Intervista a....“La
meglio infanzia” è il titolo di un recente studio condotto
dall’Università di Bologna che ha fatto discutere e non poco. Per l’indagine sono state
intervistate 444 famiglie i cui figli hanno frequentato i nidi d’infanzia bolognesi tra il 2001 e il 2005, al
momento dello studio 2013-15 avevano tra gli 8 e i 14 anni.
Per poter
comparare in modo quasi sperimentale "bambini simili" gli autori hanno considerato solo famiglie il cui reddito Isee piuttosto "alto". (Un isee appena sotto o appena sopra la soglia che garantiva l’ammissione al servizio preferito). I bambini sono stati sottoposti a test di valutazione
del loro quoziente intellettivo, dei tratti della loro personalità... I
nidi fanno bene? La risposta è articolata e non del tutto ovvia.
Secondo la ricerca restituiscono effetti positivi per ciò che riguarda l’alimentare,
nessuna differenza rilevante per la personalità e i comportamenti ma i bambini che
lo hanno frequentato hanno oggi un quoziente
d’intelligenza inferiore. Dopo anni in cui anche la UE ci
raccomanda d’investire nei nidi perché "fanno bene" ecco che "la meglio infanzia" crea scompiglio e solleva dubbi(?) Abbiamo
incontrato uno degli autori, il Professor Andrea Ichino, per capire
meglio il tutto. Il tema è delicato e merita attenzione.
Professore
la sua ricerca dimostra che i nidi “fanno male” ai bambini
ricchi? Non è una conclusione classista?
Assolutamente
no. Noi ci limitiamo ad osservare in modo scientifico risultati che
riguardano una popolazione di famiglie relativamente benestanti, con
due genitori che lavorano, collocate intorno alle soglie Isee di
ammissione ai nidi bolognesi. Il motivo dei nostri risultati sta nel
fatto che i bambini molti piccoli, tra zero e due anni, sono
maggiormente stimolati se coinvolti in un rapporto di cura con un
adulto, piuttosto che in un rapporto comunitario con altri coetanei.
Del resto bambini così piccoli, si relazionano poco con i coetanei,
anche nel giocare. Tutto cambia con il crescere dell’età e in
particolare intorno ai 2-3 anni, ossia quando inizia la scuola
materna.
Perché
questo non è valido per i bimbi più poveri?
Le
teorie psicologiche che utilizziamo per interpretare i nostri
risultati suggeriscono che in una famiglia meno svantaggiata, ad
esempio in termini di istruzione, le interazioni tra adulto e bambino
favoriscano un maggiore sviluppo cognitivo di quest’ultimo.
Pensiamo, ad esempio, alla frequenza con cui l’adulto legge
qualcosa al bambino.
Quindi
i nidi fanno male ai bambini ricchi?
I
nidi sono una buona soluzione per i genitori che devono lavorare, ma
non sono una soluzione ottimale per i bambini. Dobbiamo trovare un
compromesso tra queste esigenze.
Perché?
E’
probabile che i bambini che frequentano maggiormente il nido passino
meno tempo in famiglia, con una relazione uno a uno tra adulto e
bambino. Nel nido il rapporto tra adulti e bambini è molto più
basso.
Indipendentemente
da chi è l’adulto di riferimento? E se fosse una babysitter
straniera che non parla italiano, andrebbe comunque meglio che il
nido?
Ora
chi fa discorsi classisti? Noi ci limitiamo a ipotizzare che, nelle
famiglie avvantaggiate oggetto del nostro studio, le interazioni con
adulti in famiglia (inclusi nonni e babysitter) abbiano
caratteristiche mediamente più favorevoli ad un maggior sviluppo
cognitivo dei bambini. La frequentazione di un nido danneggia il
bambino perché riduce la frequenza di queste interazioni
Diversi
studi dimostrano come la frequentazione di buoni servizi educativi
abbia molti effetti benefici sull’intera società?
Per
quel che riguarda i nidi, gli studi esistenti dicono solo che fanno
bene ai bambini svantaggiati.
Il
premio Nobel Heckman.
