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Intervista
a... Quando ho dato la
notizia della morte del bimbo di 19 mesi, avvenuta in un nido in
provincia di Bologna, sono stati tantissimi i commenti postati sui
social. Tra i
tantissimi commenti, ci sono state molte testimonianze di educatrici e maestre,
che hanno raccontato e condiviso, fatti simili, morti improvvise
avvenute al
nido
o tra bambini che lo frequentavano. Ho pensato allora di avvicinarmi
a questo tema, tanto
delicato e complesso, interpellando
la formatrice e counselor Silvia
Iaccarino che da
anni si occupa d’infanzia e ha trattato il lutto, a più riprese.
Come affrontare il lutto con i bambini? E con educatori e maestri? La dottoressa Iaccarino risponde in
una lunga, quanto interessante, intervista.
E’
giusto affrontare il tema della morte con i bambini?
Si
fatica a pensare e a parlare della morte, ancora di più coi piccoli.
Persino il termine stesso “morte”
risulta
difficile da pronunciare, preferiamo
usare
parole più “morbide”
come
dipartita,
decesso o
scomparsa.
Eppure la morte fa parte essenziale della vita stessa…
E
quando il lutto colpisce il bambino?
Allora
la paura può portare l’adulto a evitare l’argomento con
tentativi di fuga o distrazione dalle emozioni
Perché
?
La
morte viene ritenuta incomprensibile e troppo penosa per lui.
In generale nella nostra cultura vige il dogma “i
bambini devono sempre essere felici”
e nel tentativo di non farli soffrire,
di fatto, li lasciano scoperti di fronte alle inevitabili esperienze
spiacevoli e dolorose.
Cosa
può restituire una buona educazione?
I
bambini,
se accompagnati da adulti empatici e supportivi, possono far fronte a
emozioni anche molto spiacevoli,
hanno
capacità e risorse enormi anche nell’affrontare situazioni molto
dolorose.
E'
possibile spiegare e affrontare il tema della morte ai bambini del
nido?
Fino
a circa 3 anni per i bambini è difficile comprendere il concetto di
“morte” dal punto di vista cognitivo in quanto il loro sviluppo
in questa area non è ancora sufficiente a capire la permanenza di
una condizione come questa, anche perché il senso del tempo non è
ancora strutturato in loro. Essi vivono nell’eterno presente “qui
e ora” e, anche se spieghiamo loro che la morte è definitiva,
potrebbero poco dopo chiedere, ad esempio, “quando torna Fufi?”.
E’ normale che ciò accada in accordo con la loro tappa di
sviluppo.
Quindi
se il bimbo fa domande di questo tipo possiamo dire che sono
“normali”?
Esatto,
non significa obbligatoriamente che sia traumatizzato dall’evento,
forse sta lavorando per cercare di capire cosa significhi “morire”.
Infatti, non dobbiamo mai dimenticare che i bambini sono “piccoli
scienziati” e sono naturalmente portati a cercare di comprendere
quanto accade intorno a loro ponendo domande in modo molto spontaneo,
animati da curiosità e interesse.
In
caso cosa fare?
E’
importante rispondere con parole semplici ma chiare ai loro quesiti,
evitando risposte evasive e ambigue, utilizzando termini come
“morte/morto” piuttosto che “decesso/deceduto” o
“dipartita/dipartito” o “è mancato” e spiegando che tale
condizione è definitiva, anche se il bambino non sarà ancora in
grado di afferrare profondamente questo concetto.
E
quindi come fare al nido?
A
partire da questa premessa, possiamo ragionare rispetto a come
affrontare il tema della morte coi bambini di questa fascia di età
al Nido evidenziando due fasi di lavoro per gli educatori in questa
direzione: una preventiva ed una contingente.
Spieghiamo
la prima, la preventiva...
Dal
punto di vista preventivo, a mio avviso sarebbe importante che nei
servizi educativi le equipe prendessero in considerazione la
possibilità di lavorare sull’educazione alla morte, previo
confronto con le famiglie, vista la delicatezza dell’argomento,
affinché i bambini possano sviluppare, nel tempo, la capacità di
elaborarla.
