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Antonia Labonia |
Oggi incontro la presidente del Gruppo Nazionale nidi e Infanzia Antonia Labonia a cui chiedo di raccontarci la salute dei nidi d’infanzia. Risposta, dopo risposta, emerge un quadro piuttosto fosco che non riguarda un servizio in particolare, o un territorio soltanto ma una situazione nazionale con punte di criticità consistenti. Uno scenario complesso e difficile che potremmo riassumere con la battuta tragicomica: “Stiamo perdendo il paziente”
Come stanno i servizi educativi?
La domanda presuppone una risposta articolata. Distinguiamo quindi due aspetti fondamentali: la quantità, quindi l’espansione dei servizi, e la qualità dei servizi.
Partiamo dal tema quantità
Abbiamo al nostro arco ottimi strumenti affinché i servizi possano espandersi. Con i medesimi strumenti abbiamo dato anche una precisa cornice qualitativa
Quali sono questi strumenti?
Il decreto 65/17 che definisce un sistema integrato 06 e non più una separazione tra 0/3 e 3/6, si riconosce poi un finanziamento continuativo per i nidi da parte dello Stato che fino a quella data sono stati sostenuti solo dai comuni. Il Ministero dell’Istruzione ha approvato le linee pedagogiche del sistema integrato zerosei e gli orientamenti nazionali per i servizi educativi che sono una cornice pedagogica molto ben costruita. Abbiamo importanti finanziamenti per realizzate nuove strutture grazie al PNRR. Abbiamo anche approvato European Child Guarantee che tra le azioni per contrastare le povertà educative indicano sopratutto i servizi prescolari. Insomma abbiamo cornici solide entro cui muoverci, purtroppo però a volte manca scelte amministrative coerenti.
Quindi c’è ancora molto da fare?
Purtroppo, sì dobbiamo constatare che ci sono ancora grandi criticità e disomogeneità. In alcuni contesti sopratutto al sud ma non solo anche nelle periferie del centro e anche nelle aree interne al nord la copertura dei servizi 03 è carente. Siamo messi meglio per le scuole dell’infanzia.
Meglio per l’infanzia ma…?
Ci sono molte scuole che offrono orari ridotti, solo al mattino, oppure non riescono a garantire la mensa che per alcuni bambini significa il solo pasto completo della giornata. Mancano servizi di trasporto per accompagnare i bambini a scuola e la qualità non è sempre garantita e scontata ovunque.
E per quanto riguarda la copertura dei nidi?
Non abbiamo raggiunto a livello nazionale fissato al 33% mentre il target europeo nel frattempo si è fissato al 45%. Intanto il governo ha ridimensionato gli obbiettivi a un 15% di copertura su base regionale. Con questo nuovo obiettivo in buona sostanza si lascia la situazione com’è oggi.
Per questo motivo con altre associazioni il 16 dicembre avete fatto una conferenza alla camera. Cosa vi hanno risposto?
Non abbiamo avuto risposte dirette. Dopo il nostro intervento ci sono state due interpellanze da parte del Partito democratico e da parte del Movimento 5Stelle. Da parte del Ministro della coesione Foti e da parte del sottosegretario Frassinetti ci sono state risposte generica nel tentativo di rassicurare e smorzare le preoccupazioni espresse.
Di recente il gruppo Nazionale ha condotto un’interessante sugli appalti è corretto?
Si, abbiamo realizzato un’indagine sulle gare d’appalto e i capitolati e sono emerse tante criticità.
In sintesi?
Abbiamo verificato una contrattazione al personale molto diversa, con costi altrettanto variabili. Sappiamo bene da studi che il costo di un bambino in un servizio è costituito tra l’ottanta e l’ottantacinque per cento dal costo dei lavoratori. C’è poi una varietà di contratti tra i più diversi. E’ emersa anche una scarsa verifica della qualità dei servizi dati in gestione a enti terzi. Sono richiesti diversi titoli di studio, nonostante la normativa sia molto chiara in proposito. La formazione non è sempre adeguata ne’ come offerta, ne’ come modalità di accesso. Per cui si fa formazione fuori dall’orario di lavoro, non è retribuita… Spesso manca la figura del coordinamento pedagogico una figura strategica per la governance del sistema 06. E anche su questo punto la normativa è molto chiara. Insomma la pratica è ancora distante da ciò che la normativa previde. Tutto questo che ho descritto è molto diverso da territorio a territorio. Ci sono regioni che lavorano molto correttamente, altre che non hanno ancora adeguato la normativa regionale.
Possiamo dire che il privato, in linea di massima, lavori peggio del pubblico?
Non lo trovo corretto. Ci sono problemi differenti nel pubblico e nel privato. Ci sono privati eccellenti e servizi pubblici di scarsa qualità e viceversa. Non la porrei in questi termini.
I problemi che abbiamo elencato fino qui riguardo gli appalti riguardano il privato.
Anche i servizi pubblici presentano tante criticità.
Ad esempio?
Il personale è spesso più grande di età e con una formazione iniziale generalmente più scarsa ma con più esperienza che può essere indubbiamente positiva. Ci può essere anche maggiore stanchezza e meno motivazione. Gli orari e i calendari sono meno flessibili e non sempre riescono a dare risposta alle esigenze delle famiglie che sono cambiate molto nel tempo. Sugli orari ci son forti resistenze e fraintendimenti. Proporre orari diversi non significa creare servizi “parcheggio” dove i bambini possono sostano delle 7 del mattino, alle 7 del pomeriggio. Si possono offrire orari diversi salvaguardando una permanenza limitata del bambino in struttura. Quello che più importa è riempire l’orario di significato pedagogico ed educativo. Infine per ultimo ma non per importanza c’è purtroppo mancata cura manutenzione delle strutture e finanziamenti per i materiali educativi-scolastici.
Facendo un bilancio della salute dei servizi come chiudiamo questa intervista?
Direi che il rischio maggiore a cui oggi siamo di fronte è realizzare nuovi servizi, grazie al PNRR e non avere personale per farli funzionare per via dei tagli operati. E’ un rischio molto concreto a cui dobbiamo dare massima attenzione.
Laura Branca