Partecipare per crescere
Chi si occupa di educazione o tenta di farlo, in genere si allena ad osservare e a riflettere su questioni complesse e articolate, per elaborare e progettare strategie educative che possano stimolare interesse creativo e ricerca nei bambin* ma unitamente a questo, ogni agenzia educativa dovrebbe promuovere percorsi irrinunciabili come l'educazione alla pace e alla gentilezza, parte integrante di ogni pensiero pedagogico.
Tutto il mondo è completamente immerso in una crisi planetaria, la pandemia ha solo scoperchiato i tanti focolai di fragilità già esistenti che avevano a che fare con gli aspetti climatici, geopolitici, guerre, ingiustizie, iniquità economiche e sociali.
Questo magma indifferenziato è caduto come un meteorite nelle nostre vite apparentemente normali, provocando incertezza, precarietà, paura sul presente e sul futuro e un incremento significativo di malattie fisiche e mentali, femminicidi efferati e suicidi negli adolescenti.
Il linguaggio come guerra
Nel ribollire quotidiano delle difficoltà a
volte insormontabili ho rilevato un ulteriore profondo cambiamento:
quello del linguaggio utilizzato, delle parole "scelte"
per comunicare, in famiglia, nei luoghi di lavoro, in televisione, su
i social, nelle scuole di ogni ordine e grado.
Potrei
definire questo linguaggio come la guerra delle parole: "
parole come fendenti, parole come fango su l'interlocutore, parole
urlate, vomitate, prepotenti, parole come proiettili denigratori e
offensivi, parole oscene e vigliacche, parole macchiate di
sangue."
Sono anni che ci stiamo "nutrendo"
di queste parole prive di Pace e gentilezza, anni di guerra di vocali
e consonanti, parole consegnate alla guerra, significati scolpiti
pesantemente, dati in pasto come semi tossici da mangiare e
respirare.
Questo cibo dell'anima avvelenato, ha
incentivato odio e risentimento per tutte le guerre quotidiane subite
e mai risolte.
Vedo tante realtà frammentate e diverse, stiamo
perdendo la rotta comune e condivisa, l'unica per cui valga la pena
lottare ritrovando il senso di questo nostro cammino terreno:
disarmare le nostre parole e praticare la Pace!
Il malessere che dilaga
In questa
osservazione e partecipazione attiva sento il malessere amplificarsi
a macchia d'olio, un navigare a vista dentro una infodemia
spiazzante, martellante, sempre pronta a fare schieramenti tra buoni
e cattivi, un caos esistenziale dal quale auspico un risveglio, un
nuovo umanesimo e se difficilmente potremo incidere su gli
equilibri politici già incacreniti e incoerenti capaci di
partorire perlopiù decisioni belliche, forse come educator*,
insegnanti, o semplicemente persone di buona volontà, desiderose di
Pace...è lì che dobbiamo esserci, con presenza, consapevolezza,
partecipazione e condivisione.
Nei luoghi educativi dobbiamo accendere la fiaccola della ribellione gentile, aprendo le porte reali e quelle della mente, tornare ad interconnetterci nel territorio e nel mondo, scambiando esperienze e visioni. Tornare ad osare e a credere in quel NOI, senza il quale nulla ha più senso, questa è la sfida del nostro ORA o MAI più!
Anna Maria Mossi Giordano