Ad
esempio come?
Potrebbe
essere utile approfittare delle situazioni quotidiane, per esempio,
partendo dall’osservazione della natura coi suoi cicli, dalla morte
di un pesciolino dell’acquario,
di una pianta o di un personaggio dei cartoni animati di cui i
bambini parlano o dalle domande spontanee dei bambini stessi, al fine
di approcciare questo tema senza l’impatto
“a
caldo”
che
la perdita di un proprio caro può comportare. In questo modo si
accompagnano i bambini verso la conoscenza e la riflessione
sull’argomento,
attrezzandoli per il futuro.
Quindi
parlare della morte come di un qualunque altro argomento?
Si,
si tratta di far sì che la morte non sia un tabù, ma un argomento
che, come tutti gli altri, si può affrontare e di cui si può
parlare apertamente, un evento triste, ma naturale.
Quando
invece siamo nella contingenza?
Quando
accade un evento luttuoso, è importante che gli educatori mantengano
in primis uno spazio accogliente rispetto all’espressione emotiva
del bambino, sostenendolo nel contattare le sue emozioni, garantito
dalla base sicura che gli educatori stessi rappresentano, quindi
senza lasciarlo solo con i suoi vissuti. Dire la verità è
importante, ovviamente con parole adeguate all’età ed alla
maturità emotiva dei bambini, in accordo con la famiglia, in modo da
non creare confusione.
Se
dovesse spiegare per punti?
rispondere
alle domande dirette di approfondimento del bambino, in modo
tranquillo, diretto e chiaro, senza
andare oltre le sue richieste ed evitando spiegazioni evasive e
ambigue;
-
se il bambino non affronta l’argomento in modo diretto, l’educatore non deve forzare la mano ma rispettarne i tempi;
-
aiutare il bambino a comprendere che le emozioni di tristezza, rabbia, paura che prova sono “normali”: “è così che ci si sente quando muore qualcuno”. È anche utile spiegare al bambino che, a causa di quanto è successo, le persone intorno a lui potrebbero comportarsi in modo diverso dal solito;
-
per il bambino è molto importante avere stabilità, pertanto le ritualità e le routine sarebbe utile non fossero modificate, in modo che egli possa avere dei punti di riferimento saldi;
-
con la consapevolezza che è la soppressione delle emozioni a essere ulteriormente dolorosa, più che la relativa espressione, si possono utilizzare anche attività espressive ed il gioco per supportare il bambino nel manifestare e rielaborare il suo vissuto;
-
aiutare il piccolo a mantenere accesa la scintilla della speranza dentro di sé: la vita non è finita, il dolore sarà lenito dal tempo, ci sarà sempre un posto nel suo cuore per la persona cara e ci sarà ancora spazio per la gioia e la felicità nella vita;
-
mantenere aperta la comunicazione con la famiglia, scambiando osservazioni sul bambino e concordando insieme le più opportune strategie educative, con una forte alleanza, in grado di sostenere al contempo la famiglia stessa.
-
Nel
caso il lutto riguardasse un altro bambino, un coetaneo?
Quando
la morte è
di un pari, nel bambino potrebbe nascere il timore che ciò possa
accadere anche a lui (circa dai 3 anni).
Sarà
quindi importante rassicurarlo che è sano e forte ed ha ancora molti
anni di vita davanti, per quanto tale concetto sia ancora di
difficile comprensione per lui.
E
se il lutto coinvolge direttamente il nido?
Se
la morte accade nel proprio Servizio, possiamo immaginare quanto
possa essere terribile per un educatore vivere una esperienza di
questo tipo…A mio parere, così come per le famiglie è importante
essere supportati da figure professionali come psicologi e
psicoterapeuti, ritengo altrettanto basilare che anche gli educatori
possano appoggiarsi ad un esperto esterno, richiedendo quindi un
intervento di supervisione che possa sostenerli nel processo di
elaborazione del lutto. Non farsi supportare da una figura esterna al
proprio Servizio in situazioni come queste può essere molto
rischioso, in quanto le forti emozioni vissute dai singoli nel gruppo
educativo, se non adeguatamente espresse ed elaborate, possono
attivare dinamiche fortemente disorganizzanti rispetto alla coesione
ed all’efficacia del gruppo stesso, oltre al rischio di burn-out.
