Anche gli uomini...educano
A metà degli anni ottanta entrai per la prima volta come psicomotricista in un nido della provincia di Milano.
Ricordo bene gli sguardi delle educatrici, incuriosite alcune, altre un po’ perplesse rispetto ad una presenza maschile che avrebbe condiviso con loro per una volta alla settimana una parte della giornata educativa e quindi la cura di bambine e bambini piccoli.
Il tempo e clima culturale
Gli anni sono passati, il clima culturale appare diverso ma la presenza di educatori di sesso maschile è al momento ancora esigua; è sufficiente dare uno sguardo al numero molto limitato di giovani uomini che frequentano all’università scienza dell’educazione e della formazione, una realtà che trova origine negli anni che precedono la scelta della facoltà.
Proviamo a chiederci quali significati possa assumere la presenza maschile nei servizi per la prima infanzia nei confronti dei bambini, dei genitori, del gruppo educativo; cominciamo ascoltando e osservando quello che i bambini dicono e fanno quando al nido e alla scuola dell’infanzia entrano in contatto con una figura maschile.
L'interesse delle bambine e dei bambini
Nella grande maggioranza dei casi i piccoli mostrano molto interesse nei confronti di queste figure, si tratti dell’operatore di psicomotricità o di teatro, del cuoco, del papà che trascorre qualche ora all’interno dei servizi o del nonno che si cura dell’orto.
I bambini amano le diversità, la pluralità dei rapporti, sono curiosi e apprendono per differenze, contrasti e confronti – duro/morbido, alto/basso, aperto/chiuso, chiaro/scuro, - e anche per questo appaiono attratti dalla differenza, palpabile e visibile, tra maschi e femmine.
Inoltre, come si sa, bambine e bambini sono grandi osservatori e quindi capaci di cogliere le modalità dei rapporti tra i sessi.
Gli uomini danno la possibilità ai bambini di conoscere - all’interno di una situazione di cura e di gioco in una comunità educativa - un modo di vedere e di agire in parte specifico e complementare rispetto a quello delle figure femminili; la loro presenza di educatori può così arricchire di significati la vita quotidiana dei piccoli.
I gesti maschili
In articolo del marzo 2010 della rivista “Bambini” Laura Malavasi, prendendo spunto dal racconto di alcuni educatori, si interrogava sul significato della loro presenza nei nidi e nella scuola d’infanzia, mettendo in rilievo – tra le altre riflessioni - il fatto che un uomo possa offrire ai piccoli gesti differenti.
È ancora diffusa l’idea che gli uomini abbiano difficoltà a lavorare nei servizi per la prima infanzia, perché nella loro storia non c’è dimestichezza con il mondo della cura.
Occorre prima di tutto rifuggire dalle generalizzazioni, perché rischiamo così di dimenticarci delle persone, degli individui, portatori di una storia e di un vissuto non assimilabili ad una classificazione spersonalizzante; inoltre anche gli uomini sono stati bambini, nel loro corpo è inscritta una memoria di un tempo e di uno spazio di cura, da cui si può ripescare e trovare alimento per potersi avvicinare al mondo dell’infanzia, certamente anche attraverso un impegnativo lavoro su di sé.
E soprattutto parlano le esperienze degli uomini che lavorano nei servizi per la prima infanzia, come ci ha ricordato Francesco Princigalli in La cura non conoscere distinzioni di sesso, la disponibilità e la competenza nel prendersi cura di un bambino piccolo non appartiene esclusivamente al genere femminile.
La presenza degli uomini nella vita dei piccoli contribuisce alla costruzione della loro identità perché amplia le possibilità dell’universo sensoriale, psichico ed affettivo del bambino rendendolo più ricco.
Per il gruppo educativo una maggiore articolazione di pratiche e punti di vista rappresenta una grande opportunità rispetto alle pratiche osservative e alla rilettura dei vissuti dei bambini.
Mettere in discussione i luoghi comuni
La presenza di educatori maschi può mettere in discussione luoghi comuni da tempo consolidati, che vedono l’asilo nido come ambiente di stretta pertinenza femminile e la cura nei servizi come naturale estensione della cura materna.
Sarebbe bello ed importante leggere ed ascoltare dagli educatori e dalle educatrici esperienze, emozioni, riflessioni per continuare a tener viva la possibilità di un ampliamento della presenza maschile nei servizi per la prima infanzia.
Giulio Reggio