Quando la pedagogia scivola


 


Cronaca Bambina 
Quando un mese fa nidi e scuole, chi prima chi dopo, hanno chiuso, non sapevamo praticamente nulla di quello che sarebbe successo. Non sapevamo quando, e se, sarebbero state riaperte le strutture, e del resto non lo sappiamo nemmeno oggi. Non sapevamo quanto sarebbe durata la quarantena, l'isolamento casalingo. 

Un mese fa non sapevamo ancora quanto fosse grave la situazione (in termini di morti e contagi). Insomma in sole 4 settimane il mondo ci appare molto diverso da come lo vedevamo allora. E in questa ignoranza, quando tante nostre certezze ci venivano sfilate da sotto i piedi, ci siamo trovati all'improvviso a fronteggiare una situazione eccezionale,  che non avevamo mai conosciuto prima. 
 
Di fronte all'ignoto   

In un mondo alla rovescia, in uno stato di reale emergenza, tanti nidi e scuole (tanti, non tutti)  hanno immediatamente tentato una risposta. Una risposta che è stata una corsa ai ripari. In tanti si sono chiesti: cosa facciamo? Come raggiungiamo i nostri bambini? E le loro famiglie? In tante domande confuse e sparse non pochi hanno sottolineato come i bambini sarebbero rimasti indietro... La soluzione avviata, dai più, è stata "collegare" i bambini alla rete.


I tempi delle risposte e la perdita di autorevolezza 

E' stata una reazione immediata forse più dettata dall'istinto che dai processi che la pedagogia insegna ad usare che sono la calma, il distacco, la pazienza e la costruzione di un progetto pedagogico... E in generale le risposte sono state dettate dal pensiero dominante che pervade la società degli adulti, che qui riassumo in due punti: primo non possiamo rimanere indietro, secondo la tecnologica consente di comunicare.  

Quando la pedagogia scivola 
La pedagogia è una materia che ho imparato a conoscere, un poco, e direttamente sul campo. Ogni volta che una brava maestra o un' educatrice, mi spiegavano come sono progettati i nidi, o le scuole d'infanzia, fin dalla disposizione dei materiali, non ho potuto fare a meno di ammirare questo sapere che insiste molto: sul mettere al centro il bambino, osservare con distacco, (senza giudicare) e dare priorità alle relazioni. Relazione sempre circolari.
I consigli che ho raccolto dalla pedagogia si basavano invece su altri tre pilastri: avere fiducia nelle capacità del bambino, avere rispetto dei loro tempi d'apprendimento e lasciarli far loro il più possibile da soli. Tutti questi principi, in questa folle corsa a risposte affrettate sono andate a gambe all'aria. 



Le risposte e i bambini
Le risposte pensate di fretta sono destinate a "morire" di morte propria. Nessun bambino è disposto a seguire un video poco interessante. Ma la domanda che  rimane centrale è: perché si accantona la pedagogia? E perché al centro del discorso non ci sono i bambini? Al centro vedo le esigenze degli adulti: del genitore che deve vedere educatori e insegnati lavorare (e non a rubare lo stipendio). Vedo le necessità del preside di dimostrare che si lavora nonostante tutto. Vedo ancora le necessità dei genitori (legittima) a "piazzare" i bebè di fronte allo schermo, senza sentirsi troppo in colpa, mentre fanno altro. Insomma vedo molte cose, molte relazioni, molte esigenze diverse ma vedo anche sparire il bambino  dietro gli adulti. Vedo anche uno scontro tra il sapere pedagogico e la società della fretta e dell'efficienza con cui dovremmo fare i conti con calma e molto ragionamento, perché così è il principio educativo che perde credibilità.