Con oggi
concludiamo il nostro ciclo di ritratti dedicati ad Adriana Lodi con
il contributo, davvero molto gradito, della Professoressa Tiziana
Pironi.
Riprendiamo dalla laudatio, il discorso tenuto durante la laurea ad
honorem, alcuni dei più significativi passaggi che raccontano lo
straordinario vissuto politico della Lodi.
Di
Tiziana Pironi
E’
un periodo breve, ma molto intenso, quello che caratterizza
l’assessorato di Adriana Lodi alle politiche sociali e alla sanità
del Comune di Bologna, dal 1964 al 1969, contraddistinto da un
impegno coraggioso e lungimirante. In primo luogo la
battaglia per un nido di qualità,
caratterizzato da una forte tensione educativa, affidato alla
gestione degli enti locali, rappresentò per lei un traguardo che
trovava ragione non soltanto nel suo vissuto politico, ma anche
personale, avendo sperimentato di persona, in qualità di lavoratrice
madre, la triste esperienza del nido gestito dall’ONMI, l’Opera
Nazionale Maternità Infanzia, istituita dal fascismo.
Diritti
per le donne
Adriana
Lodi si è fatta interprete delle esigenze di migliaia di donne, di
lavoratrici che, anche tramite le loro associazioni e organizzazioni
sindacali, rivendicavano un nuovo modello di welfare,
improntato
al pieno riconoscimento di due diritti basilari per la donna: il
diritto al lavoro
e alla libera
scelta della maternità.
Nel farsi interprete e portavoce di queste richieste, alimentate dal
fermento culturale e dalle esigenze di rinnovamento di quegli anni,
Adriana Lodi perseguì immediatamente il progetto di un nuovo nido
che doveva realizzarsi come servizio che si rivolgeva a tutti i
bambini.
La
garanzia dei diritti dei bambini
I
nuovi nidi garantivano al bambino il diritto al pieno sviluppo della
propria personalità. Sta proprio qui il punto di svolta, nell’essere
pensato come un servizio del tutto alternativo agli asili allora
esistenti, che si erano caratterizzati come luoghi di discriminazione
e di marginalità sociale, in quanto destinati esclusivamente
all’infanzia più povera e disagiata. Un’infanzia che
nell’immaginario dell’epoca
andava
custodita, sorvegliata e curata primariamente dal punto di vista
igienico-sanitario. Erano infatti le categorie più deboli a fruire
dei servizi dell’O.N.M.I, facendo i conti con la triste realtà di
una struttura contraddistinta da una specie di cordone sanitario
rispetto alla realtà esterna: al suo ingresso il bambino veniva
separato dal suo mondo affettivo, senza alcuna gradualità
nell’inserimento. Di conseguenza, molti bambini presentavano
evidenti disturbi del comportamento, come apatia, aggressività,
avendo subito una brusca interruzione nel rapporto con l’ambiente
familiare, già a otto settimane dalla nascita (la legge stabiliva
infatti che la lavoratrice madre rientrasse al lavoro cinquantasei
giorni dopo il parto).
La
formazione qualificata delle educatrici
Oltre
alla realizzazione di spazi e materiali a misura di bambino - per la
quale come è noto – Adriana Lodi trasse ispirazione da una visita
ai nidi di Stoccolma nel 1967 - fu quella della formazione
qualificata delle educatrici a cui si provvide con l’istituzione di
corsi speciali presso l'istituto Elisabetta Sirani.
Le allieve avrebbero poi conseguito il titolo presso l’unica Scuola
di Assistenti all’Infanzia allora esistente, creata a Roma nel 1949
da Adele Costa Gnocchi, allieva di Maria Montessori.
Va
ricordato, che in anticipo rispetto alle ricerche sul periodo
neo-natale, Maria Montessori aveva approfondito fin dagli anni Trenta
i suoi studi relativi allo sviluppo da zero a tre anni,
considerandola una fase di enorme potere formativo, mai più
riscontrabile successivamente.
La
documentazione sui nidi
Adriana
Lodi sente il bisogno pressante di documentarsi sulle pochissime
realizzazioni di nidi all’avanguardia esistenti allora in Italia:
oltre al Centro Nascita Montessori di Roma, visita la
“Casa della madre e del fanciullo”, diretta da Elda Scarzella a
Milano e il
Nido “Olivetti” di Ivrea.
La
progettazione
Si
giunse così, il 9 novembre 2019, all’inaugurazione del primo nido
d’infanzia realizzato dal comune di Bologna – il famoso Patini _
e proprio nel discorso pronunciato in quell’occasione da Adriana
Lodi è possibile cogliere l’inedito cambio di prospettiva che
sottendeva. Ne leggo un breve stralcio: “il
nido d’infanzia da richiesta di un servizio assistenziale per la
popolazione più povera, diviene sempre più una richiesta di vero e
proprio servizio sociale a disposizione della comunità”.
Da
notare infatti il termine da lei utilizzato in quell’occasione è
“nido di infanzia” e non più “asilo” che rimanda a una
vecchia concezione.
Afferma
ancora nel suo discorso di apertura del nido Patini che il personale
educativo sarà presente in misura di 1 a dieci bambini, con il
primario compito di consentire ai bambini – cito dal suo discorso
“di
esercitare il diritto al gioco, ad una sana ed equilibrata
alimentazione, al riposo; il personale educativo dovrà inoltre
stabilire colloqui giornalieri con i genitori, nella massima
collaborazione per lo sviluppo armonico di ogni bambino”.
Si
crearono così le condizioni perché il nido diventasse lo spazio in
cui si sperimentava la formazione continua del personale, in un clima
fortemente partecipativo, nella consapevolezza da parte di quelle
prime educatrici di
essere parte di un progetto “corale”, riferito non solo ai
problemi contingenti di immediata risoluzione, ma soprattutto di
prospettiva.
Con
questa Laurea in Pedagogia
vogliamo quindi onorare Adriana Lodi per aver coniugato l’impegno
in campo politico-istituzionale con una chiara sensibilità e
coscienza
pedagogica,
di essere stata fattiva interprete, promotrice, animatrice di una
stagione di grandi cambiamenti. Se
oggi le nuove generazioni di educatori e di educatrici dei nidi
possono contare su un titolo qualificante come una laurea, è grazie
a quel cammino intrapreso cinquant’anni fa, a Bologna e nella
nostra Regione; un cammino che ha segnato una linea di tendenza,
raggiungendo importanti traguardi
in
vista di una sempre maggiore qualificazione dei nostri servizi per
l’infanzia.
* Si prega di citare la fonte BolognaNidi