I nemici dell’ascolto: conoscerli per imparare ad ascoltare

 




Crescere in città...
Quando ho detto a mio marito che il tema del  mio pezzo sarebbe stato l’ascolto, mi ha motivato con un sorrisetto ironico, dicendomi: “Mmmh, ascoltare non è proprio il tuo forte”. Davanti a lui non lo ammetterò mai, ma credo abbia ragione. E così la genesi di questo pezzo è stata piuttosto travagliata, una specie di lungo esame di coscienza sulle difficoltà (personali in primo luogo e sociali in secondo luogo) ad ascoltare.
I nemici dell'ascolto
 
Il primo nemico che devo combattere quando mi predispongo ad ascoltare è il rumore. E non parlo solo del rumore esterno (per quanto ascoltare il figlio che mi racconta la sua giornata mentre la sorella canta a squarciagola la canzoncina di Natale non è semplice); mi riferisco soprattutto  al “rumore interno”, al cervello che si distrae, che pensa al lavoro lasciato a metà in ufficio, alla cena da preparare e alle scarpe da ginnastica da mettere nelle zaino di scuola. Penso anche all’occhio che cade continuamente sul telefono, che capita a me per prima, ma che mi infastidisce tanto negli altri.  Non c’è riunione di lavoro o cena tra amici in cui a un certo punto qualcuno non tiri fuori lo smartphone;  e poco importa qual era l’argomento di discussione. 
Non ci può essere ascolto senza silenzio, dentro e fuori, perché fare silenzio è la condizione necessaria per concentrarmi sull’altro, per fargli spazio e donare la mia attenzione, senza nessun rumore di fondo.

Ma se anche riesco a far silenzio, mi accorgo di cadere spesso nella trappola del pre-giudizio, del giudicare prima di aver completato l’ascolto. Ti faccio parlare un minuto e ho la presunzione di aver già capito chi sei, cosa voti, se sei intelligente e ricco oppure povero e antipatico. E quindi decido se vale la pena continuare ad ascoltarti. E’ come pretendere di giudicare un libro dal primo capitolo. Magari ci prendo, magari no. In ogni caso una persona vale certamente di più  di un minuto di conversazione. Questo tipo di pregiudizio, a mio parere, è strettamente legato ad altri due grandi nemici dell’ascolto: li chiamerò la presunzione di colpevolezza e  la ricerca del proprio vantaggio.  

La presunzione di colpevolezza è una modalità di ascolto per la quale non mi fido di ciò che mi stai dicendo, ma penso che ogni tua parola ha un fine nascosto, che devo scoprire prima che tu mi freghi. Per quanto il mondo sia pieno di str…, forse qualche persona onesta c’è ancora. E forse un ascolto privo di pregiudizi può stimolare una conversazione libera e trasparente da entrambe le parti. Perché il mio modo di ascoltare influisce sul modo di comunicare dell’altro.

La ricerca del proprio vantaggio è un’altra faccia della stessa medaglia: ti faccio parlare e intanto penso a un modo per trarre un vantaggio da quello che mi dici. Anche in questo caso l’ascolto è “drogato”, il mio io (o il gruppo a cui appartengo) prevalgono sull’accoglienza dell’altro. Ti ascolto per coglierti in fallo.

Se io penso a quanti rapporti di lavoro sono rovinati da questa ricerca del proprio vantaggio! Quante energie sprecate, quanta negatività, quante occasioni perse!


Ed ecco l’ultimo grande nemico dell’ascolto: la fretta. Ascoltare richiede tempo: devo concedere tempo alla persona che mi sta di fronte per esprimersi e devo darmi del tempo per ascoltare seriamente. Per un genitore questo è davvero una sfida. Dobbiamo darci il tempo di ascoltare i figli, perché ci parlano non solo con le parole, ma anche con i gesti, i silenzi, gli atteggiamenti. Non basta chiedere “Come è andata oggi?” e accontentarsi del solito “Tutto bene”. Ascoltarli significa guardarli, con occhi e orecchie attenti e disponibili. Ascoltarli significa esserci, anche quando ne ho mille da fare, sono stanca e l’ultima cosa che vorrei è ascoltare la barzelletta della figlia piccola o il racconto dell’ultimo video dello youtuber che seguono i fratelli più grandi. Non ne ho voglia, ma se non li ascolto ora, domani forse non mi racconteranno un problema serio perché avrò interrotto un canale di comunicazione. E - cosa ancora più grave- non potrò nemmeno pretendere da loro che mi ascoltino. (Cara mamma Costanza, se non ascolti attentamente le ultime prodezze di Messi, non ti puoi imbestialire quando tuo figlio ti risponde la quinta volta che lo chiami, togliendo con aria scocciata un auricolare da un solo orecchio e continuando a far scorrere il dito su quel dannato telefono).


Che fare allora?


Non posso pretendere di diventare subito una perfetta ascoltatrice. Mi propongo un po' di esercizio quotidiano. Proverò a cogliere al volo almeno un'occasione di ascolto ogni giorno. Proverò a fare silenzio, a concentrarmi su chi ho di fronte, ad astenermi da giudizi sommari e a dedicare tempo al mio interlocutore. Proverò ad ascoltare meno me stessa e un po' di più gli altri. E a resistere ai nemici dell'ascolto. Che dite, ce la farò?


Costanza Marri*


*Da piccola si è innamorata della scuola avendo frequentato le scuole d'infanzia comunali a Modena. Da giovane ha fatto formazione negli scout come animatrice. Oggi è madre di Davide, Paolo e Anna. Per anni ha fatto parte del comitato genitori dei nidi di Bologna. Ha partecipato alla fondazione del comitato cittadino 06.