I nidi aziendali non sono una proposta. Lettera a Dacia Maraini

disegno bambini


 

Lettera Aperta 
 
Gentile Dacia Maraini,
La ringrazio per le belle parole che ieri ha scritto e sono state pubblicate sulle pagine del Corriere. La ringrazio come donna e come madre. 
Sono assolutamente d'accordo con quello che scrive e argomenta. Non fare figli è un nostro diritto e come tanto giustamente scrive non farli "quando il futuro lavorativo è incerto, è un segno di responsabilità, non di egoismo".
Però non sono però d'accordo con la sua proposta conclusiva quella di "obbligare per legge qualsiasi azienda, da quelle pubbliche a quelle private a fornirsi di asili nido. Non dovrebbero costare molto. Come ci sono le mense, dovrebbero esserci luoghi dove potere affidare i propri figli piccoli a qualcuno che li tenga occupati e al sicuro per qualche ora al giorno". 
Ci tengo a specificare perché non sono d'accordo di ampliare l'offerta dei nidi, che è una battaglia che porto avanti da oltre dieci anni.  
 
I nidi pubblici sono nati esattamente 50 anni fa, prima di allora c'erano gli Onmi (opera Nazionale maternità e Infanzia) e c'erano gli asili aziendali, non da per tutto, ma c'erano nelle fabbriche e nelle aziende più all'avanguardia. 
Destinati ai bebè dei dipendenti erano, e lo sono ancora oggi, molto comodi. 
Sono sotto l'ufficio e se il bebè si ammala, basta scendere un paio di rampe di scale e la mamma è già sul posto. 
Allora perché 50 anni fa le donne in parlamento hanno pensato e progettato in altro modello? Perché hanno preferito avviare nidi in seno ai comuni?
 
Perché il nido aziendale è un luogo più chiuso.
 
I figli dei dipendenti porterebbero la gerarchia dei genitori lavoratori anche in questo contesto. 
Faccio degli esempi: sarebbe tanto strano se il figlio del "capo" fosse trattato in modo diverso dai figli dell'operaio? Se tutto funziona bene in azienda questo non accadrebbe, certo, ma se il dirigente, o i dirigenti in quell'azienda fossero molto competitivi? E se l'azienda in questione avesse una forte struttura piramidale?     
E se la mamma-capo (o il papà-capo) si sentirebbe giudicata portando in questo spazio un lato della sua vita più intima? 
 
Faccio un altro esempio: se il nido aziendale fosse in ospedale  il bambino figlio di medici  frequenterebbe i figli di altri medici e/o infermieri. Molto probabilmente li frequenterebbe anche fuori dal nido, perché di norma questa categoria di lavoratori, per tanti motivi, tende a frequentarsi anche fuori dal lavoro. E il bambino avrebbe una visione degli "altri" molto più limitata.
 
Un altro motivo che mi fa sorgere un NO al nido aziendale è la distanza. Spesso mamma o papà lavorano lontani da casa ciò significa che il bambino invece di essere accompagnato al nido vicino a casa, è caricato in macchina e portato lontano dalla rete famigliare lontano dal parchetto di quartiere distante da possibili aiuti amicali o di vicinato (quelli che in questo periodo di chiusura si sono rivelati tanto importanti. 
 
Sembrano cavilli ma ci sono tanti studi che hanno dimostrato che più l'ambiente educativo è aperto al mondo, meglio è per il bambino. 
E da zero a tre anni la mente del bambino è (mi passi il termine) molto aperta, accoglie tutto e tutto ciò che gli viene proposto è ben accolto, perché non conosce preconcetti. 
Togliere al bambino l'opportunità di trovarsi in un contesto educativo e sociale molto aperto e molto allargato non è cosa da poco.
 
Il nido è il debutto in società e ci vorrebbe molta attenzione ad un equilibrio tra apertura sociale e continuità sociale. E poi andare al nido oggi non è più andare a passare un po' di tempo mentre mamma e papà son via, quello lo offrivano i vecchi nidi aziendali, entrare in un nido comunale è tutta un'altra esperienza è luogo altamente educativo che restituisce la bebè tantissimo.
   
Infine  c'è un'altra questione ancor più scivolosa, difficile da generalizzare, ma comunque da tenere ben presente. Una questione che in vero che non riguarda solo il nidi aziendali ma i nidi gestiti dai privati. 

I soggetti privati, non sempre sia chiaro ce ne sono anche di molto seri, ma sono tanti quelli che pagano poco i dipendenti, (per intenderci anche 800 euro al mese) e garantiscono pochissime tutele, quindi contratti a breve termine, a singhiozzo senza rendere ai lavoratori la serenità e la sicurezza che consente una donna di fare scelte serene rispetto alla maternità ... 
 
E qui il cerchio si chiude. 
 
Rilancio un'alternativa alla sua proposta: sarebbe interessante incentivare a aziende a "comprare dei posti al nido" nei nidi comunali già esistenti, e in caso non ce ne fossero, ampliare la rete, in una formula di welfare circolare dove pubblico e privato si danno una mano. 
Pubblico significa apertura, controllo e i nidi pubblici hanno dimostrato, in 50 anni di lavoro, di essere davvero garanzia di qualità: sfruttiamola e allarghiamola! Esistono già aziende che lo fanno, è solo un'idea da estendere, o come scrive lei da rendere obbligatoria.   
 
Grazie 
 
Laura Branca