Marche: 20 mila bambini sono senza nido. La denuncia della Cgil

asilo Nido

 

Cronaca Bambina 

Nelle Marche solo a un bambino su quattro trova posto in un nido. Secondo gli ultimi dati dell’Istat elaborati dalla CGIL, in regione ci sono 29.447 bambin*, compresi tra 0 a 2 anni, a fronte di 9.558 posti disponibili (tra nidi, micro nidi, sezioni primavera, sia pubblici che privati, che sono 8.697, a cui vanno aggiunti 861 posti in servizi integrativi). Ciò significa che quasi 20.750 bambin* rimangono esclusi.

Risorse disponibili

Daniela Barbaresi, Segretaria generale CGIL Marche e Rossella Marinucci, responsabile delle politiche di welfare, fanno presente

Il Governo ha posto il tema degli asili nido come prioritario destinando 4,6 miliardi di euro al Piano per asili nido, scuole dell’infanzia e servizi educativi per potenziare l’offerta di 260 mila posti in Italia” e continuano nella nota redatta da Cgil “E’ stato emanato il bando per 3 miliardi di euro del PNRR, di cui 2,4 miliardi destinati al potenziamento dell’offerta di nidi.”

I Comuni hanno tempo fino al 28 febbraio per presentare i progetti.

I tempi stringono e per questo chiediamo ai Comuni di conoscere al più presto come si stanno attivando per non perdere questa importante opportunità e alla Regione di svolgere un ruolo di coordinamento, supporto e monitoraggio delle azioni da intraprendere”.

I costi del nido

E’ delicata anche la situazione dei costi. Dopo la Basilicata, le Marche sono la regione con la più alta percentuale di compartecipazione ai costi richiesta agli utenti a livello nazionale, pari al 25,5% della spesa complessiva. Ciò è dovuto soprattutto ai bassi livelli di spesa media per utente a carico dei comuni: 4.658 euro per utente, ben al di sotto dei 6.380 euro medi a livello nazionale o dei 6.968 euro dell’Umbria e dei 5.448 euro della Toscana.

La quota pagata dalle famiglie per l’asilo nido è mediamente di 1.592 euro a bambino, sostanzialmente in linea con la media delle altre regioni del Centro, ma superiore alla media nazionale; e comunque, a causa del peggioramento delle condizioni economiche e lavorative delle famiglie, per molti le rette sono insostenibili e sempre più spesso condizionano la scelta di affidamento dei bambini ai nidi.

I costi di gestione

Complessivamente, nelle Marche, l’Istat ha censito 311 strutture, con il pubblico che garantisce 5.470 posti (pari al 62,9% del totale) e il privato 3.227 (37,1%). I nidi comunali sono in parte gestiti direttamente con personale assunto dai comuni in parte affidati a soggetti terzi. Nel tempo si è ridotto il peso dei nidi a gestione diretta mentre aumenta quella gestita da terzi con un’offerta che tende a orientarsi verso forme gestionali meno onerose per i comuni: nelle Marche in media, per un bambino iscritto, la spesa per i comuni passa da 6.034 euro nei nidi comunali a gestione diretta, a 4.192 euro per i nidi comunali gestiti da terzi, a 1.641 per nidi privati con riserva di posti fino ad arrivare a 923 euro nel caso di contributi erogati alle famiglie per la frequenza dei nidi (compresi voucher).

La nota conclude

Si parla spesso impropriamente dei costi dei servizi, soprattutto quelli pubblici, mentre non si parla abbastanza del costo della loro mancanza: costi educativi, sociali, economici in termini di povertà educativa, dispersione scolastica, diseguaglianze, denatalità.

Tali servizi hanno una fondamentale funzione educativa e concorrono all’inclusione e al riequilibrio delle distanze socio-economiche. Si configurano come diritti dei bambini e delle bambine e per questo è fondamentale superare i divari nell’utilizzo e nell’accessibilità in base alle condizioni socio-economiche delle famiglie. Peraltro le famiglie in cui lavora un solo genitore hanno maggiori difficoltà ad accedere ai nidi pubblici per i criteri d’accesso applicati dai comuni e a quelli privati per l’onerosità delle rette, mentre le famiglie con due redditi, o con titoli di studio più alti, hanno maggiori probabilità di iscrivere i bambini al nido.

Il potenziamento dell’offerta di nidi crea opportunità di lavoro femminile di qualità e contribuisce a liberare il potenziale delle donne, rendendo l’educazione e il lavoro una questione pubblica, oggi lasciati sulle spalle delle famiglie e distribuiti in modo diseguale tra i generi.

 

Fonte: comunicato stampa Cgil  

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