Flavia Franzoni racconta Adriana Lodi. Bologna e le riforme del Paese

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Adriana Lodi




Flavia Franzoni:
La Laurea ad honorem ad Adriana Lodi deve costituire un importante stimolo per la ricostruzione della storia, non troppo conosciuta, dei servizi sanitari, sociali ed educativi della nostra città della nostra regione, del nostro Paese. Le tante iniziative intraprese nel corso della sua attività politica costituiscono infatti un importante tassello di un modello di welfare per alcuni aspetti realizzato (seppur con diverse connotazioni e livelli di prestazioni nelle diverse regioni). Un modello che ha le sue radici nei dibattiti e nelle prime sperimentazioni degli anni ’60 e che negli anni ’70 può contare sulle grandi riforme che, partendo dai diritti di tutti (orientamento universalistico), hanno cambiato la rete dei servizi destinati a proteggere le persone più fragili e a prevenire emarginazione, povertà, malattia: la riforma del diritto di famiglia, l’istituzione dei Consultori familiari, la riforma psichiatrica, la riforma sanitaria e tante innovazioni introdotte dalle leggi regionali in materia sociale.


La mamma dei nidi
Adriana Lodi è chiamata la “mamma” dei nidi. Come assessore all’assistenza alla fine degli anni ’60 fu promotrice dei primi tre nidi comunali a Bologna e seppe trasferire in Parlamento il ricco dibattito che aveva accompagnato la esperienza bolognese diventando firmataria della legge n.1044/71 di cui fu sempre gelosa custode. Nella consapevolezza , fin da allora, che il nido non è solo un servizio finalizzato alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro delle mamme (oggi diremmo dei genitori), ma anche un servizio educativo. Nella battaglia per l’approvazione della legge si oppose non soltanto a chi ribadiva il dovere delle mamme di dedicarsi totalmente ai figli più piccoli, ma anche a chi difendeva i grandi “carrozzoni nazionali” come l’ONMI, che si limitavano ad offrire nidi lontanissimi dai modelli proposti dai più recenti approcci pedagogici1.
Adriana Lodi infatti in Parlamento affrontò a tutto campo il tema dell’assistenza: fu firmataria di un progetto di legge sulla riforma assistenziale e insieme si occupò dello scioglimento dei così detti Enti inutili,2 la miriade di enti nazionali che, in modo frammentato e con metodi ormai superati (e le stesse osservazioni valevano per le Ipab), si occupavano delle diverse “categorie di bisognosi” .
 
Smontare il passato per realizzare il futuro 
Una missione complessa che richiedeva insieme di “smontare” strutture ormai obsolete e di avviare i nuovi servizi territoriali. Dice Adriana: “Nessuno pensava ad un blocco traumatico dell’attività di enti che comunque svolgevano una attività non sempre e non tutta deprecabile”. Ciò richiese un progressivo passaggio del personale degli enti (ad esempio per quanto riguarda i minori, dall’ONMI e dall’ENAOLI) ai Comuni ai Consorzi di comuni e successivamente alle Usl ) perché non venissero a mancare i servizi necessari, anche per costruire nuovi servizi come i consultori familiari, l ’ assistenza domiciliare, le attività di prevenzione; insomma per costruire un nuovo sistema di servizi.
L’innovazione nei servizi doveva tuttavia poggiarsi sul nuovo assetto istituzionale derivante dalla istituzione delle Regioni e dal conseguente trasferimento di deleghe in materia sociale e sanitaria alle autonomie locali. Anche per questo (come per i nidi) il dialogo tra Parlamento e Regione fu essenziale.
Nel periodo che intercorse tra l’approvazione della legge 382/1975 relativa al nuovo ordinamento e l’emanazione dei decreti applicativi (DPR 616/1977) i confronti tra Yone Bartoli (Assessore ai servizi sociali in Regione Emilia-Romagna dal ’70 all’ ’80) e Adriana Lodi si moltiplicarono. “Di solito ci vedevamo nell’ufficio di Yone Bartoli di lunedì, l’unico giorno della settimana in cui ero a Bologna” ricorda Adriana. 

Tra Regione e Parlamento 
Il “corridoio” di comunicazione tra la Regione Emilia-Romagna e il Parlamento si mostrò efficace per tutte le tematiche riguardanti il sistema dei servizi alla persona, anche perché Adriana Lodi fin dalla sua attività di Assessore era stata paladina di quelle che poi sarebbero diventate le idee guida della politica sociale dell’Emilia-Romagna e che avrebbero ispirato anche normative di altre regioni fino ad entrare nella legge di riforma dell’assistenza n. 238/2000: lotta all’emarginazione (oggi diremmo all’esclusione), prevenzione, integrazione tra servizi sociali e sanitari ed educativi, partecipazione. L’attività di Adriana Lodi fu uno dei veicoli con cui le sperimentazioni dell’Emilia-Romagna si sono tradotte in leggi nazionali e patrimonio culturale di tanti.

Contro l'emarginazione e l'istituzionalizzazione
Fin dagli anni ’60 a Bologna si cominciò infatti a parlare non solo di chiusura di istituiti per minori (Adriana avviò la chiusura della Colonia permanente di Casaglia che consentì nel 1971 di far partire l’esperienza di gruppi-appartamento per minori), ma anche di ridimensionamenti delle strutture per anziani che accoglievano spesso anziani ancora in buona salute ma poveri e soli. A Bologna si partì dai “sussidi in luogo di ricovero” per arrivare negli anni’70 alla scelta prioritaria dell’assistenza domiciliare.
Dunque una lotta contro l’istituzionalizzazione e l’emarginazione certamente collocabile nel generale movimento culturale presente nel Paese nata intorno ai manicomi e ispirato da Basaglia, ma costantemente rafforzata dalle tante collaborazioni con i docenti di psicologia e di pedagogia dell’università di Bologna e dalla possibilità di fare scelte concrete.
Adriana si buttò anima e corpo nella prima campagna di prevenzione dei tumori della sfera genitale femminile promossa dall’Istituto di oncologia facendo assemblee un po’ dappertutto nei quartieri, nelle parrocchie, nelle fabbriche. Dunque fece proprie parole come prevenzione e partecipazione.
La vita di Adriana ci ricorda come l’esperienza di Bologna e dell’Emilia-Romagna potè avvalersi di tanti confronti culturali e di confronti politici a volte molto aspri ma anche molto ricchi che consentirono ampie analisi propedeutiche alle proposte di riforma di cui la popolazione aveva bisogno. Si pensi alla forte contrapposizione politica, ricordata spesso da Adriana Lodi, sulla soppressione delle classi differenziali per bambini con problemi.

Una laurea e una narrazione ai più giovani
Ecco perché la meritata laurea ad honorem ad Adriana Lodi è una sollecitazione a raccontare ai più giovani (operatori e non) la storia delle conquiste che hanno consentito soprattutto nella nostra Regione, l’Emilia Romagna, il costruirsi di un buon modello di protezione sociale e di convivenza civile, che ha potuto avvalersi della capacità di innovazione delle pubbliche amministrazioni locali soprattutto nel campo dei servizi alla persona.

1 Cfr. Adriana Lodi, “Politiche statali per i servizi educativi” in “Sui nostri passi. Tracce di storia dei servizi educativi nei Comuni capoluogo dell’Emilia Romagna“ (a cura di Lorenzo Campioni e Franca Marchesi, ed. Junior)

2 Cfr. Adriana Lodi “Mezzo secolo di vita politica tra enti inutili, ipab e assistenza” in Ione Batoli “La mela sbucciata. Quando la politica è fatta anche con il cuore” ed. Consulta