Freire e la pedagogia degli oppressi: parola al professor Caltagirone











 



Intervista a... Oggi incontro il professor Calogero Caltagirone. Lui ha organizzato all'università LUMSA di Palermo una giornata di studio per raccontare "Uno dei più grandi pedagogisti del 900" Paulo Freire. Perché professore un convegno su Freire? Chiedo con una buona dose di retorica. "Perché oggi che la forbice sociale si allarga sempre più, c'è ancora più bisogno di parlare del metodo di Freire".


Perché un convegno sul pedagogista Freire? 
"Ricorrono 50 anni dalla pubblicazione dalla sua opera "La pedagogia degli oppressi" . E sono trascorsi 20 anni dalla sua morte.

Chi era Freire?
E' uno dei più grandi pedagogisti del 900 e uno dei più grandi educatori  dei nostri tempi. Mise  a frutto il suo metodo in un contesto particolare.

Dove?
In Brasile prima a Recife. Dopo la dittatura si è spostato in Perù e poi in diverse zone dell'Africa dove lavorò in diversi contesti multiculturali. 

Come lavorò?
Puntò sull'alfabetizzazione. Lavorò sull'individualità e la valorizzazione dell'individuo. Lavorò sempre in contesti socialmente difficili, con gli ultimi,   sempre con l'idea di colmare le distanze culturali e sociali. Un tema molto attuale, dato che oggi i divari sembrano ampliarsi invece di diminuire, anche in Italia.

Cosa vede oggi nel sud Italia?
Posso parlare con più competenza di Palermo. Ci sono tante realtà propositive che lavorano bene. C'è un assessore competente in materia. E' stato istituito anche un garante dell'infanzia. E l'università dove lavoro ha di recente istituito un corso di laurea specifico di scienza dell'educazione. Ma se a Palermo esiste una buona rete di servizi educativi (pubblici e privati), se i servizi sono di una buona qualità, non si può dire che i servizi siano generalizzati in tutta la regione, anzi... sono tanti i comuni con meno di 3mila abitanti dove i nidi non ci sono affatto.


Come lavorare affinché il metodo Freire sia attivo?
Sulla formazione degli operatori. Se riusciamo a formare persone competenti che possono formare i bambini il cambiamento sociale a cui puntava Freire, e in Italia Danilo Dolci, è più facilmente attuabile.

Secondo lei oggi esistono ancora nei contesti educativi difficoltà di integrazione sociale?
Si, e sono profonde. Gli studenti che abbiamo mandato nei contesti educativi palermitani hanno registrato profonde differenze a seconda della collocazione dei quartieri. Si tratta di ingiustizia sociale. Dobbiamo fare un capovolgimento culturale e imparare a intendere l'integrazione dell'altro, del diverso, come un valore aggiuntivo per tutti. E' una grande scommessa che possiamo vincere con la formazione e la preparazione del personale educativo.  

Formare, integrare e...
Capire che le specificità di ognuno sono importanti e vanno rispettate e valorizzate. Oggi viviamo nella società della cultura media. Abbiamo la pretesa che in bicchieri di forma diversa ci si debba essere lo stesso livello d'acqua mentre dovremmo riempire tutti i bicchieri. Ciò significa insegnare ad ognuno in modo personalizzato non per tentare di raggiungere un certo obbiettivo uguale per tutti ma tentare di tirare fuori il meglio da ognuno. 

Tutti siamo diversi?
Tutti siamo unici. Più il contesto educativo è differente e accogliente più il rapporto sarà asimmetrico. 

Che significa?
In un contesto di individui simili i rapporti saranno di tipo simmetrico. L'altro non è molto diverso da me, è simile e il rapporto che si instaura è di tipo speculare, l'altro mi rimanda, riflette la mia immagine. In un rapporto del genere i conflitti sono più probabili. In un rapporto asimmetrico, l'altro è diverso da me e nelle nostre differenze formiamo qualcosa insieme. Ognuno esiste con l'altro. Se non c'è promiscuità e contaminazione ciascuno rimane nella sua diversità. E' un cambiamento radicale a cui dovremmo lavorare.


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