Elisabetta Franchi e il Family Act


Caterina Burgisano

Lavorare riposa...

Polemica sulle dichiarazioni dell’imprenditrice Elisabetta Franchi al convegno Donne e moda organizzato dalla società di consulenza Pricewaterhouse Cooper e Il Foglio.

Tutti ne parlano, tutti hanno un’opinione precisa e incontrovertibile, pronti a levare gli scudi in difesa dell’occupazione femminile.

Eppure, a parte le prese di posizione mediatiche, non mi pare che qualcuno colga questa come un’occasione di confronto serio sulla devastante condizione dell’occupazione femminile in Italia: nessuna voce critica e obiettiva che tenga conto delle ragioni degli uni (gli imprenditori) e delle altre (le lavoratrici) e apra le porte ad una discussione che deve essere prima di tutto politica e sociale.

La Sig.ra Franchi ha espresso fieramente il suo orientamento dirigenziale, senza peli sulla lingua, in un contesto in cui, evidentemente, si sentiva pienamente a suo agio e ampiamente sostenuta.

Talmente sostenuta che nemmeno la Ministra per le pari opportunità, in collegamento da remoto, si è presa la briga di intervenire, salvo rilasciare, qualche giorno dopo, un’intervista su Repubblica, in cui ha precisato che il suo lavoro è quello di “creare le condizioni per non dover più sentire un discorso come quello di Elisabetta Franchi”, riferendosi esplicitamente all’ultimo nato della famiglia Acts (non a caso la Ministra è una fedelissima di Renzi!), ossia il cd. Family Act.

Ebbene, andiamo a vedere di cosa si tratta.

Gli obiettivi del provvedimento di delega sono ambiziosi:

  • contrastare la denatalità

  • sostenere la genitorialità

  • sostenere la conciliazione dei tempi vita – lavoro di entrambi i genitori

  • sostenere il lavoro femminile

  • agevolare il raggiungimento dell’autonomia dei giovani.

Poiché il tema che affrontiamo su questo post è principalmente lavorativo, ci soffermiamo sulle innovazioni che la legge 32 del 7 aprile 2022, rubricata “Deleghe al governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia” intende apportare in materia di lavoro, lasciando ad altre occasioni una disamina più approfondita sugli ulteriori ambiti in cui la legge andrà ad incidere.

Le misure sono contenute nell’art. 4, rubricato Delega al Governo per incentivare il lavoro femminile, la condivisione della cura e l’armonizzazione dei tempi di vita e lavoro”.

La disposizione concede un lasso temporale di 24 mesi al Governo per riordinare e rafforzare dette misure. In particolare, si dovranno prevedere:

1) una modulazione graduale della retribuzione nei giorni di assenza dal lavoro nel caso di malattia dei figli;

2) incentivi per i datori di lavoro che adottino modalità di lavoro flessibili con facoltà dei lavoratori di chiedere il ripristino dell’originario regime contrattuale;

3) FORME DI AGEVOLAZIONE, ANCHE CONTRIBUTIVA, A FAVORE DELLE IMPRESE PER LE SOSTITUZIONI DI MATERNITÀ, PER IL RIENTRO DELLE DONNE AL LAVORO E PER LE ATTIVITÀ DI FORMAZIONE AD ESSE DESTINATE;

4) incentivi per favorire l’emersione del lavoro domestico sommerso;

5) misure di sostegno alla formazione in materia finanziaria delle imprenditrici e alla digitalizzazione delle imprese.

Alcune misure sono già state individuate: previsione della possibilità di usufruire dei congedi parentali fino al compimento dei 14 anni del figlio (ora fino ai 12); introduzione di modalità flessibili nella gestione dei congedi parentali; previsione della possibilità di usufruire di un permesso retribuito di durata non inferiore a cinque ore all’anno per i colloqui con gli insegnanti; previsione di misure che favoriscano l’estensione della disciplina relativa ai congedi parentali anche ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti.

Tutto bellissimo.

Ma voglio ricordare che questa è una legge delega, per la cui attuazione saranno necessari altri provvedimenti, più specifici, più mirati, funzionali ad un effettivo sostegno alla genitorialità e alla occupazione femminile.

Perché non resti solo una dichiarazione di intenti ci vorrà del tempo ed un legislatore accorto e lungimirante ma, nel frattempo, sarebbe il caso di approfittare del clamoroso sasso che la Sig.ra Franchi ha lanciato nel mare magnum del nostro squilibrato mondo del lavoro per aprire una seria discussione politica, sociale ed economica che tenga conto delle esigenze delle lavoratrici ma anche di quelle delle imprese (soprattutto piccole!) che si scontrano spessissimo con la maternità delle loro dipendenti, che siano o meno over 40, che ci piaccia o no; esigenze probabilmente diverse da quelle della Signora Franchi, la quale ha già dato prova di averne parecchie (v. Tribunale di Bologna https://corrieredibologna.corriere.it/bologna/economia/22_maggio_13/elisabetta-franchi-sua-azienda-condannata-comportamento-antisindacale-impone-sanzioni-chi-sciopera-41553c90-d2db-11ec-aa49-335ffe0aec76.shtml), alle quali, però, va dato ascolto, con coraggio, ma soprattutto con quella onestà intellettuale che talvolta ci difetta un po’ tutti.


Caterina Burgisano