Il linguaggio dei giovani

 
Caterina Burginaso



Lavorare riposa

Mi hanno consigliato un libro scritto da due studenti del Liceo Minghetti di Bologna.Tratta il tema della persecuzione e deportazione degli ebrei di Bologna, argomento che da sempre mi interessa moltissimo.

Io non frequento molto gli adolescenti, ho due figli che si stanno affacciando ora al mondo della preadolescenza ma sono ancora piccoli e, in qualche modo, ancora legati al mondo dell’infanzia, per cui non ho dimestichezza con il linguaggio e il mondo dei giovanissimi di oggi.

I protagonisti 

Per questo resto un po’ disorientata dal linguaggio e dallo stile di questi ragazzi ma, al tempo stesso, incredibilmente affascinata.

I protagonisti di questo libro sono due studenti che hanno come fidato compagno di avventure il loro smartphone, con il quale interagiscono velocemente e, secondo loro, efficacemente, in continuazione.

Nessun rilievo sul punto: la descrizione di alcuni episodi del libro mi riporta a scene che vivo quotidianamente, in cui gli adulti di oggi, mentre si intrattengono ad un tavolo in compagnia, interrompono continuamente la conversazione per verificare se è arrivato un messaggio su whatsapp, che tempo farà domani, qual è la recensione del vino che stanno bevendo, etc.

Quindi, fin qui, niente di nuovo: siamo immersi in un mondo in cui le curiosità possono essere soddisfatte con un click e l’approfondimento, tendenzialmente, non serve, perché il fulcro dell’informazione è già stato centrato grazie a “Mr. Wiki”, come lo chiamano i protagonisti del libro.

Oltre al fatto che questi ragazzi sembrano prendere per oro colato le informazioni tratte da wikipedia (non esprimo la mia opinione in merito, del tutto irrilevante, ma sappiate che io wikipedia non la consulto MAI), quello che mi colpisce maggiormente è il linguaggio: slang, inglesismi, parole tronche ed espressioni che concentrano in sè il senso dell’immediatezza e della leggerezza. 

Sdrammatizzare  

Come fossero perennemente tesi a sdrammatizzare tutto.

Ogni frase interlocutoria con l’amico inizia con un “Bella, vèz!” o “Bella, zio!”.

Se la conversazione prende una piega molesta, l’amico si apostrofa come un “Bastardo dentro” (perché dentro? Mi piacerebbe capirlo!) e per non caricare la tensione quest’ultimo risponde “Stai tra, bro’!”.

Nel libro sono pure descritti episodi in cui i ragazzi non brillano per cultura personale: non conoscono la parola “cupidigia”, non sanno chi è l’autore del celeberrimo dipinto “Il bacio”, non conoscono il significato giornalistico del termine “velina”, ma sanno chi sono le veline televisive. È un po’ impressionante, ma tant’è. Di certo non è solo responsabilità dei ragazzi.

A queste piccole grandi lacune, però, i ragazzi rimediano con una invidiabile capacità di mettere a frutto le loro doti “socializzanti”.

L'uso dei Social 

Ad un certo punto del racconto i protagonisti del libro fanno riferimento ad Instagram, ad esempio, per evidenziare come la propaganda fascista, oggi, non potrebbe svilupparsi con la stessa facilità con cui avvenne allora (!).

Tuttavia, in questo caso i ragazzi sembrano badare alle reazioni e non al contenuto. Cioè, sembrano ritenere che ognuno possa dire ciò che vuole nella misura in cui questo sia “socialmente” (nel senso di social) accettabile.

Un post o qualsiasi “contributo”, si valutano sulla base delle interazioni e dei commenti e, nella mirabile ottica dei due protagonisti, contenuti razzisti e incitanti alla guerra e alla supremazia della razza, oggi non sarebbero condivisibili né tollerabili perché abbattuti da una montagna di commenti sfavorevoli.

Automaticamente, quindi, si assisterebbe alla perdita della credibilità dell’autore.

In sostanza, il social ti crea ma, allo stesso modo, il social ti distrugge.

È un punto di vista estremamente interessante perché evidenzia la capacità con cui questi ragazzi, nonostante appaiano completamente immersi nel mondo virtuale, sembrano sapere ancora distinguere il bene dal male, il politicamente corretto dal politicamente scorretto.

Sono rimasta sorpresa da tanta (apparente) consapevolezza e non ho potuto fare a meno di pensare a quanto abbiamo bisogno dei giovani e della loro freschezza.

Di quanto siano incredibilmente dotati e capaci, ingenui e maliziosi allo stesso tempo

(lo stesso protagonista del racconto “Gli sdraiati” di Michele Serra, che molto meglio di me ha già argomentato sul tema, sorprende suo padre per la sensibilità e l’attenzione che infine pone su un tema che suo padre gli propone spesso, anche qui, apparentemente, senza riscontro (un trekking in montagna)).

Uno spiraglio verso l'adolescenza

Sono stata felice di imbattermi in questo racconto e di avere intravisto un piccolissimo spiraglio di quanto mi attende come madre di due figli.

La riflessione che ne è scaturita è abbastanza banale ma bisogna che me la ripeta spessissimo: ho bisogno di aprirmi al nuovo mondo, ai nuovi linguaggi e all’utilizzo dei giovanissimi delle nuove tecnologie.

Ho bisogno di ASCOLTARE i ragazzi ma, soprattutto, NON giudicarli a priori.


Comincio da Sono nel vento”, (Andrea Delmonte, Ed. Paperfirst).


Caterina Burgisano