Come
ci possiamo relazionare sullo stesso tema alle scuole d’infanzia?Alla
scuola dell’infanzia, per quanto riguarda il lavoro preventivo,
vale quanto già esposto nella risposta precedente con la differenza
che, essendo i bambini in questa fascia di età più consapevoli e
maggiormente in grado di capire il concetto di morte dal punto di
vista cognitivo (sebbene non ancora completamente rispetto alla sua
permanenza prima dei 4-5 anni), per le insegnanti sarà importante
tenersi pronte a rispondere alle loro domande e curiosità.
La
morte e la nascita sono temi che interessano i bambini?
Tipicamente
tra i 4 e i 5 anni, in modo del tutto spontaneo, i bambini diventano
naturalmente curiosi sia della nascita che della morte, per cui
iniziano a interrogarsi su come si nasce e su cosa significhi morire
e perché ciò accada: “perché si muore?” e “dove si va quando
si muore?” sono le domande più frequenti e che possono lasciare le
insegnanti attonite e in difficoltà rispetto a cosa rispondere.
Ci
sono libri indicati sul tema?
Si,
si possono anche introdurre nei propri percorsi di lettura ad alta
voce dei libri che trattano questo argomento, come per esempio “Il
ranocchio e il merlo”
di M. Velthuijs (Bohem Press). Ci tengo a sottolineare che, rispetto
alla lettura, non si tratta di utilizzare il libro come “medicina”
da proporre al bambino quando accade un lutto, ma al contrario, come
strumento di crescita personale e laboratorio di emozioni per
coinvolgere i bambini in un discorso riflessivo (preventivo) sui
grandi temi della vita, morte compresa (in tal senso suggerisco di
approfondire con la lettura del libro “Leggere
alla scuola materna”
della prof.ssa Blezza Picherle, editrice La Scuola).
Se
il lutto colpisce da vicino che fare?
Vale
quello che ho già detto per il nido ma con alcune differenze:
l’insegnante dovrà essere pronta a sostenere un grado di
espressività emotiva e di manifestazione del dolore da parte del
bambino teoricamente più sostenuta rispetto a quanto potrebbe
accadere al Nido, proprio per via della più profonda consapevolezza
sviluppata in questa fascia di età. Ho affermato “teoricamente”
in quanto l’espressione del dolore è molto soggettiva e quando ci
sentiamo addolorati, a prescindere dall’età, possiamo manifestare
il nostro stato emotivo in modi molto diversi, ed a volte si può
apparire sereni anche quando non è davvero così.
Sia
al nido che all’infanzia...
E’
importante per educatrici e insegnanti tenere comunque presente che
potrà sempre esistere la possibilità che un bambino non si
rassereni del tutto rispetto all’argomento “morte”, ma ciò è
del tutto normale: non accade nemmeno agli adulti! Una certa dose di
paura ed ansia legata a questo passaggio di vita è del tutto
naturale nonché evolutiva se entro una certa quota.
Qualche
consiglio per affrontare il lutto in famiglia?
Quanto
già detto fino qui va bene anche nella vita in famiglia,
con gli opportuni aggiustamenti del caso, sia in prevenzione che in
contingenza. Chiaramente sta alla famiglia e non a
educatori/insegnanti comunicare in prima battuta al bambino di un
lutto.
Infine...
Concludendo,
desidero sottolineare ancora una volta la necessità di parlare coi
bambini della morte e di accogliere le loro emozioni, verbalizzando
l’accaduto e confortandoli, in modo da non lasciarli soli in questo
delicato frangente e garantirgli la possibilità di sviluppare via
via la capacità di affrontare questo evento inevitabile maggiormente
attrezzati sul piano emotivo.
Silvia Iaccarino qui