Lavoro e qualità educativa



 

Non chiamarla Scuola Materna 

Certo non immaginavo che per una maestra come me scrivere un articolo sul rapporto tra le condizioni lavorative e la qualità educativa sarebbe stato così difficile… Eppure è così se per farlo sono stata venti minuti ad osservare un foglio bianco in preda a mille pensieri, a mille domande anche, sempre su quest’argomento.

Un nido ed una scuola di qualità

Proviamo a partire da qui: che cosa rende un nido o una scuola un nido ed una scuola “di qualità”?

Un nido e una scuola sono “di qualità” se sono “pensati” gli ambienti per i bambini e sono adatti a loro ed alle loro esigenze, se sono “pensati” i bambini stessi ed anche le loro famiglie e se ogni attività che si fa con loro è non solo pensata ma su di essa ci si riflette anche dopo averla fatta per vedere quali riaggiustamenti si possono fare per renderla migliore nell’avvenire. Un nido ed una scuola di qualità hanno tempi distesi che permettono di vivere l’esperienza quotidiana con la dovuta calma seguendo passo passo tutti e ciascuno..(cosa purtroppo molto difficile attualmente…non ci sono più i “tempi distesi” di una volta!)Ma un nido ed una scuola sono “di qualità” se si pensa anche agli adulti che educano oltre a pensare alle famiglie ed ai bambini.

Avere cura e coccolare il personale

E quindi sì, un nido ed una scuola di qualità si costruiscono anche avendo cura del personale e-perché no?-coccolandolo perché proprio nel coccolarlo si dimostra di tenere a lui come si tiene agli utenti dei nidi e delle scuole che sono i bambini e le famiglie.

Ma questo punto così importante sembra quello che viene preso più sottogamba attualmente.

Il “fuori” influisce sul “dentro”

Il nostro è un lavoro in cui è importante curare sia la propria salute fisica che la propria salute mentale perché si lavora molto, molto male con i bambini se si è nervose, tristi o in agitazione per qualcosa, perché i bambini della fascia 0-6 sono come spugne che se “sentono” o ricevono che c’è qualcosa che non va, ti “restituiscono” quell’emozione moltiplicata per dieci.. 

Quindi “tenere” una classe di 25 bambini diventa altamente difficile. 

Quella classe formata da bambini ed adulti va quindi preservata come se fosse uno spazio sacro perché se è vero che nella vita esistono anche emozioni negative ed eventi negativi, comunque è giusto che ogni sezione di un nido o di una scuola siano caratterizzati da ben-essere. 

Il "fuori" e il "dentro"

In questi due anni però, con il COVID, molte volte il “fuori” è entrato nel “dentro” delle sezioni dei nidi e delle scuole, un “fuori” che insisteva sulla necessità di prevenire il contagio del COVID ma anche un “fuori” ricco di paure e nervosismi, che portavano, alla fonte, alla paura di ammalarsi e paura di morire. Per questo motivo i progetti educativi e didattici di questi anni hanno spesso avuto come filo conduttore il filo delle emozioni perché il COVID è spesso stato un detonatore di emozioni sopite.

Strapazzami di coccole?

In questi anni però il personale non è stato coccolato, e questo bisogna dirlo chiaramente.

Non si è coccolato il personale nel momento in cui si è chiesto di, in caso di chiusura della Sezione per COVID, spostarsi a lavorare in una sezione di un’altra scuola rischiando di spostare e spostando, di fatto, il contagio.

Non si coccola il personale chiedendogli di fare doppi turni in caso di assenza della collega perché non si trovano le supplenti.

Non si coccola il personale alzando il rapporto numerico bambini/adulti.

E, infine, non si coccola il personale se ogni decisione viene presa dall’alto ed imposta ai lavoratori a cui si chiede di essere dei soldati signorsì, come in un sistema gerarchico, quando una volta le decisioni si prendevano insieme ai lavoratori nei collettivi e nei gruppi di lavoro dei vari nidi e delle varie scuole.

Il personale si sente coccolato se si sente riconosciuto del suo valore e se si sente rispettato, questo invece è venuto meno ormai da tempo.

Una soluzione

L’unica soluzione che mi viene in mente per sfuggire da questo impasse è di ricominciare a parlare con il personale e ricominciare a coinvolgerlo ed ascoltarlo, ma ascoltarlo sul serio. Bisogna ricominciare a guardarsi, ad ascoltarsi ed a parlarsi e bisogna anche avere la pazienza e lasciare a tutti il tempo di di metabolizzare tutto ciò che si è accompagnato a questi due anni così complicati, tutta la stanchezza fisica e mentale, tutta la paura, l’ansia, la tristezza e la rabbia. 

Bisogna anche dimostrare di avere fiducia nel valore di tutti quelli che lavorano nel e per i nidi e le scuole dell’infanzia, non solo con le parole e le lettere, ma anche con i fatti.

Maestritudine