Emergenza educativa: che fare? Parola al professor Pira




Emergenza educativaTorniamo ad affrontare il tema “emergenza educativa” da un diverso punto di vista. Oggi incontro il professor Francesco Pira, docente di Sociologia all’Università di Messina ed esperto in processi culturali e mediatici. Ha al suo attivo diversi studi e saggi. Ricordiamo Figli delle App. Le nuove generazioni digital popolari e social dipendenti, edito da Franco Angeli, 2021.


Professore siamo realmente di fronte ad un’emergenza educativa?

Si, anche se in molti non vogliono sentirselo dire, la realtà è questa. Diverse ricerche ci dimostrano che i più giovani sono soggetti particolarmente vulnerabili e fragili.


Una situazione senza soluzione?

Al contrario, credo che noi adulti possiamo fare molto. Per fornire risposte concrete dovremmo necessariamente costruire alleanza educative tra più soggetti. Si tratta una risposta tutt'altro che facile. Dovremo investire moltissime energie, tempo e lavoro. Se le risposte sono possibili, è anche vero che dobbiamo agire in tempi rapidi.


Quindi secondo lei la violenza tra i giovani sta effettivamente aumentando e non si tratta di una percezione creata dai media?

Le notizie che continuiamo a collezionare che riguardano, ad esempio, il ticktoker di 23 anni che si suicida in diretta dopo essere stato accusato di molestie, lo stupro da parte di più soggetti a danno di una giovanissima, ripresa in un video che è stato messo in vendita online a 200 euro… Ecco, io direi che queste notizie ci dimostrano che l’emergenza c’è. Ho citato solo questi casi, potrei continuare, ma direi che sono sufficienti per rendere l’idea.


Stabilito che siamo di fronte ad una reale emergenza: che fare?

Dopo averne preso atto non possiamo girarci dall’altra parte. Spesso spendiamo molto tempo a scoprire i colpevoli, a trovare nuove punizioni… Sarebbe proficuo anche lavorare sulle soluzioni. Per maggiore chiarezza: il problema non sono tanto i ragazzi, ma la nostra società. In una società molto competitiva, dove vince chi è il più forte, chi accumula più ricchezza, chi ha più consenso, è difficile che crescano ragazzi con valori differenti. Lei non crede?


Eppure molti puntano il dito contro i social

Guardi ho iniziato a fare ricerche negli anni ‘90. A quei tempi si dava la “colpa” alla tv, poi ai videogiochi, poi all’uso dei cellulari, ora è il momento dei social, dell’intelligenza artificiale, del meta verso… No, il problema non sono i “mezzi”. Il problema è come noi adulti ci comportiamo e che modello offriamo ai più giovani, anche rispetto all’uso di questi mezzi.


Secondo lei oggi non ci sono risposte educative?

In generale abbiamo dato risposte di ordine repressivo, punitivo. Abbiamo definito il concetto di bullismo, di cyberbullismo, di femminicidio e abbiamo stabilito le punizioni. Eppure non mi pare che queste definizioni, fino ad ora, abbiano dato i risultati sperati. Dovremmo sperimentare altre strade. Ci sono molte questioni su cui discutiamo da tantissimo tempo ma non riusciamo a concretizzare.


Come ad esempio?

Ad esempio l’introduzione a scuola dell’educazione sessuale. Se ne discute da almeno 40 anni. E ancora non abbiamo dato una risposta. Forse è il caso di fare educazione affettiva senza più continuare a teorizzare!


In quarant’anni cosa è cambiato?

Direi moltissimo. Viviamo in un mondo globalizzato con mezzi di comunicazione potentissimi che ci consentono di comunicare a distanze e in tempi che quarant’anni fa non potevamo immaginare. Tutto questo ci porta ad affrontare anche nuovi problemi.


Rimanendo nel contesto famiglia?

Spesso i genitori hanno smarrito il senso educativo del loro ruolo. Troppo spesso si comportano più da amici, che da genitori, non sono capaci di dire di no. Sorvegliano e intervengono nelle vite dei figli appianando loro tutte le difficoltà. Così facendo negano la possibilità ai propri figli di affrontare nuove sfide, di risolvere problemi.


Come fare allora?

Ci servirebbe un grande progetto condiviso e sociale. Delle scuole dedicate ai genitori, educazione affettiva e relazionale nelle scuole. Oggi è cambiato il mondo e anche i ragazzi e le ragazze portano avanti idee diverse da quelle che potevamo avere noi. Il gender fluid ne è un esempio. Le nuove generazioni sperimentano nuovi equilibri e noi non dovremmo sottovalutarli, o demonizzarli, ma dar loro spazio. Chiudendo questo piccolo ragionamento, ritengo davvero importante sottolineare che la prima strategia, quella davvero vincente, sia formare i genitori con equipe competenti e interdisciplinari, ne abbiamo un grande bisogno.


Laura Branca