Graduatorie al nido: così si penalizzano i genitori disoccuati (e le donne)?

 
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Cronaca Bambina "Perché i nidi penalizzano i genitori disoccupati?" I punteggi per accedere ai servizi, con le dovute differenze da una città all'altra, privilegiano quasi ovunque i genitori  lavoratori. E per quanto  i bandi siano, più o meno ben formulati, appaiono spesso desueti e poco corrispondenti ai modelli lavoratori attuali. Riprendiamo la lettera di un cittadino pubblicata dal Corriere della Sera che pone attenzione ad un tema molto complesso e delicato.


La lettera
"spero possiate fornirmi una spiegazione plausibile rispetto a un tema che di plausibile ha ben poco. (...) Il punto è questo: tanto più il tuo punteggio è basso tanto minori sono le possibilità di essere ammessi agli istituti. Una volta ammessi, seguendo un altro metodo francamente folle che è quello dell’Isee vengono determinate le tariffe da pagare. Dunque. La mia situazione è la seguente. Io sono una lavoratrice autonoma a partita iva. Mio marito, anche lui lavoratore autonomo, si è barcamenato fino ad ora tra vari contratti con ritenuta d’acconto. A breve pure lui dovrà aprirsi una partita iva. Secondo i canoni della graduatoria, pur non essendolo, risulta disoccupato. Morale? Ci hanno dato il punteggio più basso in assoluto. Perché secondo il punto di vista della graduatoria se tu sei disoccupato non hai bisogno, che ne so, di cercare un lavoro. Non sei in una situazione di necessità e necessiti di sostegno. No, se sei disoccupato te ne stai a casa e te lo guardi tu il bambino!" (Potete legger la lettera e anche la risposta da qui)




Tutto cambia: famiglia, bambini, lavoro

La situazione che espone con grande lucidità il cittadino torinese è comune in molte città. I bambini cambiano, le famiglie cambiano, il mondo del lavoro cambia  ma le iscrizioni ai servizi educativi rimangono ferme, vecchie. E se il lavoratore atipico è penalizzato il genitore disoccupato lo è  ancor di più.


Le donne sono penalizzate due volte

Se i genitori sono entrambi impiegati hanno un punteggio maggiore rispetto alle famiglie in cui lavora solo un genitore. E quando questo succede, statene certi, la maggior parte delle volte il genitore che non lavora è una donna. Secondo i dati Istat le donne che hanno tre figli sono quasi certamente confinate "a casa"

Accoglienza la nido
L'accoglienza al nido dovrebbe contemplare una maggiore attenzione anche a queste situazioni? Sì, per più motivi  anche di carattere socio-economico. Una donna rimasta a casa, magari dopo aver conseguito con successo un percorso scolastico specialistico, dopo aver avviato una carriera lavorativa, è certamente un'enorme spreco di risorse per la Stato che ha contribuito alla sua formazione. Una donna rimasta a casa senza averlo scelto è quasi certamente una persona frustrata. E la frustrazione è una brutto sentimento da gestire sopratutto quando si deve badare ad un bebè e magari si vive molto tempo chiusi in casa. Sono cose che succedono e quando la frustrazione e la stanchezza, che un bambino porta sempre con sé, sfociano in grandissima tristezza (o peggio) si parla di depressione post partum. Questo sintomo colpisce tra il 10 e il 20% delle donne, mentre 1 donna su 7 è vive in uno stato di ansia. Depressione e ansia oltre a far male ai genitori fa male anche ai bambini che più spesso tendono ad ammalarsi.