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Intervista
a...C’è una
mamma che sta cercando un insegnante di sostegno per suo
figlio ma non lo trova. Il bimbo frequenta la scuola d’infanzia
Luigi Casini di Pian del Mugnone, una frazione di Fiesole, ed è
certificato con la legge 104 avrebbe diritto ad un
sostengo per 3 ore al giorno fino alla fine dell’anno...Ma
l’insegnante non si trova. Si tratta di un caso isolato? "Tutt’altro" mi racconta Vincenzo Gramegna insegnante di
sostengo e coordinatore per alcune scuole d'infanzia e primarie a Bologna. Oggi lo incontrato
per farmi raccontare "la normalità" che si cela dietro questa
notizia.
Perché non si
trova l’insegnante?
Purtroppo
non è un caso isolato. I motivi possono essere diversi anche dovuti
a questioni pratiche.
Ad esempio?
Banalmente
la difficoltà a raggiungere il luogo di lavoro. Ho
lavorato in Basilicata e ricordo bene quali difficoltà c'erano per gli spostamenti. I mezzi pubblici magari sono pochi.
No, posso non trovare insegnanti di sostengo anche a Bologna dove c’è
un’ottima rete dei
trasporti.
Quali altre
difficoltà ci sono?
Di fronte ad una patologia grave, o molto
specifici, capita che manchino le
competenze agli insegnanti abilitati per
coprire il ruolo. Per
questo motivo è molto importante
la formazione.
Noi siamo un po’ di tutto dovremmo occuparci di autismo, dico per
fare un esempio, come di problemi comportamentali.
Ma tutto non si
può sapere e quindi come si fa?
Quindi l’insegnante di sostegno dovrebbe essere formato per
apprendere direttamente sul campo e rispondere alle diverse esigenze. Quando arrivano da noi, giovani laureati, spesso sono bravissimi e molto preparati.
La formazione prepara a tutto?
Non sempre, ma aiuta. Restituisce strumenti per poter lavorare al meglio. Con il tempo credo che ognuno dovrebbe specializzarsi, magari rispetto ad una disabilità, più di un'altra. Ma la formazione rimane la base. Proprio in questi giorni il ministro Bussetti ha annunciato
“più insegnati di sostegno” bene, ma è importantissima anche
più formazione!
Il bambino in
questione ha cinque anni e non parla: come si potrebbe fare?
Ci sono degli specifici strumenti che si possono utilizzare che
consentono una sorta di traduzione dei testi in immagini, simboli.
Sono strumenti liberi e gratuiti.
Strumenti
gratuiti che non si utilizzano?
Si, nello specifico si tratta di un sistema ideato a Castiglia e
diffuso in Europa. Questo come altri strumenti sono poco conosciuti e
diffusi nelle scuole.
Perché?
Magari si conoscono ma non si sa come utilizzare il pc. Si
tratta di strumenti open source che "girano" su Linux.
Più in generale?
Più in generale la scuola dovrebbe realizzare un linguaggio di
simboli collettivo, ad esempio, per indicare gli spazi. Spesso non si
fa perché l’uso dei simboli , soffre di molti preconcetti,
si teme, che l’utilizzo di immagini sfavorisca l’apprendimento
della lettura...
Insomma la
tecnologia aiuta ma c’è sempre bisogno di coinvolgere in modo diretto?
Posso avere strumenti potentissimi ma se non coinvolgo il bambino, il
ragazzo, in modo diretto e ludico, sarà ben difficile ottenere
risultati.
Tradurre dalle
parole ai simboli è un’operazione semplice una volta che si
conosce il sistema?
Affatto. Una buona traduzione richiede tanto lavoro, tradurre a
simboli non significa tradurre letteralmente ma nemmeno semplificare.
Significa ore di lavoro magari per un libro di poche pagine.
Un bambino che
perde questo tipo di formazione a cinque anni che problemi incontrerà
poi?
Limitare il linguaggio significa limitare il pensiero. Costruire un
linguaggio ricco che sappia esprimere le sfumature del sentire e
dell’essere, consolida un pensiero altrettanto ricco.
Fonte La Nazione
La notizia del bambino senza sostegno la puoi leggere qui
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