Attraverso la pelle dei bambini

 




Partecipare per crescere  

Penso ai bambini cresciuti in questo tempo di pandemia, agli abbracci mancati, alle distanze subite, ai volti appena  percepiti perché coperti dalle mascherine. 

I bambini imparano soprattutto attraverso i sensi! 

Le relazioni affettive si consolidano e si arricchiscono in quella danza meravigliosa fatta di sguardi, odori, suoni,  sorrisi, emozioni  condivise,  espressioni che incoraggiano, sostengono, accolgono. 

La pelle dei bambini è un'infinita prateria di recettori sensibili, centimetri e centimetri di antenne sensoriali in grado di codificare e percepire molto di più di quello che possiamo immaginare.  

Penso e rifletto a tutto quello che hanno vissuto e vivono ancora, quante le paure respirate, le incertezze di quel vivere quotidiano interrotto dalle quarantene, nei migliori dei casi, oppure dalla malattia. 

Sono cresciuti in fretta i nostri bambini, alle prese con un mondo spesso incomprensibile ai loro occhi e ai loro bisogni di crescita e di libertà.
Un assioma inconciliabile quello del desiderio dei bambini di esplorare, di ricercare e sperimentare con le restrizioni  che hanno circoscritto il campo d'azione, con muri invisibili e resistenti. Impronte  evidenti di passi pesanti , privi di  leggerezza e spensieratezza,  trampolini di lancio energetico,   verso ogni conquista vitale e trasformativa. 

Percepisco nei bambin* e negli adolescenti una  sofferenza che fa da sfondo costante, una sorta di rete insidiosa,  dalla  quale non si ha certezza,  del come e quando ci si potrà liberare, tornando a vivere e respirare  pienamente.
Abbiamo assaporato cosa significhi l'incertezza, la paura non solo del domani ma anche del qui ed ora, la malattia ha acquistato sembianze inquietanti, una narrazione spesso  terrorizzante, che ha sdoganato il "virus" come un  orco cattivo pronto ad assalirti alle spalle senza che si possa fare nulla o molto poco per evitarlo. 

Per quanto io possa comprendere la complessità degli accadimenti, esistono comunque precise responsabilità dei mezzi di comunicazione e anche della politica, che ha affrontato la pandemia utilizzando  un linguaggio inappropriato. 

Nonostante si potesse  mantenere l'obiettività dei dati e la  rassicurazione nelle parole, la narrazione ha preso fin da subito un trend molto allarmante tanto da  amplificarne la paura.  Invece di affinare una comunicazione basata più sulla responsabilità condivisa, chiarezza e trasparenza, troppe voci a raccontare versioni diametralmente opposte, che hanno disorientato e creato una sfiducia profonda. 

Il mio pensiero approda a tutti quei bambin* che la " pandemia" la vivono da tempo immemorabile, il loro incubo però si chiama guerra, ingiustizia, violenze quotidiane, fame, freddo, dolore fisico, spesso morte! Mai come ora sentiamo la sofferenza universale, la parola spezzata  di chi reclama cibo,  calore, una casa dove poter sostare, un luogo dove poter ricominciare.  Hanno il diritto inalienabile che la loro pelle recepisca ciò di cui hanno bisogno, dobbiamo lenire queste sofferenze con altrettante carezze e nutrimenti del corpo e dello spirito, ma c'è anche l'urgenza di una ribellione gentile affinché le istituzioni accolgano con investimenti mirati nella cultura e nell'educazione queste necessità non più rimandabili.

Se questo non accadrà non sappiamo quali saranno i danni permanenti causati da adulti irresponsabili, o dalla politica che dovrebbe investire più sul ben-essere che sul profitto, trovando soluzioni reali, concrete, immediate. Riusciremo a ricostruire quel tessuto solidale, inclusivo e partecipato? 

Troveremo la forza e la motivazione necessaria per rinforzare e sostenere fiducia e accoglienza? 

Tanti gli obiettivi da mettere a fuoco e perseguire, bisogna al più presto riprendere quel dialogo educativo rimasto sospeso, i bambin* non possono più aspettare, ovunque si trovino, noi, glielo dobbiamo. Non c'è più tempo da perdere, l' importanza della memoria è anche questa: Non dimenticarli tra le maglie indifferenziate di una società sempre più distratta e dolosamente assente.


Anna Maria Mossi Giordano