Emozioni, relazioni, narrazioni in famiglia

 


Anche gli uomini....educano

Ricordo un incontro di qualche tempo fa con i genitori in una scuola dell’infanzia, il tema è quello dell’educazione emotiva; tra i presenti rilevo con piacere che ci sono molti papà, uno dei quali chiede quale ruolo può assumere il padre in merito all’argomento della serata.

Tracce di differenze di genere

È una domanda alla quale non è facile rispondere, perché l’attenzione e la cura dell’educazione emotiva dei figli sono compito di entrambi i genitori che mettono in gioco la propria diversa sensibilità.

D’altro canto però l’educazione ricevuta da madri e padri nella prima infanzia -specificamente su come riconoscere e vivere emozioni e sentimenti - può conservare più di una traccia delle differenze di genere; la letteratura, il teatro, il cinema, le arti figurative lo confermano, aldilà degli studi antropologici e sociologici.

Molti uomini sono stati educati a vivere le emozioni "forti", assai meno quelle attraverso le quali alcuni credono, erroneamente, si rivelino le fragilità degli esseri umani.

  Ho ancora ben presente il racconto di un papà che ricordava l’invito del proprio genitore a “non essere piagnone come le femmine”; non si può fare a meno di pensare alla relazione con i nostri genitori, ma la sua influenza non è un destino. 

Il ruolo del padre 

Il ruolo del padre nell’educazione emotiva del bambino è fondamentale, perché offre un diverso punto di vista sul mondo e contribuisce al processo di individuazione del figlio e alla sua autonomia.

Il rapporto si consolida e si approfondisce, la vita affettiva del bambino si arricchisce, ci può essere una scoperta - o una riscoperta - di qualche aspetto del mondo emozionale di noi maschi rimasto talvolta un po’ in ombra.

Riconoscere su sé stessi le emozioni, i bisogni del corpo, i desideri, prendere contatto con il proprio mondo emotivo e portarlo alla coscienza può essere per alcuni uomini un po’ difficile se sono stati educati a identificare mascolinità e razionalità, ma se i padri diventano consapevoli dei propri sentimenti potranno assumere un ruolo cruciale nel far crescere l’intelligenza emotiva dei figli.

Il cuore della relazione con i bambini

La condivisione degli stati affettivi nei primi anni di vita costituisce il cuore della relazione con i bambini.

Nel periodo che precede l’acquisizione del linguaggio il corpo è la via principale di conoscenza del mondo: la cura costituisce il modo prioritario di comunicare e la condizione per permettere l’espressione delle emozioni.

Durante la crescita, la narrazione di storie e il gioco simbolico aiutano i bambini a coltivare il proprio mondo interiore e la consapevolezza degli stati mentali dell’altro, a sviluppare la curiosità e lo stupore, ad accettare l’imperfezione.

Il racconto contribuisce a far sì che i bambini apprendano un lessico emotivo con cui esprimere i propri sentimenti, piacevoli e spiacevoli.

Numerose ricerche evidenziano un rapporto tra competenza emotiva - ad esempio la comprensione dei sentimenti altrui - e l’uso del vocabolario emotivo.

Perché ciò possa avvenire proviamo ad accrescere la conoscenza delle parole che definiscono i sentimenti cogliendo le opportunità della vita quotidiana, ad offrire una varietà di termini per esprimere le sfumature delle emozioni, a suggerire il collegamento tra esse e le loro cause, invitando a riflettere sugli stati d’animo.

Educare con le narrazioni, crescere nei legami

Quanto è bello e importante narrare storie legate alle emozioni dell’infanzia, a ciò che ci rendeva felici o tristi, eccitati o impauriti!

È un’altra preziosa occasione per noi adulti di fare un po’ “i conti” con la propria storia, chiedendosi ad esempio se esistano emozioni che facciamo fatica ad accettare in noi stessi e negli altri.

Mi piace ricordare che la vicinanza fisica al figlio aiuta la vicinanza emotiva; questo mi sembra vero per tutte le età, anche se cambiano le forme della presenza.

Quale genitore fa il bagno al bimbo tutti i giorni? Chi legge un racconto prima di dormire? Chi lo accompagna a scuola, alle lezioni di musica o all’allenamento di calcio?

Anche se questi sembrano dettagli banali, sono decisioni importanti perché il legame affettivo tra padri e figli emerge nella quotidianità e permette di restare in sintonia con i bisogni del bambino durante la crescita.

I figli devono avere qualcuno accanto capace di condividere l’entusiasmo, la tristezza, qualcuno che li incoraggi a superare le paure dopo aver loro permesso di raccontarle.

Anche la relazione di coppia ne risulta arricchita perché insieme i genitori possono affinare la competenza emotiva e quindi sostenersi nell’impegnativo lavoro di cura del mondo affettivo dei propri figli.

E qualunque sia la nostra età stare in relazione con i bambini significa stabilire relazioni che possono cambiarci e aprire nuovi orizzonti.

 

Giulio Reggio