La scuola d'infanzia compie cinquant'anni. Come cambierà?





 











Cronaca Bambina La scuola d'infanzia statale compie 50 anni, un compleanno importante, eppure i festeggiamenti  sembrano scarseggiare. Lo stesso Ministero dell'istruzione pare ricordare a fatica la "scuola dei piccoli", mentre i media, scrivono e raccontano poco della storia di questa istituzione. Per il resto tutto è stanchezza, una stanchezza da ricomporre nei tanti articoli che raccontano la scuola per descrivere contratti, graduatorie e precarietà, che sono temi importanti, ma appassionano molto poco il grande pubblico. Eppure la storia della scuola d'infanzia è interessante e racconta tanti nostri successi.


Il passato e la rivoluzione

La scuola d'infanzia statale è nata in un clima dirompente! Nel '68 erano tante le tensioni che si consumavano e la voglia di cambiare era anche più forte. L'Italia, paese contadino, cambiava e cambiava anche sotto la spinta di intellettuali e pedagogisti come: Mario Lodi, Don Milani, Gianni Rodari, Bruno Ciari, Loris Malaguzzi, il maestro Manzi...
Nel giro di qualche decennio abbiamo saputo costruire e realizzare due sistemi educativi prescolastici, nidi e le scuole d'infanzia, di eccellente qualità, che in tanti, fuori dai confini nazionali, ci hanno riconosciuto e ci riconoscono ancora. Non è un caso che il premio Nobel James Heckman è venuto proprio in Italia ha studiare il sistema 0-6 di Reggio Emilia.

La scuola materna esisteva già

La scuola materna esisteva già da oltre un secolo era privata e gestita da religiosi. C'era anche la scuola comunale, nata intorno all'inizio del '900, che era una scuola pubblica di qualità e diffusa in certe città, spesso emiliano romagnole.   

Il sistema è uno e trino

A 50 anni di distanza la gestione del sistema è rimasto invariato. Ci sono ancora i privati, i Comuni e lo Stato. Quest'ultimo fa la parte del leone, con oltre il 60% della gestione totale. 
Ogni regione è differente dall'altra: c'è un Veneto che conta molte scuole private e un sud che conta solo, o quasi, un sistema statale. Questo dipende dalla storia e dalle tradizioni del territorio. 
In Emilia Romagna il comune gestisce ancora molte scuole con una certa soddisfazione. 
Tutto il resto è cambiato: sono cambiati i bambini (il 9,4% che la frequentano sono nati in famiglie di origine straniera) sono cambiati gli orari d'apertura, è cambiata la società tutt'intorno, sono cambiati i dipendenti, i titoli richiesti per insegnare, sono cambiati i contratti e i concorsi, ma il sistema, oggi come 50 anni fa, cammina su tre gambe: privato, comunale e statale. 

La scuola d'infanzia e il sistema 06

L'ultima modifica è stata quella di "inglobare" la scuola d'infanzia ai nidi d'infanzia dando vita al sistema Zero Sei. Chi ha scritto la legge, Francesca Puglisi, si è per ora eclissata dalla vita politica e quel che ci rimane è una legge. Cosa cambierà nella pratica? E come? Sotto quali spinte? La legge descrive i possibili mutamenti in modo poco chiaro. 
Chi "pensa bene" sottolinea che la legge è un successo e che garantirà maggiore qualità a nidi e scuole. 
Chi invece "pensa male" vede una regressione della scuola, verso qualcosa di meno importate, in fondo un servizio, come lo sono i nidi d'infanzia. (Se poi i nidi siano ancora servizi a domanda individuale, oppure no, la legge non lo esplicita a chiare lettere, ma questa è un'altra storia)   

Sistema integrato
 
Il nuovo sistema Zero Sei è un sistema integrato. Nella legge si ripete tante volte, come un mantra, ma non si arriva ad una reale definizione e non si risponde mai alla domanda: come s'intende gestire questo complesso sistema? Quel che è certo è che i nostri tempi sono molto diversi dal passato. Le discussioni oggi sono tutte piuttosto urlate e confuse. Di pedagogisti e pensatori della statura dei maestri storici, ne vedo pochi e mi pare che l'educazione, anche tra gli adulti, langua e non poco.  
Che fine farà questo nostro gioiello italiano? Vedremo! 
Gli ultimi cambiamenti si sono svolti sempre sotto il segno del meno nell'ideologia  del risparmio. E allora forse festeggiamo poco questo compleanno perché ci fa troppo male ricordare.