Parità di genere o parità di genitore?

 


Crescere in città...

Una stanza tutta per sé e una rendita da 500 sterline: per Virginia Woolf queste erano le condizioni minime affinché una donna potesse fare la scrittrice al pari degli uomini. Nel suo saggio “Una stanza tutta per sé”, uscito nel 1928, quando in Inghilterra le donne potevano “già” votare (in Italia avremmo aspettato fino al 1946),   Woolf ripercorre con erudizione e precisione la storia della letteratura femminile inglese e tuttavia pone al centro questioni molto pratiche: spazi adeguati e denaro, prima di tutto e poi anche istruzione, numero di figli non troppo elevato, ecc.

È passato un secolo e tante cose sono cambiate in meglio per fortuna, eppure il dibattito sulla parità di genere ancora impazza e in tanti esprimono intelligentissime e brillantissime opinioni  o ipotesi di soluzioni.


Come sempre, il problema è complesso e le soluzioni sono giocoforza complesse, ma la mia vocetta di mamma con retropensiero femminista un po' tagliente e molto di parte mi spinge a stilare un elenco di questioni molto pratiche che a mio modo di vedere ostacolano ancora la vera parità di genere.

Premessa

A mio parere la parità di genere si gioca molto sulle pari opportunità per chi accudisce figli e per chi non li accudisce. Mi spiego: per la mia (non statisticamente rilevante) esperienza, le donne non hanno pari opportunità in quanto donne, ma in quanto mamme (reali o potenziali). E allora invece che di parità di genere preferisco parlare di parità di gen...itori. E per la mia esperienza le questioni sul tavolo sono molto pratiche e hanno conseguenze dirette sui diritti non solo delle mamme (e dei papà), ma anche dei bambini.  Provo a fare una lista.

Primo punto: il tempo 

Una mamma ha diritto di stare a casa nei primi mesi di vita del bambino e un bambino ha bisogno di stare con la sua mamma. Gli strumenti del congedo parentale obbligatorio e facoltativo non tutelano tutte le categorie di lavoratrici: le libere professioniste e tutte le infinite sfumature contrattuali esistenti che non ricadono nei contratti collettivi, non ne hanno diritto o hanno diritti molto limitati.

Secondo punto: la cura 

I bambini nei primi anni di vita si ammalano tanto e hanno bisogno di qualcuno che li accudisca se non possono andare al nido o a scuola. Ma i genitori nella migliore delle ipotesi hanno diritto ad assentarsi un numero sempre insufficiente di giorni dal lavoro senza essere retribuiti.

Terzo punto: il tempo del lavoro 

I bambini hanno bisogno di essere accompagnati alle visite mediche, fa parte dei doveri di mamma e papà, ma i genitori devono consumare ferie e permessi (sempre se il loro contratto lo prevede): sia che tu sia un giovane rampante sia che tu mantenga 4 figli hai lo stesso numero di ore di ferie e permessi.

Quarto punto: il tempo di nidi e scuola 

Nidi e scuole di ogni ordine e grado ad un certo orario chiudono e i bambini hanno bisogno di qualcuno che li vada a prendere, a cui raccontare la propria giornata, hanno bisogno di rilassarsi nella loro casa. Ma gli orari lavorativi difficilmente si conciliano con gli orari di nidi e scuole.

Quinto punto: Il tempo dell'estate

Legato al punto precedente: la gestione dell'estate è il peggior incubo di ogni famiglia: non mi stanco di ripeterlo, in quei 3 mesi e mezzo in cui uffici e fabbriche lavorano a pieno regime e le scuole sono chiuse, la vera parità è o le scuole stanno aperte o mi dai la possibilità di stare a casa. Punto.

Sesto punto: i genitori in azienda

La possibilità di ricorrere al part time dovrebbe essere garantita a tutti i genitori che lo desiderano, per facilitare l’organizzazione familiare e la cura dei piccoli. Ma un lavoratore part-time comporta una maggiore tassazione per le aziende (2 part time costano più di un full time) e sono previsti tetti massimi per il numero di part time concessi nella stessa azienda

Settimo punto: lo stato non fa abbastanza

I bambini crescono, cambiano taglie di vestiti e numeri di scarpe, hanno bisogno di fare sport e leggere libri, devono poter viaggiare ed entrare nei musei, fanno gite e laboratori con la scuola, hanno diritto di andare in vacanza con la famiglia; una famiglia man mano che aumenta il numero di figli ha necessità di una casa sufficientemente grande, dove ognuno abbia un posto in cui studiare e dove i piumoni invernali, gli scarponi da montagna e i libri di scuola di ogni componente abbiano una sistemazione adeguata. Gli assegni familiari, le detrazioni fiscali e le scontistiche attuali sono ampiamente insufficienti per coprire queste necessità.

Un futuro di pari opportunità

Io sogno un futuro di pari opportunità in cui i datori di lavoro hanno incentivi se assumono genitori e hanno degli sgravi fiscali se le lavoratrici diventano mamme e se i genitori chiedono il part-time; sogno un mondo in cui non sono obbligatori solo i corsi sulla sicurezza e sulla protezione dei dati personali, ma anche sulla conciliazione famiglia-lavoro o su come valorizzare le capacità e le potenzialità di una mamma lavoratrice. Sogno aziende, nidi e scuole con baby sitter condivise nel caso in cui i bambini si ammalino. Auspico uno Stato che dia aiuti concreti a tutte le famiglie, e non solo, come è doveroso, a quelle più povere. Spero in definitiva che quella straordinaria avventura dell’accudimento e dell’educazione dei figli non sia più soltanto un fatto privato, ma un diritto-dovere condiviso da tutta la comunità.   

E questo forse non solo garantirebbe le pari opportunità, ma potrebbe aiutare a risolvere anche il problema del calo demografico nel nostro paese sempre più vecchio.

 

Costanza Marri