Quel SACROSANTO diritto di sciopero

 



Crescere in città Mentre sto scrivendo è il 18 ottobre, la scuola è iniziata da 5 settimane, con un pizzico di orgoglio al mio attivo conto già 1 giorno e mezzo di chiusura per seggi elettorali con conseguente allungamento del ponte del Santo Patrono, 2 quarantene e 1 settimana di DAD per caso positivo in 2 classi,  3 tamponi. Come tutti, in questi tempi di pandemia, siamo abituati a considerare ogni settimana di scuola che riusciamo a concludere indenni un piccolo grande successo: dai, è venerdì, ce l’abbiamo fatta anche stavolta (pollici alzati e sorrisi di soddisfazione dietro la mascherina). Tra gli ostacoli di questa maratona dobbiamo aggiungere anche 4 scioperi. Il primo fin dal primo giorno subito, 13 settembre, abbiamo continuato il 27, poi l’11 ottobre e infine l’astensione continuata programmata tra il 15 e il 20 ottobre. 4 scioperi in 5 settimane: non male.

Non entro nel merito delle motivazioni degli scioperi, perché ognuno ha la sua idea e con i diritti dei lavoratori non si scherza. Da mamma mi permetto di osservare però alcune cose.

Scuola pubblica

Nella scuola pubblica gli scioperi si sono sempre fatti, sarebbe interessante discutere sul perché nella scuola privata non se ne fanno, ma entrerei in un ginepraio in cui, come lavoratrice del settore privato (non scolastico), non sarei obiettiva. Lo sciopero nella scuola pubblica è un dato di fatto. Punto.

Informazione e anticipo

Negli anni passati ho sempre avuto la fortuna di incontrare insegnanti che in un qualche modo, con molta correttezza, informavano le famiglie con 1-2 giorni di anticipo dell’intenzione o meno di fare sciopero. Ricordo situazioni in cui mi sono trovata solidale con le maestre della scuola d’infanzia che mi dicevano “Costanza, sai che di solito non scioperiamo, ma questa volta aderiamo tutte, questa situazione non può andare avanti”. Capivo il loro sconforto e affrontavo il disagio della scuola chiusa con consapevolezza, ma anche con la serenità di chi si è potuto organizzare con 24-48 ore di anticipo per dare una sistemazione al figlio/a coinvolto/a.

Invito alla verifica

E invece quest’anno mi sono trovata a ricevere comunicazioni (o meglio non-comunicazioni) in cui venivo cortesemente invitata a presentarmi la mattina dello sciopero e a verificare se 1) fosse presente l’insegnante 2) se la scuola fosse stata aperta o se il collaboratore con le chiavi della scuola avesse aderito allo sciopero. A nulla è valso chiedere: Scusate, quindi basta che il collaboratore “mastro di chiavi” non si presenti e tutti (personale e studenti) tornano a casa? La risposta non è arrivata. Tutti però (insegnanti e, a sorpresa, alcuni genitori) si sono trovati pronti a difendere l’inviolabile diritto di sciopero.

I motivo dello sciopero…

Siamo onesti: io non credo che dare una mano alle famiglie comunicando un giorno prima se l’insegnante sarà presente o meno e se la scuola sarà aperta o meno intacchi il sacrosanto diritto di sciopero. Non state scioperando contro di me. Anzi, mi illudo che stiate scioperando per me, ovvero per i miei figli, perché possano frequentare una scuola migliore. Il disservizio, che lo sciopero crea inevitabilmente, me lo create anche se devo chiamare la nonna o la baby sitter la sera prima. Ma se la mattina dello sciopero scopro che mi devo riportare a casa mio figlio/a e che a cascata devo avvertire il mio datore di lavoro, il quale apprenderà senza alcun preavviso che non posso partecipare alla riunione, non posso lavorare a quella pratica urgente, devo rimandare la call fissata da una settimana, quello che mi provocate è una grandissima rabbia. E se anche avete le migliori motivazioni per scioperare, non potrò essere solidale con voi, perché penserò che avete sbagliato mira, che il vostro obiettivo dovrebbero essere il Ministro o il Presidente del Consiglio o l’ufficio scolastico provinciale. Non io, non la mia famiglia, non gli studenti, non le loro famiglie.

Ai sindacati

E poi permettetemi di rivolgermi ai sindacati. Il vostro lavoro e il vostro impegno hanno costruito e difeso i diritti dei lavoratori nel corso della storia e meritano rispetto e gratitudine. Ora però vi chiedo se dopo due anni di pandemia, con effetti davvero drammatici per la scuola, non sia il caso di interrogarsi sullo sciopero come modalità di protesta nel settore scuola. Perché lo sciopero va a colpire proprio i ragazzi, quelli che più hanno sofferto la chiusura prolungata del 2020 e il ricorso massiccio alla DAD del 2020-2021.

Vi chiedo se possono esserci forme alternative e magari creative di difendere i diritti e le istanze dei lavoratori della scuola, senza che vengano sacrificati studenti e famiglie. Forse potrebbe essere un’opportunità per stringere un’alleanza con le famiglie che - ne sono certa- potrebbe portare buoni frutti… senza sminuire quel sacrosanto diritto di sciopero.


Costanza Marri