I comuni non vogliono asili nido?

 


Cronaca Bambina 
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha destinato 2,4 miliardi per la crescita dei servizi educativi ZeroSei. Le risorse sono state masse a bando, e i comuni avevano tempo fino alla fine di febbraio per presentare dei progetti. 
Ma i progetti presentati sono stati pochi, così pochi, che  circa la metà del finanziamento, 1,2 Miliardi, è non è stato richiesto. A lanciare l'allarme è la rete EducAzioni.
Il Ministero ha rimandato la scadenza per presentare i progetti entro il 31 marzo. Questo slittamento temporale sarà sufficiente per risolvere la questione? E perché non sono stati presentati dei progetti fino ad ora? Cerchiamo di fare il punto della situazione.
 
Perché i comuni "evadono" i bandi?  
La difficoltà non è nei bandi, perché i bandi destinati alle scuole, alle palestre e alla realizzazione di nuove mense sono stati massicciamente partecipati. 
Le risorse poi sono destinate sull'intero territorio nazionale, così che tutti i territori potessero raggiungere almeno il 33% di diffusione, obbiettivo ultimo degli investimenti destinati con il PNRR. 
Quindi non si è favorito, come poteva sembrare inizialmente, chi aveva già nidi, o chi non ne aveva affatto. Nessuno è stato lasciato indietro e nessuno è stato favorito.
 
I bandi e le regioni 
Nonostante questo accorgimento nei territori dove i nidi sono già diffusi, i progetti sono stati presentati in numero consistente, mentre nelle regioni dove ne contiamo pochi, i progetti presentati sono stati scarsi. L'Emilia-Romagna, dove i nidi sono una realtà già da tempo, si è piazzata prima in classifica, la Campania, che conta una copertura bassissima di servizi è rimasta ultima.

Cosa non ha funzionato?
Possiamo solo ipotizzare alcune risposte. 
In Italia contiamo oltre 8mila comuni. Ogni comune è diverso, a volte profondamente diverso anche geograficamente. Ogni comune ha esigenze e problemi diversi e questo è un fatto da tenere presente per capire la complessità a cui siamo di fronte. In tante diversità ci sono realtà, sopratutto al sud, dove c'è poca esperienza in fatto di nidi. In questi territori probabilmente ci sono state resistenze ad investire tempo e lavoro rispetto a qualcosa che non si conosce e non si è mai amministrato. Al sud, e non solo al sud, resiste poi la convinzione che i bambini "stanno meglio a casa con la mamma". Convinzione difficile da abbandonare sopratutto dove le donne lavorano poco e meno regolarmente. 
 
Le economie di gestione
C'è poi una paura giustificata, almeno in parte, dalle Pubbliche Amministrazioni locali. Le risorse del PNRR sono destinate per realizzare nuove strutture ma le spesa di gestione ricadranno poi sulle spalle dei comuni e non tutti i comuni hanno bilanci solidi. E se ci sono economie destinate anche alla gestione dei servizi, sia attraverso la legge 65/16, che attraverso la legge di stabilità, è certo che non saranno comunque sufficienti, sopratutto in vista di una ampliamento dell'offerta che dovrebbe quasi raddoppiare, entro il 2030. 
Infine c'è la carenza, ormai cronica, di personale da arruolare nei servizi, un problema tutto particolare che merita attenzione e su cui torneremo presto con un post specifico.
 
La sfida dei nidi
La sfida è davvero complessa da affrontare ma è anche molto interessante.
Dovremmo mettere in fila necessità e difficoltà.  Qui mi permetto di suggerire una sola strategia, che ormai caldeggio da anni, e mi pare ancora valida: si dovrebbe investire massicciamente in un'informazione, un'informazione capillare e costante, per raccontare ai cittadini che frequentare il nido ( un nido di qualità!) è sempre un'ottima scelta sia per i bebè che per tutta la famiglia!
 
 
Laura Branca