Outdoor Education: parola alla pedagogista Alice Moncelli


Bolognanidi












 

La pedagogia del Lunedì Oggi incontro la pedagogista Alice Moncelli  esperta di outdoor education tema per certi aspetti delicato e che va a toccare tante insicurezze che la nostra società ha “costruito” in nome dell’igiene, della sicurezza, dalla paura della malattia. L’argomento è ampio e incontreremo al dottoressa Moncelli per due lunedì di seguito. 


Outdoor education un tema attuale?  

Una delle tendenze nel panorama pedagogico a cui stiamo assistendo in questi ultimi anni, è la riscoperta del concetto di riavvicinarsi alla natura nell’educazione.

L’ambiente esterno cosa offre? 

L’ambiente esterno, “outdoor”, assume la valenza di un contesto educante che, oltre ad essere un luogo in cui si apprende, offre l’opportunità di rafforzare il senso di rispetto per l’ambiente naturale e consente di esprimere e di potenziare le competenze emotivo-affettive, sociali, espressive, creative e senso-motorie, che all’interno di una sezione non possono svilupparsi. 

Qual’è il comune denominatore per questo tipo di educazione? 

Il comune denominatore dell’educazione fuori dalla porta (“out-door”) è la valorizzazione dell’ambiente esterno nelle sue diverse configurazioni, assunto, sia come ambiente educativo, che come luogo da scoprire e da valorizzare.

Per cui? 

Per cui l’esterno, si connota come una vera e propria “aula a cielo aperto”, dove si valorizzano al massimo le opportunità dello star fuori e del concepire l’ambiente esterno come luogo di educazione e di formazione, come luogo privilegiato per fare esperienza.

Dove nasce questo stile pedagogico? 

E’ nato in Germania e si è diffuso soprattutto nel Nord Europa (in Svezia ed in Norvegia) nella seconda metà del Novecento, oggi influenza sempre più le correnti pedagogiche europee, orientando diverse esperienze di educazione all’aria aperta anche in Italia. 

Per i bimbi compresi tra zero e sei cosa rappresenta? 

Per i bambini dei servizi integrati 0/6 rappresenta un’occasione irripetibile stare fuori, poiché i bambini risultano più concentrati all’aperto e “scaricano” a livello energetico un accumulo di sovra-energie che all’interno della sezione sarebbe per loro impossibile farlo; ed inoltre, viene comprovato un notevole miglioramento sul loro stato di salute (uscendo più spesso, ed in ogni stagione climatica, ci si ammala di meno).

Stare fuori quali opportunità offre? 

Il fuori, si presta ad un laboratorio naturale che ci offre luogo di ascolto e di contemplazione (del bello e del cambiamento climatico), dove scoprire anche le prime regole della scienza e della fisica. Anche secondo Dewey, attraverso l’apprendimento del “fare” , anche in natura ( attraverso il learning by doing, cooperative learning, problem solving), il bambino aiuta ad organizzare la sua conoscenza, sviluppandone la creatività, la motivazione, l’intelligenza e la cooperazione. 

Problem solving? 

Il confronto tra le situazioni di problem solving costituisce  una condizione per l'esercizio e la crescita del pensiero creativo. Alcuni ricercatori, che hanno elaborato un modello di curricolo, volto a valorizzare i processi di scoperta, mettono in rilievo l'importanza di determinati elementi per lo sviluppo creativo: l'apprendimento attivo; la libertà di scelta; l'accesso a una varietà di materiali; l'esplorazione; l'autovalutazione; il problem finding e infine il problem solving. 

In fondo non sono diritti che dovremmo garantire?

Infatti e dovremmo essere noi adulti a sentirci interpellati di fronte a tali diritti, anche solamente ripensando alla nostra Infanzia, libera nella natura e senza tempi incalzanti. Dovremmo pensare a ciò che rischiamo di non offrire ai nostri bambini oggi, per paura che uscendo fuori in giardino, possano sentire “troppo freddo”, che si ammalino frequentemente, o che possano “farsi male”.


Laura Branca