Nidi di notte: "Pensiamo a forme più intime di accudimento"



Ricevo e volentieri pubblico la lettera di Chiara Caranti, mamma e delegata CGIL funzione pubblica. Il suo intervento è un prezioso contributo al dibattito sull'apertura serale e notturna dei nidi di cui in questi mesi si sta discutendo in più parti del paese. La maggiore flessibilità degli orari dei servizi educativi e le necessità delle mamme e dei bambini saranno al centro del dibattito Nidi di notte? organizzato da Bologna Nidi. L'appuntamento è per domani, sabato 26 settembre, dalle 9.30 alle 16 nella sala Marco Biagi del Quartiere Santo Stefano in via Santo Stefano 119 a Bologna.

Sto leggendo in questi giorni numerosi articoli e note sull'apertura dei nidi anche in orari non convenzionali rispetto a quanto siamo abituati, per venire incontro alle mutate esigenze di numerose famiglie, in cui i genitori si trovano a lavorare su turno o comunque in orari non conciliabili con quelli delle strutture educative.
La questione è complessa, si presta a numerose riflessioni, anche contrastanti fra loro.
Non ci giro attorno: io sono contraria a queste soluzioni, quantomeno nel modo generico in cui vengono prospettate.
Sembra che al momento il problema sia solo sui nidi ma in realtà i figli, non vanno seguiti assiduamente solo da 0 a 3 anni: si dovrà porre quindi dunque la questione anche per le scuole materne e per le primarie?
Già a porsi questa domanda forse la risposta viene da sé: se ci sono delle difficoltà a gestire i figli in orari non coperti dai servizi educativi forse bisogna cominciare a pensare a servizi alternativi. La Regione legittima infatti l'esistenza di servizi domiciliari, servizi integrativi e servizi sperimentali, così come le iniziative autonome di famiglie (L.R. 6/2012, Art. 3): tutte soluzione che possono anche trovare realizzazione in una struttura che non sia quella della scuola.
Come tutte le mamme che non hanno la fortuna di avere a disposizione l'aiuto di parenti prossimi, mi trovo spesso a pormi queste domande, anche se fino ad ora ho sempre avuto la fortuna di riuscire a gestire la famiglia grazie ai servizi educativi di cui posso disporre. Con fatica e difficoltà, visto che anche io ho un marito turnista e per di più pendolare.
L'altra grande fortuna è quella di avere la sede lavorativa prossima alla sede del nido, che mi consente di gestire il lavoro e la famiglia con maggiore facilità.
Tuttavia, pur essendo estremamente soddisfatta della relazione instaurata con le educatrici, ed essendo convinta che l'esperienza del nido sia positiva per mia figlia (ed anche per me), rimango fermamente convinta che la permanenza in una struttura non debba superare un certo numero di ore: adesso, con il prolungamento del servizio fino alle 18,00, siamo circa a 10 ore, che a me sembrano tantissime per un bambino piccolo. Pensare di prolungare la permanenza anche alle ore serali, per me vorrebbe dire cambiare nome al servizio: da “nido d'infanzia” a “orfanotrofio”. È un termine forte, ma vorrei solo segnalare come dev'essere pesante per un bambino rimanere tante ore fuori dal proprio ambiente, dalla propria casa. Ne soffrirebbe come soffriamo noi quando stiamo fuori da casa per tante ore.
Peraltro, riorganizzare delle strutture con personale, servizio pasti, utenze ed assicurazioni per un periodo così prolungato, non è cosa da poco, soprattutto dal punto di vista economico.
Tenuto conto che – con buona probabilità – buona parte di essi verrebbero sostenuti dalla famiglie, e che le Pubbliche Amministrazioni dovrebbero appoggiarsi a società esterne per l'organizzazione del servizio integrativo, non sarebbe più utile pensare a servizi che non privino il bambino della sua dimensione familiare e casalinga? Rimettendo mano (senza quindi troppa fantasia), in primis, alla giungla (anche contrattuale) delle baby sitter? Oppure, se proprio le aperture serali sono la strada che si vuole percorrere, ponendo un tetto al numero di ore che il bambino può trascorrere in una struttura (ad esempio istituendo una fascia di frequenza mattino-pomeriggio-sera)?
È vero, ci son bambini che crescono in situazioni di privazione ben peggiori della nostra, e lavoratori che hanno meno diritti di noi, incluso quello di trascorrere del tempo con i figli.
Forse la vera lotta da fare sarebbe quella per noi genitori, ovvero il potere avere diritto a più ore di permessi lavorativi per accudirli. In attesa di questa lotta, ribadisco la necessità di pensare il servizio educativo come un servizio che porta grandi benefici ai bambini ed alle famiglie, ma che rimane comunque un qualcosa di esterno alla dimensione familiare e, soprattutto, casalinga. Proporlo come un sostituto, seppure adeguato nella struttura, alla propria casa, è a mio avviso un grande errore, soprattutto laddove si possono trovare altre forme più intime di accudimento.