Pena ridotta all'educatrice di nido. Parola all'avvocata Zanetti




Parola a...

Il Tribunale di Como aveva condannato l’educatrice Maria Grazia Viganò a quattro anni, più di quelli chiesti dall’accusa. In Appello, la sentenza è stata riformata, sono state concesse alla donna le attenuanti generiche e la condanna è di un anno e otto mesi, pena sospesa. I riflettori si erano accesi sul caso lo scorso anno e poi si sono spenti lasciando la notizia di processi e condanne ai giornali locali. Oggi incontro l’avvocata difensore Livia Zanetti per farmi raccontare la vicenda dal suo punto di vista. 

Ci racconta la notizia dal suo punto di vista?

La mia cliente stava attraversando un periodo molto difficile, di forte stress, per problemi famigliari. Ha avuto comportamenti certo inappropriati diciamo “sopra le righe” sopratutto rispetto al suo ruolo professionale ma non si tratta di comportamenti violenti.

Che tipo di comportamenti allora?

Strattonamenti, perdita della calma ingiustificata, urla... Nei filmati, ripresi da telecamere nascoste e installate dalle forze dell’ordine, si possono vedere anche tanti altri comportamenti gentili, affettuosi ma di questi non si è tenuto conto.

Quindi secondo lei è "innocente"?

Non ho detto questo. E’ stata lei la prima ad ammettere di aver sbagliato, di aver esagerato. Ma un conto è giudicare una persona per comportamenti non consoni, o eccessivi, un conto è dipingerla come un mostro e condannarla con una pena tanto severa.

Oltre al “caso” che idea si è fatto della signora Viganò come educatrice?

Quasi 40 anni di attività alle spalle e una grande passione per il lavoro. Ha conservato tanti messaggi e disegni di stima e affetto donati dai bambini che dalle famiglie che le dichiaravano stima, gratitudine, affetto.

E il datore di lavoro come l’aveva valutata?

Ho le sue schede e sono tutte molto positive, vicine al 10, che è il massimo del punteggio.

Come mai è potuto succedere questo secondo lei?

Credo davvero che la mia cliente abbia sottovalutato il forte stress emotivo che stava vivendo e abbia in qualche modo sopravalutato con le sue capacità di resistenza “tanto ce la faccio”. Tipico atteggiamento di chi ha un grande senso del dovere.

L’ultima sentenza che ha ridotto la pena è stata commentata positivamente anche dalla parte avversa. Quindi la prima sentenza era troppo severa?

Certo, io sono l’avvocato della difesa ma anche altri colleghi hanno giudicato troppo severa la prima pena. Del resto la Signora Viganò ha subito un processo mediatico davvero insostenibile. Non credo che supererà la cosa.

E’ la prima volta che le capita di difendere un’educatrice di nido?

Si, è la prima volta che mi occupo di questi servizi.

Che idea si è fatta di questo lavoro? 

Penso che le educatrici siano un po’ abbandonate a loro stesse. Sono tra l’incudine e il martello, cioè tra le esigenze dei bambini e le richieste dei genitori, sopratutto rispetto alla pappa e il sonno. I genitori chiedono che dormano e mangino e i bambini spesso non vogliono. Quando mamma e papà vanno a riprenderli però vogliono sentirsi dire che hanno dormito e mangiato… Ma c’è anche altro.

Cosa?

Come ho ribadito lungo tutto il processo anche il datore di lavoro, in questo caso il comune, ha delle responsabilità, se non penali, almeno civili.

Perché ci spiega meglio?

Perché è venuto a mancare un supporto reale, una formazione, un percorso, delle visite psicologiche di supporto. Queste donne svolgono un lavoro difficilissimo e molto delicato. Il comune oltre ad una riunione una volta al mese, in cui educatrici e amministratori facevano il punto della situazione non hanno fatto. L’invito generico era “se avete problemi potete rivolgervi a noi” Ma dove? Come? Un invito che per chi sta attraversando un momento difficile e di confusione, non può bastare. Forse sarebbe utile uno sportello di ascolto costante sempre aperto. 

Laura Branca