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Intervista a Oggi
incontriamo Aldo Fortunati, direttore
dell’area educativa dell’Istituto
degli Innocenti di Firenze, è uno
dei massimi esperti in fatto di nidi e scuole d’infanzia in Italia.
Di recente ha svolto
uno studio sui servizi educativi approfondito, ampio e molto complesso che scatta una
fotografia sull’attualità come mai si era riusciti a fare fino ad
oggi. L’intervista è lunga e densa di informazioni, i dati poi
sono copiosi. Fortunati ci restituisce un quadro di fortissime luci
ed ombre sul nostro sistema educativo prescolastico e sull’attuazione
della legge ZeroSei.
Dottor
Fortunati cosa è cambiato per i servizi educativi negli ultimi in 10
anni?
C’è
stata una significativa evoluzione del sistema d’offerta dei nidi.
Un incremento dovuto a politiche mirate e da finanziamenti. Il primo
a carattere nazionale è partito con il Piano triennale Nidi 2007-09,
varato durante il governo Prodi. Il fondo ha stanziato 750 milioni,
in tre anni, per estendere l’offerta dei servizi.
E
da allora?
Ci
sono state una serie ulteriori finanziamenti, anche se modesti per
pianificazioni delle risorse a livello regionali o territoriali.
Dal
2008 ad oggi cosa cambia in numeri?
Nel
2008 c’erano poco più di 210 mila posti nido. Nel 2016, gli ultimi
dati a cui possiamo far riferimento, contiamo oltre 315 mila posti
nido. L’incremento va ben contestualizzato.
Scendiamo
meglio nel dettaglio?
Negli
ultimi dieci anni si è aperta una fessura nella possibilità
d’accesso nel sistema educativo per i bambini. Tramite alcuni
passaggi normativi si è reso possibile anche ai bambini che compiono
tre anni in aprile di accedere alla scuola d’infanzia.
Quindi
tanti bambini di 2 anni sono nelle scuole dell’infanzia?
Esatto.
In realtà la norma prevedeva una serie di condizioni organizzative e
non solo, affinché i bambini potessero avere accesso, che nei fatti
sono stati trascurati. Quella che era una fessura si è trasformata
in un ampio varco. Ad oggi i bambini che anticipano sono ben 80 mila.
a fronte dei circa 105 mila nuovi posti nido creati, altri 80 mila li
realizza la scuola con l’anticipo.
L’anticipo
è diffuso ovunque?
Ci
sono profonde differenze. I servizi educativi al centro e al nord,
seppur con variabili differenti, riescono a garantire soprattutto
posti nido, a cui si affiancano, in minima percentuale, l’offerta
della scuola d’infanzia con gli anticipi e i servizi integrativi
(spazi gioco, servizi in contesto domiciliare…)
In
percentuale?
Al
centro Italia i nidi raggiungono il tasso di copertura della domanda
del 30 % a cui si affiancano il 2,3% dei servizi integrativi e il
3,6% degli anticipi. Il nord Ovest garantisce il 24,3% dei posti
nido, il 3,8 % anticipi e il 2,4% altri servizi. In nord- est riesce
a dar risposta al 28,2% con nidi, il 3,6% anticipi e 3% servizi
integrativi.
E
il meridione?
Al
sud gli anticipi e i nidi si dividono quasi l’offerta di in due.
Facciamo
un esempio?
In
Calabria la copertura dei nidi è pari al 10,5%, gli anticipi sono
leggermente superiori con un 10,7%. Peggio in Campania dove l’offerta
dei nidi si fermano al 4,8% e gli anticipi raddoppiano con un 8,8%.
L’approvazione
della legge ZeroSei non ha risolto il problema della diffusione dei
nidi?
In
parte. Tra le pieghe dei tanti compromessi la legge ha smarrito,
strada facendo, due questioni di vitale importanza. Rimane una legge
importante che definisce come l’accesso ai servizi educativi sia un
diritto per tutti i bambini.
Quali
sono le due questioni omesse?
I
nidi sono tutt’ora servizi a domanda individuale e non si è
cancellata la possibilità di anticipare alla scuola d’infanzia
come era previsto inizialmente.
Servizi
a domanda individuale, si o no, cosa cambia per le famiglie?
Intanto
c’è una grande contraddizione. Diciamo che c’è un diritto ma
questo diritto è ancora “a domanda individuale”. In termini
pratici cambia che i costi delle rette che continuano ad essere molto
alti per i bambini e niente affatto competitivi con i costi della
scuole d’infanzia, nemmeno con quelle private.
