Quote rosa? MANCO PE’ NNIENTE!

 


Lavorare riposa...
 
Siete stanchi di sentire parlare solo di discriminazione ai danni del genere femminile? 
Allora potrebbe voler dire che lavorate nel mondo dell’educazione/istruzione, o avete figli in età scolare o, come noi, avete semplicemente a cuore l’educazione e l’istruzione delle nuove generazioni.

In questi ambiti sembrerebbe che le donne la facciano da padrone e che questo sia l’unico settore in Italia in cui non soltanto esse non subiscono disparità di trattamento, ma sono addirittura avvantaggiate rispetto agli uomini.

Ebbene, è proprio così?

"Femminilizzazione"

Chiaramente non possiamo fare l’excursus storico del fenomeno della “femminilizzazione” nel mondo della scuola, ma possiamo certamente affermare che il fatto che la stragrande maggioranza del personale scolastico, anche a livelli apicali, sia di genere femminile, qualche riflessione, anche rivolta al passato, dovrebbe indurci a farla.

Continuare a parlarne, confrontarsi e ragionarci di continuo è indispensabile, perché troppe sono le implicazioni e i sottotesti di questa “femminilizzazione”.

In genere le donne sono maggiormente scolarizzate e più altamente qualificate ma questo comunque non consente loro di accedere più agevolmente a posizioni di potere o di dirigenza. L’insegnamento resta di gran lunga tra le professioni che maggiormente permettono di conciliare i tempi lavorativi con quelli familiari e, per tradizione decennale, anche quella che sembra modellarsi meglio addosso al genere femminile, geneticamente meglio attrezzato per la cura e l’accudimento.

Tant’è che le donne abbondano nei nidi, nelle scuole dell’infanzia, nella scuola primaria e nella secondaria di primo grado. Sono comunque la maggioranza nella secondaria di secondo grado ma misteriosamente scompaiono all’Università, dove consolidatissime posizioni si trasmettono senza soluzione di continuità da un Barone all’altro.

Uomini, donne e tempo lavoro

Gli uomini tendenzialmente preferiscono professioni maggiormente remunerative mentre le donne di solito “si accontentano” di una retribuzione più bassa se questa deriva da un lavoro che non comporti lo svilimento della loro qualità di madre in termini di tempo e di organizzazione familiare (sebbene, ci sia da dire che un insegnante mediamente lavora molto di più delle ore previste per il rapporto frontale con i suoi studenti e questo - con specifico riferimento alle insegnanti madri - in tempi di lockdown e restrizioni varie, è un dato balzato prepotentemente anche agli occhi di coloro che guardano agli insegnanti come a una casta di privilegiati che lavora solo al mattino e fa tre mesi di ferie l’anno!). 

Educazione e istruzione  

Ma visto che abbiamo esordito dicendo che abbiamo a cuore l’eduzione e l’istruzione, è evidente che dobbiamo evidenziare, sia pure sommariamente, gli enormi svantaggi che la carenza di figure maschili determina nel complessivo sistema dell’istruzione italiana.

La mancanza di uomini comporta un innegabile impoverimento per la crescita dei maschi, privati di una figura con cui identificarsi, nonché per quella delle femmine, a loro volta private di un modello con il quale confrontarsi. Per non parlare del fatto che la quasi assenza di uomini nelle scuole è anche altamente demotivante per tutti coloro che intendono intraprendere il percorso dell’insegnamento, percepito come esclusivamente femminile.

Parità di genere  

Ebbene, nel contesto appena delineato, mi domando se non sia opportuno introdurre nel sistema scolastico il tema delle quote minime di genere.

Non quelle rosa, ovviamente!

Parliamo di quote azzurre, personale minimo maschile, obbligatoriamente previsto nell’organico scolastico.

Non ci sfugge che si tratta di una suggestione provocatoria: certamente non si può pretendere la parità al ribasso e le condizioni di insegnamento, culturali ed economiche, dovrebbero essere radicalmente innovate prima di introdurre una simile imposizione.

Ma è evidente che il tema è indifferibile, se si vuole veramente realizzare una condizione di parità di genere ANCHE nel delicatissimo settore dell’educazione e istruzione.

Ci vogliono confronto, progetti e investimenti che passino attraverso una formalizzazione di sostanza, e non solo di intenti.

Certamente, rimaneggiare continuamente e timidamente le norme attuali non aiuta.

Ridurre il divario di genere nei luoghi di lavoro

Infatti, a questo proposito, non possiamo non soffermarci sulla entrata in vigore, proprio oggi, della nuova legge pomposamente definita come lo strumento per il rafforzamento della tutela delle pari opportunità tra uomo e donna nel mondo del lavoro, la Legge n. 162/2021, che apporta alcune modifiche al cd. Codice delle Pari Opportunità (D.Lgs. n. 198/2006) ed introduce la “certificazione” e un connesso sistema premiale (esonero contributivo) per le aziende virtuose che adottano misure concrete per ridurre il divario di genere nei luoghi di lavoro.

Una norma che, pur pervasa di buoni propositi, in nessun modo innova il desolante panorama normativo che disciplina la scuola che dovrà, quindi aspettare, ancora una volta, l’ennesima riforma, magari promossa da un Ministro!

 

Caterina Burgisano