La genitorialità condivisa, partecipata e poetica.

 

 
 
Partecipare per educare Con passo leggero e delicato mi inoltro in questo passaggio insidioso.
Diventare genitore è un percorso, che necessita di confronto, di apertura alla nuova esperienza, di pazienza, di amore e rispetto per un essere umano in crescita  che ha il diritto di essere libero/a di cercare la sua strada, la sua unicità, non di soddisfare le aspettative di noi adulti, in poche parole non ti dà diritto di proprietà.
 
Il potere genitoriale 
 
La maternità e la paternità viene raccontata e vissuta come un momento che cambia radicalmente la vita di una persona, di una coppia.
Per i miei primi vent'anni o forse più di professione educatrice, ho visto soprattutto le madri farsi carico del proprio bambino/a, erano loro ad affrontare l'ambientamento, i colloqui, la cura quotidiana, ecc. Un plus materno che di fatto per ragioni organizzative/ culturali escludeva in parte il padre.
Il padre era quello che lavorava di più, guadagnava di più, aveva meno tempo, alla fine per un " ordine" distopico e funzionale costruito in seno alla famiglia perlopiù tradizionale, la crescita di un bambino piccolo era a carico principalmente delle donne.
Quante storie potrei raccontare dei salti mortali di queste madri,cariche di mille responsabilità, le vedevo affannate, spesso sole, stanche, ansiose per far quadrare tutto.
Nella centralità del loro operato, ho potuto anche constatare come il "potere genitoriale" fosse soprattutto femminile.
Il luogo familiare e la cura dei figli  ha continuato ad essere per tanti anni, contesto gestito e deciso soprattutto dalle donne, anche per la mancanza di spazi alternativi di realizzazione professionale e personale.
Ci sono voluti tanti anni affinché ci fosse un sensibile cambio di rotta educativa, le donne in primis attraverso le loro lotte di emancipazione personale e sociale, hanno contribuito notevolmente affinché anche i padri fossero coinvolti, più responsabili e partecipativi alla crescita dei loro figli, ma c'è ancora tanto da fare in termini di uguaglianza di diritti e doveri.
 
 
La genitorialità condivisa
 
Credo che una genitorialità condivisa, allargata anche ad altre figure che non siano solo mamma e papà, potrebbe essere fonte di arricchimento, crescita solidale, scambio relazionale affettivo.
Per far sì che ogni genitore (qualunque esso sia, naturale, adottivo ecc) per avere un posto importante in termini di qualità educativa per un bambino/a, ha bisogno del suo spazio.Una madre deve fare spazio al padre e viceversa, non per sostituirsi l'uno a l'altra, ma per dare il proprio contributo di unicità e peculiarità educativa.
I genitori dovrebbero allearsi non competere, come tutte le altre figure affettive che ruotano intorno al bambino/a. L'alleanza educativa riguarda tutti/e, ogni persona, madre, padre, zii, nonni, educatori/ci nella loro specificità ed originalità. Queste figure possono essere presenti nella vita di un bambino/a, perché rappresentano un grande ed importante valore aggiunto di affetto, e possono essere portatori o portatrici di altre narrazioni, visioni, arricchimenti valoriali.
 
Questo presuppone una conditio sine qua non: la generosità e disponibilità gratuita. Quello che ho visto e a volte continuo a vedere, è l'esercizio di potere materno o paterno... 
Non c'è rispetto dello spazio dell'altro, il figlio/a viene vissuto come una proprietà discreditandosi a turno, non fanno altro che creare un ambiente energetico ostile e non credibile, questi linguaggi "armati" tra genitori o tra chi si occupa di un bambino/a creano danni a volte irreparabili. In queste mie osservazioni di situazioni esperite emerge come sempre un assunto imprescindibile: prendersi cura dei bambini/e significa che ogni adulto coinvolto deve stare in un atteggiamento di crescita personale costante, pronto a mettersi in discussione e a rivedere comportamenti inadeguati se non addirittura lesivi.
 
Educare è un'arte, come ho già esplicitato tante volte, non può diventare una roccaforte di verità assolute, di dogmi, di chiusura mentale e rigidità. 

Educare è assumerci quotidianamente la responsabilità di migliorare noi stessi, per far fiorire ben-essere personale e sociale, in un'ottica circolare e di interdipendenza valoriale e spirituale. Possiamo rendere l'esperienza educativa ancor di più poetica ed evolvente con il contributo di tutti/e. Una sfida necessaria non più procastinabile.
 
I figli/e non ci appartengono, sono anche i figli/e della comunità e la comunità deve avere in mente e a cuore la loro felicità.  
 
Anna Maria Mossi Giordano