Riapertura servizi 06? Non chiamiamoli nidi e scuole d'infanzia


Cronaca Bambina 
Il governo ipotizza la riapertura di nidi e di scuole d'infanzia come luoghi di accoglienza. Aspettando il parere del comitato scientifico faccio alcune considerazioni.  



Gli intenti del governo

L'ipotesi di riapertura nidi e scuole d'infanzia è stata annuncia Conte alcuni giorni fa e la Ministra Azzolina indica come si sta ipotizzando la riapertura a piccoli gruppi: tra i tre e i sei bambini. Dove? Presso nidi, scuole d'infanzia o altre strutture pubbliche che potrebbero essere riadattate per accogliere i bambini. I genitori non potranno entrare in struttura per cui accompagneranno i bebè fino alla porta. Il personale che accoglierà i piccoli indosseranno la  mascherina. Per quello che si può capire fino ad ora non è detto che le educatrici o le maestre saranno quelle di riferimento a cui i bambini erano abituati prima del lockdown. La mascherina non sarà invece obbligatoria per i bambini.  

Un aiuto per i genitori

Un servizio di questo tipo non è un servizio educativo ma di sola cura. Una risposta alle necessità dei genitori che devono tornare al lavoro (magari entrambi) a cui non è possibile non rispondere. Ma un servizio, così organizzato, possiamo definirlo "l'ultima spiaggia". Adatto a chi non ha altra possibilità, a chi (e non sono pochi e sono anche probabilmente in aumento) ad esempio non riesce a garantire tutti i pasti della giornata ai loro figli. Ma questo problema non riguarda solo le famiglie con i bebè.  Insomma questa soluzione potrà aiutare qualcuno ma non è modo strategico, a mio parere,  per contenere in modo efficace le diseguaglianze sociali. Sarà un tampone per qualcuno.

E i bambini?

Ma i bambini piccoli, quelli fino ai sei anni, quelli per cui "l'abitudine è tutto", i patiti delle regole, degli orari fissi, della routine, come vivranno questi luoghi? Luoghi che non conoscono e non riconoscono? Come vivranno il fatto di incontrare persone che non conoscono o non riconoscono (sotto la mascherina)? Come vivranno la "stretta sorveglianza" (che ci dovrà essere) delle educatrici che vigileranno sullo scambio del gioco (magari passato di bocca in bocca)? Francamente credo male e mi auguro che i pedagogisti si facciano sentire. Potranno essere soluzioni di assistenza e di cura ma non altro. Perché se la socialità sarà vissuta, si tratta sempre di vivere alcune ora del giorno in una piccola comunità,  non sarà una socialità fluida, serena...Anzi!  E c'è da valutare se è peggio tenerli in casa o farli vivere la socialità in queste condizioni.   

Il personale?

Poi c'è da capire come tutelare il personale in una situazione potenzialmente molto a rischio di contagio. Le distanze non potranno essere rispettate e chi dice in contrario o mente, sapendo di mentire, o non sa cos'è un bambino. Come mantenere le distanze durante la pappa? O durante il cambio del pannolino? E durante momenti di attività ludiche? o durante la lettura dei libri? E se i bambini piangono disperatamente, fatto molto probabile sopratutto i primi giorni, come non prenderli in braccio? 
Se maestri e educatrici potranno indossare la mascherina, che pare tutelino i bambini non chi le indossa, quali altri dispositivi potranno avere a disposizione? 
Faranno continui tamponi tutti i giorni? Test sierologici? 
E chi vive con altre persone? Saranno ospitati e isolati in albergo o in appartamenti singoli? E in caso di malattia subentrerà un'altra educatrice? 

Chiudo con alcune considerazioni e molte domande
 
Primo: Non sarebbe meglio, per le necessità di lavoro, pensare ad una baby sitter almeno al momento? Almeno fino a che le cose non cambieranno o potremmo avere più dispositivi di sicurezza (più test. più tamponi, più mascherine..) Magari baby sitter formate e tutelate con contratti adatti?
Seconda: per i problemi economici, certo importantissimi, non ci sono altre tutele? Quelle che ci sono non bastano? E se non bastano perché? Non si potrebbero avviare anche bonus pasti? E infine cosa fanno in questa situazione i servizi sociali che (a mio sapere) non hanno mai chiuso. Perché non pensare di riorganizzare, ampliare, o coordinarsi con gli esperti del sociale?     


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