La comunicazione tra adulto e bambino.

 


 

In fonetica, la voce è il suono prodotto dall'apparato fonatorio dell'essere umano. Esistono diversi tipi di voce (bisbigliato, falsetto, laringale, mormorato). È prodotta innanzitutto tramite la fonazione (il processo con il quale le corde vocali producono una specifica gamma di suoni attraverso opportune vibrazioni che coinvolgono anche diverse strutture della laringe), spesso accompagnata da altri meccanismi di modificazione del flusso di aria (articolazione). 

La voce è usata dall'essere umano quando esso parla, ride canta mormora, bisbiglia, piange o urla. Il termine si usa spesso come sinonimo di canto, con una connotazione musicale invece che fonatoria1.

1. Numerose ricerche sull’infanzia condotte dal secolo scorso, hanno mostrato come i bambini, fin dai primi mesi di vita, siano attivi e propositivi nell’interazione con gli altri esseri umani. In una prospettiva educativa, di promozione dei processi di apprendimento e di sostegno alla costruzione di una immagine di sé positiva e fiduciosa nelle proprie potenzialità, sono di grande importanza le modalità comunicative e relazionali degli adulti significativi2.

2. Nel campo della comunicazione, la voce ricopre un ruolo importante e, dal momento in cui s’imparano ad articolare parole e frasi correttamente, è utilizzata per esprimere i propri sentimenti,idee, emozioni e altro. Non è così scontato tuttavia imparare ad usarla in modo adeguato: molti bambini infatti, specialmente tra il primo e il secondo anno di età, urlano molto e si abituano ad usare la voce in modo prorompente, rendendo complicata una comunicazione pacata e creando situazioni di difficoltà in famiglia, ma non solo. Tale abitudine può portare nel tempo a dei problemi organici alla voce3.

3. Purtroppo utilizzare in modo errato la voce può provocare dei problemi organici, come noduli, calli o un tono sempre rauco e potrebbe essere necessaria una riabilitazione da un logopedista, già intorno al terzo anno di vita. I motivi che i bambini urlano possono essere numerosi. Primo tra tutti, c’è lo stile familiare. I bambini imitano il modo di comunicare degli adulti. Se siete abituati a urlare, anche per chiedere delle cose semplici (come passami il sale o a che ora torni dal lavoro?) anche il bambino imparerà a parlare in questo modo.

Il fatto che il bambino preferisca urlare anziché parlare è dovuto al fatto che non sa come utilizzare la voce in modo funzionale e, spesso, questo problema linguistico affonda le sue radici in una più ampia incapacità di comunicazione, anche a livello non verbale.

È possibile però identificare delle motivazioni sul perché il piccolo sia portato ad urlare anziché parlare normalmente:

Fattori organici: ne sono un esempio, le difficoltà uditive, perché alterano la percezione uditiva del bambino.

Disprassia verbale: si tratta di una difficoltà dell’apparato fono-articolatorio nel ricostruire uno schema motorio adeguato, per permettere una corretta produzione verbale, determinando così un’influenza negativa sull’inventario fonetico del bambino e sulle combinazioni fonotattiche.

L’aspetto comportamentale: spesso, un bambino che urla sta semplicemente attuando una strategia comportamentale utile per attirare l’attenzione dell’adulto o per comunicare in un ambiente estremamente rumoroso5

Il linguaggio per comunicare con i bambini.

Il ruolo dell’adulto è di fondamentale importanza ed è duplice: da una parte esprimere il proprio disappunto per quello che sta facendo il bimbo in modo autorevole e non autoritario. Se si urla il bambino utilizzerà sempre la stessa modalità. Dall’altra, provare a dire al bimbo “puoi dire che sei arrabbiato oppure che non sei d’accordo anziché urlare”. I bimbi non imparano subito ad utilizzare il linguaggio emotivo, è importante aiutarli a familiarizzare con le emozioni e con questo tipo di linguaggio e questo ruolo appartiene agli adulti. Si potrebbe dire al bimbo che urla: “non sono affatto d’accordo quando urli così, se sei arrabbiato puoi dirlo.” Via via che l’adulto aiuta il bimbo a prendere contatto con una forma diversa di linguaggio, questo comportamento fastidioso si attenuerà. Un’altra accortezza importante è quella di evitare di sottolineare spesso che urla; i bimbi hanno le antenne e si sintonizzano su ciò che dà fastidio all’adulto e su ciò che può attirare attenzione. E’ importante che i bambini imparino a ricevere attenzione esprimendo le loro emozioni e dandone voce attraverso gesti e parole più consone5.

Fondamentale, quindi, diventa il modo di ascolto da parte dell’adulto e il linguaggio comunicativo da adottare. Thomas Gordon è un ottimo punto di riferimento per comprendere il linguaggio comunicativo da adottare. I suoi libri, Genitori efficaci e Insegnanti efficaci, sono letture di grande utilità. Sia ai genitori sia agli educatori forniscono strategie e indicazioni utili da sperimentare nel quotidiano. 

I “dodici blocchi della comunicazione” di cui Gordon parla nei suoi libri ci aiutano a capire come certe volte gli adulti credono di essere in ascolto. Invece attivano delle dinamiche comunicative che bloccano la comunicazione.

Per essere ascoltati è necessario, innanzitutto, offrire uno spazio in cui i bambini e i ragazzi si sentano compresi. La comunicazione è un percorso che parte dal momento in cui i bambini vengono al mondo e si sviluppa all’interno di una parabola di crescita costante, per cui non si smette mai di imparare a parlare e a comunicare in modo efficace. All’interno di questo processo evolutivo si costruisce con loro un linguaggio, un codice dentro il quale ascoltiamo e siamo ascoltati.

Gli adulti educanti hanno il dovere di definire una cornice di comportamento dentro la quale i bambini e i ragazzi si possono muovere. Con la crescita questi confini devono cambiare, aggiustarsi rispetto alle nuove necessità che si presentano. Il genitore e l’educatore devono relazionarsi con i bambini e con i ragazzi tenendo a mente che hanno davanti una persona con necessità e bisogni propri e differenti da quelli che sono i bisogni degli adulti. Riuscire a decentrarsi dall’immagine che ci si costruisce di loro e, conseguentemente, dal giudizio che offusca questa visione, permette di vederli per quello che realmente sono. È necessario lasciarsi stupire dalla verità di ognuno e non ingabbiarli dentro vestiti che si cuciono per loro. Andrebbero evitati luoghi comuni e frasi fatte, ma cercare uno spazio di ascolto e comunicazione per trovare insieme le parole. 

 

Alessia Traversa

Pedagogista e insegnante

 

1 Daniele Diena, Fitness della voce, in la Repubblica, 3 aprile 1997, 

2 L’adulto come specchio. Modalità comunicative e apprendimento Elena Mignosi (Professore associato di Pedagogia generale e sociale presso l’Università degli Studi di Palermo.)

3 Bambino che non parla ma urla. Come correggere questa brutta abitudine


4 Bimbo di 3 anni che urla sempre!

 

5 Come comunicare con i bambini (bene) da Daniela Lucioli Lifestyle,