Aria aperta al tempo del covid

 


Crescere in città...
Ho avuto il privilegio di fare una breve vacanza in Val d'Orcia. Si camminava per ore senza incrociare nessuno, mentre lo sguardo abbracciava una distesa di colline ricoperte da uliveti e vigneti. Un'economia basata su vino, olio, un po' di turismo. Niente fabbriche, niente colate di cemento, tante strade non asfaltate e i negozi chiusi la domenica. È stato come un viaggio nel tempo, l'Italia doveva essere tutta così all'incirca 100 anni fa.

Con sorpresa ho notato che i ragazzi (i nostri figli e quelli di amici, un allegro e confusionario sestetto tra 6 e 12 anni) camminavano volentieri e dimenticavano il telefono a casa o nello zaino. Aria aperta batte tecnologia 1 a 0. Evviva! 

E poi...

Una sera mio figlio non riusciva a prendere sonno pensando al rientro a scuola: io non ce la faccio, mamma, mi diceva singhiozzando nel buio quando fratelli e amici dormivano già. E non era il capriccio di un ragazzino che non aveva fatto i compiti, ve lo assicuro. 

Quella sera, in quella specie di eremo che era la nostra casa delle vacanze, ho pensato alle nostre scuole senza giardini, alle ricreazioni a tempo e a turno, ai banchi distanziati e ai volti coperti con la mascherina.

Ho compreso quanto la vita all'aria aperta sia più umana e quanto sia essenziale per i nostri figli, soprattutto in questi tempi difficili.

Ho pensato che le scuole si sono preoccupate di fare mille regole per igiene e distanziamento, ma hanno dimenticato una cosa fondamentale: lasciare del tempo ai ragazzi per stare fuori, vedere il cielo, toccare la terra,  respirare, correre, giocare. Paradossalmente le finestre delle aule sono sempre aperte, ma i ragazzi sono sempre chiusi. Nessuno ha pensato a compensare almeno in parte i sacrifici che stiamo chiedendo ai nostri figli. 

Mi si obietterà che gli spazi non lo consentono, che ci sono problemi di responsabilità e coperture assicurative, nonché orari scolastici e programmi ministeriali da rispettare.

Io dico che se c'è la volontà tutto si può fare.

Che si possono organizzare lezioni in cortile,  pic nic al parco e passeggiate per la città. Che occorre sfruttare e valorizzare ogni metro quadrato di spazio esterno in ogni scuola, utilizzare spazi pubblici e fare convenzioni con privati. Che letteratura e geometria possono anche aspettare o possono essere studiate misurando un cortile o leggendo una poesia sotto un albero.

Ribatto che le LIM in ogni aula saranno certamente utilissime, ma che sono diventate un'ottima scusa per guardare video e film invece di uscire. 

Che ne è stato dell'outdoor education? 

Qualche anno fa il Comune di Bologna organizzò corsi e fece dell'"outdoor education" una bandiera. In ogni nido e in ogni scuola dell'infanzia c'erano distese di stivaletti da pioggia e tronchi di legno e sabbiere al posto di scivoli e altalene. 

Oggi nelle scuole primarie e secondarie, che accolgono gli stessi  bambini che allora erano al nido e alla scuola d'infanzia, eccezion fatta per poche scuole che godono di una felice posizione e/o di un'utenza "up", non trovo quasi nulla che valorizzi l'educazione all'aperto. 

Io credo che anche questa sia l'ennesima occasione persa del covid. E un'ulteriore mancanza che potranno rinfacciarci i nostri figli.



Costanza Marri