Un'estate senza scuola... Ma che fine hanno fatto le vacanze?

BolognaNidi












Lettera da... Tempo estivo, tempo di vacanze, tempo di compiti ma anche di lavoro e d'impegni... Ma dov'è finito il tempo del "dolce far niente"? Dove quelle lunghe vacanze piene di libertà e scoperta? Oggi pubblichiamo la lunga lettera di una mamma, Costanza Marri, che riesce a fotografare tanti aspetti della realtà estiva con estrema lucidità, descrivendo un sistema della gestione del tempo-scuola tutto italiano. La lettera chiude ANCHE con una proposta e un incitamento al cambiamento. Buona lettura e buona riflessione a tutti e tutte.

 

Cara BolognaNidi,

In un’estate in cui crollano ponti autostradali e le navi cariche di migranti non trovano porti dove approdare, comprendo che sollevare la questione “vacanze scolastiche” possa sembrare fuori luogo.

Tuttavia l’estate volge al termine, settembre è alle porte e il momento sarebbe propizio per lavorare ad una soluzione che al termine del prossimo anno scolastico possa portare un po’ di “cambiamento” anche su questo fronte.
Lo pensiamo in tanti: da quando siamo diventati genitori, l’estate da tempo di spensieratezza e relax si è trasformata in un incubo di incastri e programmazione.

Quest’anno la scuola è finita il 7 giugno e riaprirà il 17 settembre: sono quasi 3 mesi e mezzo (per l’esattezza 101 giorni, ovvero 13 settimane) in cui i figli devono essere “organizzati”, “gestiti”, “piazzati”, ognuno usi il termine che preferisce.

Negli anni ho conosciuto tante famiglie e tante soluzioni: ci sono i genitori che lasciano i bimbi al mare dai nonni e fanno l’aperitivo in città tutte le sere (ho visto anche tanti nonni sclerati in spiaggia ostaggio di bambini sempre più prepotenti).
Ci sono i genitori che optano per i centri estivi.
Ci sono i genitori che fanno le ferie separati, rinunciando alle uniche due settimane di vacanza famigliare.
Ci sono i genitori che possono permettersi di non lavorare o che rinunciano a lavorare perché conviene a livello economico.
Ci sono i genitori che usufruiscono dei giorni rimasti di congedo parentale.
Ci sono i genitori insegnanti che non si rendono conto del problema.
E ovviamente ci sono infinite combinazioni di queste o altre fantasiose soluzioni.

Ho scoperto che l’estate aumenta vertiginosamente il divario sociale. Perché i figli dei ricchi hanno la casa al mare, mentre i poveri restano in città. Perché i figli dei ricchi vanno nei centri estivi in cui si parla l’inglese o si fanno corsi di equitazione, mentre i figli dei poveri stanno a casa con la mamma o popolano i cortili assolati dei centri estivi convenzionati con il Comune. 

Ho scoperto che in estate anche la parità di genere va in vacanza. Perché, se è possibile vivere 3 mesi con un solo stipendio, è la mamma che si occupa dei bambini e rinuncia al lavoro. O prende il congedo parentale rimasto. O chiede il part-time. O mendica dal datore di lavoro permessi e ferie.
Ho scoperto anche l’effetto drammatico che possono avere 3 mesi di vacanza su bambini con gravi handicap o che vivono situazioni di profondo disagio sociale. Dopo i risultati raggiunti faticosamente durante l’anno scolastico, tutto o quasi viene perso nei 3 mesi estivi e a settembre si ricomincia.

E, non da ultimo, ho scoperto quanto costa economicamente a una famiglia gestire i figli nel periodo estivo. Provocatoriamente potrei dire che l’aliquota fiscale in giugno, luglio e agosto è uguale a quella del resto dell’anno.

Mi vorrei ora rivolgere alle e agli insegnanti

Ho una grandissima stima per tutti i bravi insegnanti che hanno accompagnato e accompagnano tuttora i miei figli nella loro crescita e formazione.