Perché
gli anticipi sono un grande problema? In fondo meglio di niente…
Ad
un bambino di due anni che frequenta la scuola d’infanzia, senza le
giuste accortezze e tutele, non viene offerto un servizio di qualità.
E questo è un punto. L’altro è invece di ordine organizzativo.
Ci
spiega meglio con un esempio?
Poniamo
il caso di riuscire ad aprire 100 nuovi nidi in Campania che riescono
ad offrire 5000 posti ai bambini. Bene. Dove li vado a trovare i
bambini? Li vado a togliere alla scuola d’infanzia? In base a quale
provvedimento?
La
legge cosa dice in proposito?
La
legge stabilisce di eliminare gli anticipi in corrispondenza allo
sviluppo dei nidi, ma non indica una modalità operativa con cui
attuare lo “scambio”.
E
quindi siamo alla guerra tra nidi e scuole?
La
questione è ancora più ampia.
In
che senso?
Oggi
i tassi di natalità sono in continua contrazione. Ogni anno nascono
circa 12 mila bambini in meno. Quest’anno, secondo l’Istat, la
nuova leva conta circa 473 mila bambini. Sempre quest’anno i
piccoli accolti alle scuola d’infanzia erano oltre 1 milione e
mezzo (escludendo gli “anticipatari”. E’ prevedibile che tra
cinque, dieci anni, se le nascite continuano così, alle scuole
d’infanzia rimarranno posti vuoti. Accogliere gli anticipi è stato
fin qui anche un modo per tentare di sopravvivere della stessa
scuola, ma pensare che questo possa proseguire vuol dire insieme
snaturare la scuola dell’infanzia e non investire sui nidi, l’unica
offerta di qualità per i più piccoli.
Il
sud ha ricevuto molti fondi per ampliare l’offerta nidi eppure non
c’è riuscita. Perché?
Qualche
anno fa abbiamo prodotto uno studio che verificava quante economie
erano state investite nei territori e quanti posti nidi lo stesso
territorio aveva aperto, così da stabilire un costo per singolo
posto. Abbiamo verificato che il sud ha ricevuto maggiori
finanziamenti e realizzato minori servizi, con una minore
“efficienza” nell’uso delle risorse.
Perché
questa differenza?
Per
evidenti incapacità e lentezze amministrative e politiche: è molto
difficile coltivare i nidi in questo contesto.
Quali
sono le regioni con più nidi?
Direi
tre: Toscana, Emilia Romagna e Umbria.
Qui
le cose vanno bene?
Certamente
si ma non benissimo. Secondo un nostro recente studio sono molti i
genitori che iscrivono i bambini al nido, riescono ad accedervi e poi
ritirano il bambino. Tanti altri sono in difficoltà nel pagare le
rette.
In
numeri?
Il
13,2% rinunciano al nido, prima di riuscire ad eccedervi. Il 5,7% lo
ritira dopo. Spesso i genitori trovano soluzioni alternative con
costi più contenuti.
E
i morosi quanti sono?
Il
13,7 % delle famiglie risulta in ritardo o in difficoltà con i
pagamenti delle retta.
Le
donne fanno meno figli perché mancano i nidi?
Sono tanti motivi. E’ dimostrato che le donne
scelgono di fare figli una volta raggiunti certi obiettivi di studio,
lavoro e soddisfazioni personali. Incentivare e rendere accessibili i
servizi educativi sarebbe molto importante, una delle migliori
risposte possibili.
Perché
i dati di Bruxell (leggi
qui) sono tanto differenti dai vostri dati?
Perché
sono sbagliati. Mi spiego meglio. Noi abbiamo contato i posti nido.
Li abbiamo separati dai servizi integrativi e da posti garantiti
dagli anticipi. Lo studio prodotto a Bruxelles ha indagato altri
fronti, chiedendo alle famiglie se i bambini fossero accolti in un
servizio. Dalle risposte hanno desunto che i bambini erano accolti
nei alcuni servizi. Non sappiamo quali.
Quindi
potrebbero essere servizi abusivi?
Anche.
Sappiamo che un bambino su tre è accolto da un qualche servizio per
bambini, potrebbero essere “false ludoteche” che lavorano come
nidi o nidi abusivi aperti in casa. Non sappiamo, anche se purtroppo
molti indizi ci dicono proprio questo, e si tratta evidentemente di
una situazione che non offre condizioni di qualità ne' ai bambini ne'
alle famiglie e nemmeno agli educatori.
Alcuni documenti di riferimento
(a
pag. 58 il prospetto dei finanziamenti statali destinati alle Regioni
in rapporto alla spesa sostenuta dai Comuni e in rapporto al numero
di nuovi posti di nido realizzati)