Appunto:
Heckman ha mostrato quanto importanti siano i primi anni di vita di
un bambino e ha studiato soprattutto servizi educativi per bambini di
età superiore ai 3 anni, come il Kindergarden che è un po’ il
corrispettivo delle nostre scuole d’infanzia, non dei nidi. Proprio
Heckman, però, in un suo recente studio ha suggerito che sappiamo
poco sugli effetti del nido tra gli 0 e i 2 anni, e soprattutto non
sappiamo nulla sugli effetti del nido in famiglie socialmente
avvantaggiate. Ed è proprio questo studio di Heckman ad aver
motivato la nostra ricerca.
L’economista
Daniela Del Boca per la fondazione Agnelli, il professor Valerio
Belotti dell’università di Padova, concludono in due studi diversi
come la frequentazione di buoni servizi 0-3 sia positivo per i
bambini anche per ottenere migliori risultati scolastici…quindi?
Questi
studi non sono quasi-sperimentali, ossia non comparano bambini simili
con o senza asilo. Mi spiego. Lo studio della fondazione Agnelli
compara regioni diverse, che hanno nidi organizzati in modi
differenti frequentati da bambini molto diversi tra loro. Lo studio
del Professor Belotti lo conosco poco e non posso commentare con
maggior precisione. Comunque, è interessante che entrambi gli
studi, arrivino a conclusioni vicine alla nostra: i nidi “fanno
bene” alle famiglie con maggiori svantaggi sociali. Il nostro
studio, in modo complementare, osserva che i nidi non aiutano i
bambini che vivono in famiglie con redditi più alti.
Non
crede che i nidi facciano bene se sono frequentati un po’ da tutti:
ricchi e poveri?
Questo
vale per la scuola materna, dove i bambini interagiscono tra loro, ma
non al nido dove le interazioni tra coetanei sono meno rilevanti di
quelle con adulti.
Farete
altre ricerche?
Si,
stiamo aspettando nuovi fondi dalla UE per continuare l’indagine e
approfondire.
Come
mai non indagate sulle famiglie. Non risulta ad esempio quanto tempo
i bambini hanno passato con adulti in un rapporto 1:1?
Chiedere
ai genitori oggi quanto tempo passavano con i loro bambini otto anni
prima, avrebbe restituito domande falsate. Nella nostra ricerca
futura vogliamo invece misurare con precisione il tempo passato con
adulti in un rapporto 1:1.
Perché
somministrare test di QI, quando da molti è considerato una
misurazione desueta?
Nonostante
i limiti che possa presentare il test del QI, oggi continua ad essere
uno degli indicatori più accreditati. Nella nostra ricerca futura
utilizzeremo anche altri indicatori cognitivi.
Oggi
nei nidi di Bologna il rapporto educatore-bambino è cambiato
rispetto a quando avete svolto l’indagine. E’ inferiore. Proprio
in questi giorni un genitore denunciava sul nostro blog come in certi
orari, i rapporti bambino-educatore siano anche di 1:20. Un commento.
Per
ciò che è emerso dalla nostra indagine, un rapporto adulto-bambini
inferiore riduce le capacità cognitive dei bambini.
Una
riflessione generale?
Il
mio mestiere è fare ricerca, basata su dati quasi sperimentali, e
interpretarne i risultati. Altri dovranno trarre conclusioni
politiche dai questi risultati. Ma dopo quanto emerso, come semplice
cittadino, credo importante ripensare al sistema. Invece di offrire
nidi peggiori a tutti, sarebbe auspicabile pensare anche a soluzioni
alternative. Un nido a Bologna ha un costo annuo di circa 18mila euro
per la collettività. Con gli stessi soldi forse potremmo pensare di
offrire, alle famiglie escluse perché oltre le soglie Isee e che
premono per più posti in asilo, servizi alternativi con rapporti
adulti bambino più elevati e meno costosi come tagesmutter,
nidi famiglia o sussidi per assumere babysitter qualificate. Dobbiamo
definire quale sia il migliore rapporto numerico tra bambini e
educatori. Alcuni studi recenti ipotizzano che un rapporto di 1:3 nei
nidi sia quello a cui aspirare.