Programma educativo: è davvero utile?



 









Parola a… E’ davvero utile programmare le attività durante tutto l’anno? E’ efficace avere un filo da svolgere e che lega le attività dei bambini durante l’anno? Come genitore l’ho sempre ritenuto un sistema valido anche emozionante. Era bello portare a casa tutte le attività che si erano svolte durante l’anno. Oggi incontro un altro punto di vista, un punto di vista certo molto più competente del mio. Oggi incontro l’educatrice Claudia Suardi del nido famiglia Sognidoro di Seriate che ci racconta come e perché ha scelto di lavorare senza una programmazione annuale.


Da quando non segui più un progetto annuale?
Da quando ho un mio nido. L’idea è nata dal confronto con le colleghe che incontro durante i percorsi di formazione, parlando con loro, mi sono accorta che spesso seguiamo un programma annuale non tanto per convinzione ma perché ci hanno insegnato che si fa così. Senza nemmeno più riflettere seguiamo il prassi.

Ma in realtà?
In realtà fermandomi a riflettere mi sono resa conto che spesso il progetto è più utile a chi lavora, o ai genitori, che non ai bambini.

Quindi non è utile?
Per la mia esperienza non lo è, e mi chiedo anche se un progetto del genere sia assimilabile da un bambino prima dei due anni. Ad un certo momento mi sono resa conto che proponeva ai bambini attività che comunque avrei proposto loro anche senza un tema guida. Era diventato per me più una costrizione che un utile mezzo.

Claudia lei lavora in un nido famiglia mentre in precedenza ha lavorato nei nidi
Esatto ho lavorato per circa dieci anni nei nidi poi ho scelto di aprire un nido famiglia, un modo diverso di lavorare, per certi aspetti più complicato perché sono più sola e devo essere molto ben organizzata. Ma ho le mie soddisfazioni! Nel tempo è cambiata molto la mia prospettiva sul lavoro, lo sguardo sui bambini.

Cambiata perché?
Cambiata grazie alla tanta, tanta formazione che faccio in continuo. Così sono riuscita a mettere in discussione lo sguardo con cui nostra società nonostante tutto vede ancora il bambino.Ho dovuto lavorare molto su di me.

La società come percepisce il bambino?
Come un soggetto da correggere: se piangere è meglio lasciarlo sfogare, se fa i “capricci” è da correggere. La pedagogia ci ha mostrato un’altra strada ci ha mostrato come il bambino non sia una scatola da riempire, un essere privo di competenze, anzi! Il ruolo dell’educatore è solo guidare, aiutarlo a fare da sé

Come ha cambiato questa nuovo sguardo nel lavoro quotidiano?
In molto modi piccoli e pratici. Ho introdotto l’uso della fascia, sopratutto in fase di ambientazione. I bambini che hanno più bisogno di contatto, possono sentirti più protetti e rassicurati. Io invece ho le mani libere per aiutare, se me lo chiedono, gli altri bambini. La fascia poi scarica meglio il peso e aiuta i mal di schiena. Altra piccola accortezza è il fasciatoio con le scale, il bambino fa da sé e si sente indipendente, mentre l’educatore evita di sollevare in continuo i pesi.

Qual’è l’aspetto di più complesso del suo lavoro?
La relazione con i genitori. E’ ovvio che non si può generalizzare ma a volte è difficile interagire con i genitori. Spesso solo perché hanno letto un articolo e un libro credono di saperne più di te in fatto di pedagogia. Mi sono capitati genitori entra al nido e mi chiede se sono steineriana o montessoriana. Mi fa sorridere. E’ più importante sapere se seguo un metodo piuttosto di un altro, o di sapere come lavoro? 

Montessori ritorna spesso?
Si, e per fortuna torna e ritorna. la lezione che ci ha lasciato la Montessori è fondamentale e non ha ancora finito di insegnarci. Ma spesso mi pare che sia una “moda” che altro, una moda che fraintesa può creare più danni che altro.