MCE: la pedagogia di Célestine Freinet tra storia e attualità


Celestin Freinet












Parola a Oggi incontro Giancarlo Cavinato segretario nazionale dell’associazione Movimento Cooperazione Educativa, un’associazione che ha quasi 70 anni e che purtroppo sta passando un momento difficile. Il centro di documentazione che ne contiene la storia è chiuso in scatoloni in attesa di una collocazione e la sede nazionale a Roma è sotto sfratto. Racconteremo cosa fa l’associazione oggi e cosa ha fatto in passato. Il racconto è solcato da pensieri e da una visione pedagogica che si fondano sull’insegnamento di Célestin Freinet e su valori quali: democrazia, partecipazione, cooperazione e ascolto.

Come nasce il MCE e quando?

Il movimento nasce nel 1951 e segue il pensiero e l’azione del maestro francese Célestin Freinet. In Italia l’associazione è fondata da educatori e insegnanti che avevano partecipato alla resistenza e che volevano portare i valori della costituzione all’interno della scuola. Volevano una scuola come luogo di ascolto, di democrazia e di discussione.


Oggi cosa fa MCE nella pratica?

Offriamo formazione a educatori, insegnanti e a chi vive la scuola e i luoghi di educazione, a chi ha rapporti con i bambini. Pubblichiamo libri e la rivista Cooperazione Educativa. Mettiamo a disposizione materiale informativo agli studenti e ai dottorandi, rispetto alla pedagogia popolare elaborata da Freinet e alla didattica attiva. 

Ci racconta la pedagogia di Freinet?

Freinet era un maestro che ha sempre lavorato a scuola. Nel tempo ha costruito quella che viene definita la pedagogia popolare. La scuola per Freinet era un luogo dove contrastare e compensare le disparità sociali.

E come ha tentato questa difficile operazione?

Facendo, educando, offrendo strumenti per apprendere. Aprendo la scuola al mondo, facendo della classe un luogo di democrazia, non basato su quella che lui definiva “la scuola della saliva” ma su un’organizzazione cooperativa. 

Ad esempio come?

Uscendo da scuola e esplorando il mondo naturale e sociale. Facendo ricerca con gli alunni. Conoscendo altre realtà attraverso la corrispondenza, facendo diventare gli alunni autori e costruttori della propria cultura attraverso il giornalino, le monografie, le ‘conferenze’ dei bambini.

Perché?

Per far diventare i bambini protagonisti del loro apprendimento. Tutto questo è nato da una difficoltà personale Freinet era stato ferito durante la guerra ad un polmone. Faceva fatica a parlare e ha dovuto avvalersi di strumenti organizzativi diversi per comunicare. Il suo esempio si è tradotto in strumenti e saperi trasmissibili a generazioni di insegnanti. 

Sono passati 50 anni dalla rivoluzione del ‘68. Cosa è rimasto della partecipazione e della democrazia a scuola oggi?

intanto oggi c’è una diversa attenzione al mondo dell’infanzia e anche un diverso modo di tutelarne il diritto alla cultura. C’è ancora molto da fare in tal senso. Per questo noi insistiamo sempre che i principi della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia vengano inseriti nei Regolamenti scolastici e siano vincolanti.

A suo parere come sta oggi la scuola?

Sta subendo e ha subito molte pressioni. Ha subito tante trasformazioni più dovute a tagli economici che ad altro. I tanti tagli e l’ ultima riforma (la ‘Buona Scuola’) hanno favorito una scuola esclusiva e competitiva. Una scuola concepita come azienda. La scuola immaginata da Freinet, e che noi tentiamo di portare avanti, è invece una scuola inclusiva e cooperativa.

Cooperazione è il contrario di competizione?

La competizione per un voto migliore, la competizione per emergere, escludere chi non si adegua o non è omologato è l’opposto della cooperazione. Cooperare significa lavora insieme per raggiungere un risultato comune, per il bene comune, essere responsabili per sé e per gli altri. Difficile, oggi. 

Vi occupate molto di formazione: ne fate anche alla scuola d’infanzia?

Certo, la nostra formazione ha un taglio trasversale.

Secondo lei il segmento educativo 0-6 ha caratteristiche specifiche da esportare al resto della scuola?

Si, ad esempio la mobilità dei gruppi, l’attenzione all’ascolto, la capacità di far maturare il linguaggio, l’attenzione alla documentazione, ai processi più che ai prodotti. C’è uno scambio culturale tra insegnanti ed educatori di nido che è importante. Questo credo siano le qualità intrinseche dell’educazione 06 che il resto della scuola dovrebbe apprendere e riproporre. 

Parliamo ora della vostra associazione: state pensando ad una raccolta fondi perché?

La nostra associazione ha oggi sede in una scuola. Abbiamo dovuto risistemare e adeguare strutturalmente i locali, viste le condizioni in cui erano, quando siamo entrati. L’amministrazione Marino, al commissario Tronca, poi la giunta Raggi, hanno incaricato Roma capitale di recuperare le sedi assegnate alle associazioni. L’affitto è stato quintuplicato e ci hanno chiesto l’adeguamento dell’affitto per gli anni pregressi. 

Perché?

Ci saranno anche associazioni che occupavano edifici pubblici, senza offrire alcun servizio ai cittadini. Ma molte associazioni svolgono attività sociali e culturali nel tessuto urbano.

E quindi? 

Quindi abbiamo pensato di investire i pochi fondi di cui disponiamo, grazie ai contributi volontari dei soci, per aprire un mutuo e poter far vivere anche nel futuro la nostra associazione comprando una sede nello stesso quartiere, San Lorenzo, facilmente raggiungibile da chi viene da fuori per gli incontri. 

Ad oggi avete scelto come fare questa raccolta?

Sottoporremo all’assemblea dei soci la votazione su tale scelta, se verrà approvata decideremo se avviare una raccolta di fondi e come farlo.

 

Laura Branca


Sito MCE qui