Pillole di integrazione: la lingua

ritratto Costanza Marri

 

 

Crescere in città 

Il mio primo vero incontro ravvicinato con lo straniero risale ai tempi del nido: uno dei tanti motivi per cui devo ringraziare i nidi. Al nido tutte le mamme sono mamme, con o senza velo, di carnagione bianco latte o nera, con il tacco 12 o con le infradito: tutte condividono gli stessi problemi, le stesse ansie, lo stesso infinito amore per la loro creatura.

Al nido i migliori amici  di mio figlio si chiamavano Adam, Ajub e Ayan; al nido ho scoperto che le bambole possono avere la pelle rosa, nera o gialla e un po’ per caso mi sono trovata a chiacchierare di svezzamento e figli con  F. mamma di A. all'uscita dal nido. 

Al nido ho sentito un'educatrice "sgridare" bonariamente una mamma straniera che tentava di parlare a suo figlio in italiano. "L'italiano glielo insegniamo noi. Non ti preoccupare. Tu devi parlargli nella tua lingua. Si chiama lingua madre proprio per questo motivo". Ho immaginato la preoccupazione della mamma che vuole che il figlio sia integrato da subito e fa lo sforzo di parlargli in una lingua non sua (ovvero l'italiano, con le sue mille regole, eccezioni e coniugazioni) e poi il sollievo che deve  averle procurato quella bravissima educatrice, evidentemente preparata e  formata. 

La lingua a scuola

Alla scuola d'infanzia ricordo un papà che in un italiano incerto ma deciso è intervenuto con coraggio ad una riunione chiedendo quando avrebbero iniziato a insegnare l'alfabeto italiano a sua figlia. Era del Bangladesh, dove non solo le lettere, ma persino i numeri sono diversi dai nostri. Ho compreso ancor meglio quanto la lingua sia una priorità per i papà e le mamme straniere. Loro sanno cosa significa non riuscire a esprimersi correttamente. 

In passato - lo confesso- mi sono trovata d'accordo con chi accusava alcuni stranieri di non impegnarsi a sufficienza nello studio  dell'italiano. Poi ho cominciato a dover utilizzare massicciamente il mio inglese scolastico arrugginito sul lavoro. E sono partita con i buoni propositi: farò un corso, guarderò i film in inglese, scaricherò la app, seguirò lo youtuber ecc. Tutti propositi che si sono irrimediabilmente infranti nel tritatutto h24 lavoro, bambini, casa. E poi io pretenderei che una mamma straniera con il marito che lavora di notte per portare a casa uno stipendio dignitoso e 2-3 bambini da gestire, e la casa e la spesa e le bollette e il lavoretto per arrotondare ecc. trovi il tempo e l'energia fisica e mentale per imparare l'italiano? Ma in quale film, scusate?


Eppure la lingua è davvero la base per l'integrazione.

E a scuola me ne sono resa conto quando ho notato la difficoltà dei genitori stranieri a leggere gli avvisi a scuola, a seguire le riunioni, a fare due chiacchiere all'uscita. Quando ho realizzato che nei gruppi whatsapp e nelle mailing list di classe le mamme straniere o non ci sono o non rispondono o "la mail torna indietro"

Lo ho immaginato quando alla scuola primaria mi hanno presentato per la prima volta la nuova pagella con i suoi "nuclei tematici" e "giudizi descrittivi" e "dimensioni dell'apprendimento". So di essere politicamente scorretta, ma mi viene da dire che i voti 10, 9 e 8 erano più comprensibili e democratici (oltre che forse, nell'anno del covid, mi sarei risparmiata di rivoluzionare il sistema di valutazione della scuola primaria, diciamo che avrei dato priorità ad altro, ecco).

E, ancora sul tema della lingua, ho assistito a situazioni in cui ho osservato l'importanza delle sfumature della lingua italiana. 

Scena a scuola

Bambino riconsegnato alla mamma con evidente fasciatura alla mano. Mamma che chiede senza tanti preamboli "Cosa è successo?". E maestra che risponde: "È caduto e lo abbiamo fasciato. Capita, mamma". Fine. Mamma insoddisfatta che riporta il bimbo a casa.

Mi sono immaginata la stessa scena con me al posto della mamma straniera. "Ciao, come state? Come è andata oggi? Cosa è successo alla tua mano, Anna?". E la maestra che mi risponde: "Guarda, nulla di che. Ti racconterà Anna. È caduta mentre giocava e abbiamo preferito fasciarla perché non si sporcasse la ferita". Stesse informazioni, ma utilizzando tutte le sfumature che ci offre la lingua italiana. E io che riporto soddisfatta la mia bambina a casa. 

Ma...riavvolgiamo il nastro. E se avessi dovuto chiedere la stessa cosa in inglese? Avrei cercato di condensare il concetto, eliminando le parole che non conosco e le costruzioni difficili; concentrata sul concetto, avrei probabilmente dimenticato le frasi di cortesia e alla fine avrei chiesto "Cosa è successo?". La maestra, sapendo che non padroneggio la lingua, avrebbe risposto con una frase semplice e diretta. E io sarei rimasta dubbiosa e insoddisfatta. Vedi sopra.

E allora. E allora tiro le somme e propongo alcune pillole, che non hanno la pretesa di risolvere i problemi, ma che forse possono dare un contributo pratico, con lo sguardo della mamma. 

Innanzitutto scuola inclusiva.

Perché è dai bambini e dalle famiglie che nasce l'integrazione. Il nido è stata un'esperienza folgorante e decisiva per me. Tutti gli ordini di scuola in tutto il Paese devono essere parte attiva di una vera integrazione.

Poi tanta attenzione. Mi limito al tema linguistico.

Attenzione da parte delle istituzioni per garantire piena comprensione da parte di tutti. 

(Carissimi di Scuole online, sono sempre io, la vostra profonda ammiratrice. Oltre alla modifica dei codici fiscali, in modo da non doverli ri-digitare ogni volta, potreste pensare a fare la versione inglese del vostro efficientissimo portale, per permettere a tutti di iscriversi al nido, alla scuola dell'infanzia, al centro estivo, alla mensa, anche senza padroneggiare la lingua italiana perfettamente?).

Traduciamo le pagelle? Formiamo continuamente gli insegnanti per prepararli adeguatamente ad una società in continua evoluzione?

Attenzione da parte degli insegnanti: Proviamo a tradurre tutti gli avvisi in inglese? Ci accertiamo che nessuno resti indietro?

Attenzione da parte di noi genitori: Proviamo  a tradurre i verbali delle riunioni e le mail in inglese? Proviamo a verificare che mail e numeri di telefono attivi siano inseriti nelle nostre mailing list e gruppi WhatsApp?

E...proviamo a capire perché spesso alle festicciole di compleanno mancano i bimbi stranieri? Non è arrivato l'invito? Non è stato compreso? O c'è la paura di dover spendere soldi in regali costosi e inutili?

E ancora...proviamo tutti a metterci in ascolto? A fare due chiacchiere, a sforzarci di capire e far capire. Magari è la volta buona che la mamma di L. mi insegna l'inglese mentre lei impara l'italiano.


Costanza Marri