno con insegnanti precarie, sottopagate, prive di
diritti e quindi prive della libertà di insegnamento: come potranno
essere adeguatamente motivate? Ben vengano le sperimentazioni, se
hanno motivazioni pedagogiche, qui la motivazione è solo il
risparmio e il vantaggio di alcuni privati.
Com'è
andata l'esperienza lavorativa nel privato?
E'
andata che quando ho potuto sono venuta a lavorare nello Stato, per
avere più tutele e anche più libertà di espressione, visto che le
mie idee non sempre erano in linea con le scuole cattoliche in cui ho
lavorato. Le scuole private non sono necessariamente di cattiva
qualità, non è questo il discorso, ci sono grandi tradizioni
educative fra le scuole cattoliche, anche se hanno un indirizzo
ideologicamente orientato e non neutro, come è naturale e giusto che
sia. Questo va bene per chi queste scuole le sceglie, ma non deve
avvenire nel pubblico. Ciò che poi è certo è che il personale nel
privato è pagato meno, a volte molto meno.
Per
quello che riguarda il progetto della giunta, lei immagina cosa
voglia dire lavorare fianco a fianco, con colleghe/i che fanno il tuo
stesso lavoro, ma prendono di più e hanno maggiori garanzie? Non
funziona! E non può funzionare... a meno che, a meno che lo scopo
sia quello di creare la guerra tra lavoratori...Ecco se questo è lo
scopo, allora affiancare diversi contratti funziona e segue una
precisa volontà. In questo caso Firenze avrebbe un modello di
conflitto sul lavoro permanente esportabile. Secondo il mio modesto
parere, questo modello trova terreno favorevole anche nella Buona
Scuola che è tutta incentrata sulla privazione di potere da parte
degli insegnanti e genitori, sulla creazione di diverse categorie di
insegnanti in conflitto fra loro e sulla maggiore forza dei presidi
che diventano a tutti gli effetti dei datori di lavoro.
Il
gruppo di cui fa parte La scuola non si appalta è nato in poco tempo
e ha già avuto grande visibilità: qual è la voce che vi accomuna?
La
volontà di difendere la scuola d'infanzia d'eccellenza del comune di
Firenze e i servizi pubblici. E' un movimento nato spontaneamente Non
si smantella una scuola pubblica per darla in appalto a privati o
cooperative. Non si può dare così lavoro ai soliti gruppi di potere
rendendo gli stessi posti di lavoro precari, sottopagati,
polverizzando i diritti. Questo sistema degli appalti non può
continuare. Ed è del tutto inaccettabile per la scuola. Solo la
scuola a completa gestione pubblica può dare garanzia di equità per
tutte/i e può garantire la qualità del progetto formativo. La
scuola d'infanzia non è un luogo dove portiamo i nostri figlie le
nostre figlie mentre siamo a lavoro perché non sappiamo dove
lasciarle/i, rappresenta la prima vera formazione delle bambine e dei
bambini. Molti studi ci dicono che questa formazione è la più
importante e che l'investimento sulla scuola d'infanzia è quello che
rende di più in termini di ritorno sociale. E' un investimento sul
futuro di tutte e tutti. E noi vogliamo più futuro, non più
appalti.