Però...

Però credo che gli insegnanti stessi si rendano conto che non è più sostenibile il calendario scolastico del dopoguerra. E che non sia più accettabile che l’insegnamento sia ancora oggi “il lavoro ideale per una donna”, come mi ha sempre detto mia madre insegnante. Perché mi viene da pensare che alcuni insegnanti non scelgano la professione per vocazione, ma per mero interesse e comodità personale.

Non riesco nemmeno a capire perché un’educatrice di nido stacca il 20 luglio, un’insegnante di scuola d’infanzia stacca il 30 giugno ed una di scuola primaria stacca il 7 giugno. Sono 3 lavori assolutamente importanti ed in tutto simili, con responsabilità simili, carichi di lavoro simili: perché ci devono essere differenze così elevate nelle giornate effettive di lavoro? 
Care e cari insegnanti, avete tutta la mia stima e la mia sincera riconoscenza per il lavoro che fate, e che non sarà mai riconosciuto abbastanza, ma – vi prego- non vi nascondete dietro una vostra presunta partecipazione nel periodo estivo ad attività programmate dal Collegio, perché in luglio e agosto non ce ne sono! Non prestate il fianco alle critiche, trincerandovi dietro contratti collettivi e sindacati! 

E relativamente allo stipendio, ho letto anche io tante volte che il vostro salario è il più basso d’Europa, ma avete un’idea dei salari dei lavoratori privati in Italia al confronto dell’Europa? Il vostro stipendio è in tutto paragonabile ad uno stipendio di un impiegato medio nel privato….che in luglio e agosto (e Natale e Pasqua) lavora e combatte con il datore di lavoro e i colleghi per le ferie.

Ora vorrei soffermarmi sui risvolti didattici, pedagogici ed educativi delle vacanze estive.
La scuola finisce dopo che nel mese di maggio i bambini sono sottoposti a un enorme stress da “verifiche di fine anno”, “chiusura del programma”, nonché feste di fine anno, di fine attività sportiva, di musica, di scout, di catechismo, ecc.
Nei 3 mesi e mezzo estivi poi aumenta vertiginosamente la probabilità che accenti, apostrofi e tabelline vengano dimenticati. E allora intervengono i compiti delle vacanze. Che “vacanze” sono per gli insegnanti, ma non per i bambini che sono sballottati tra centri estivi, nonni e baby sitter.
Io dopo 9 ore di centro estivo non ho il cuore di chiedere ai miei figli di fare i compiti.

Mi tocca farlo quando sono in ferie io. E in quelle due settimane di ferie famigliari (le uniche due in un anno) devo anche recitare il ruolo della mamma cattiva che fa fare i compiti.
Oppure i compiti vengono delegati a nonni e baby sitter, che i bambini sono diventati bravissimi a raggirare, saltando pagine scomode o nascondendo libri noiosi da leggere…per poi trovarsi nel panico una settimana prima dell’inizio della scuola. Quale ruolo educativo e quale utilità didattica assume il compito delle vacanze in questa situazione?
Non sarebbe più utile avere tempi più distesi scolastici e ridurre al minimo i compiti delle vacanze?
E… non è terribile che per i nostri figli trapeli l’idea che in estate i bambini sono pacchetti da sistemare?

E da ultimo mi rivolgo ai genitori: smettiamo di considerare la vacanza estiva come un destino ineluttabile a cui siamo sottoposti. Facciamo qualcosa! Organizziamoci! Mandiamo mail, attiviamoci sui social, facciamo incontri. Ma smettiamo di stare zitti. O ci va bene così?

E allora?
E allora concludo con una proposta.
Scuola fino al 30 giugno e riapertura il 1° settembre, senza vacanze in più durante l’anno.
Tempi di apprendimento distesi. E magari a giugno un bel focus sulla lingua inglese, sulla musica e sull’immagine che in media sono le materie un po’ più dimenticate.
Utopia?

Costanza Marri