Parola a... Certificare la presenza di bambini e bambine con bisogni educativi speciali nei nidi e nelle scuole dell’infanzia è un momento delicato. Innanzi tutto, per le famiglie. Tutti i genitori si aspettano che il proprio figlio o la propria figlia possa vivere la sua vita in modo conforme alle loro aspettative. Difficile pensare e adeguare la realtà di una disabilità o di una specificità di un singolo bambino o di una singola bambina.
Il passo verso la consapevolezza, l’accettazione e la pratica terapeutica di qualsiasi tipo, a volte, non è semplice, perché anche condizionato dalla burocrazia, e neppure scontato, perché fa ancora i conti con tanti, troppi pregiudizi. Spesso è la realtà scolastica e educativa a porsi come primo intervento soprattutto se la disabilità viene in evidenza nei primi anni di vita.
Così mentre sono in aumento le diagnosi precoci di bambini e bambine, soprattutto per sindromi ADHD e autismo, sono posti nel dimenticatoio gli interventi dedicati alle pratiche inclusive.
E questo non avviene per disattenzione da parte delle maestre o delle educatrici, ma avviene per la poca lungimiranza da parte degli amministratori. Soprattutto degli enti locali che gestiscono nidi e scuole dell’infanzia.
Il segmento educativo dedicato ai bambini ed alle bambine da 0 a 6 anni vanta in Italia una storica tradizione. Le lotte delle donne nei primi anni ‘70 del 900, che hanno obbligato gli amministratori a varare la Legge n.1044 del 2 dicembre 1971 che istituì il piano quinquennale per la creazione di asili nido pubblici, con lo scopo di sostenere le famiglie e promuovere l’occupazione femminile, sono ancora oggi il pilastro dell’educazione per i bambini e le bambine da 0 a 3 anni.
Pedagogia speciale, oggi
Da allora la pratica educativa è profondamente mutata e la pedagogia speciale, oggi, si fa carico di un cambio di paradigma che assume una portata scientifica non indifferente. Ma è tanto cambiata da allora anche la società che è sempre più esigente, informata, che assume ogni giorno di più caratteristiche multiculturali. Così oltre l’aspetto prettamente diagnostico, la moltitudine di bisogni educativi speciali attualmente intercetta anche aspetti sociali, linguistici, culturali ed emotivi. Non si tratta più solamente di classificare una disabilità certificata, ma di riconoscere la complessità di ogni singolo percorso di crescita, soprattutto in un contesto sociale sempre più variegato. In questo senso, la pedagogia speciale contemporanea non può più limitarsi a intervenire a posteriori, ma deve agire in chiave preventiva, inclusiva, partecipativa.
L’approccio inclusivo non è più solo un dovere morale, ma un diritto sancito da normative internazionali e nazionali: dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, alla Legge 104/1992, che ha recentemente istituito il Progetto di vita, fino alle più recenti Linee pedagogiche del sistema integrato 0-6 anni in Italia.
Tra principi e realtà
Tuttavia, tra i principi dichiarati e la realtà quotidiana esiste, in alcuni casi, un divario profondo. Le educatrici e le insegnanti, infatti, sono spesso lasciate sole ad affrontare situazioni complesse, senza adeguata formazione continua, senza équipe multidisciplinari stabili e di riferimento, senza risorse sufficienti e soprattutto senza prospettive reali di crescita professionale.
In questo scenario, la certificazione della disabilità o del bisogno educativo speciale diventa un momento di snodo delicatissimo. Può essere vissuto come una condanna o come una possibilità, a seconda di come viene comunicato, gestito, accompagnato, dal contesto in cui emerge e da chi se ne fa carico.
I nidi e le scuole
Il ruolo della scuola e del nido è allora quello di creare un ponte tra la famiglia e il sistema dei servizi, sostenendo con empatia e competenza, creando spazi di dialogo e collaborazione. E questa prassi non può essere demandata alla singolarità di un profilo professionale specifico che venga definito di integrazione, di sostegno o specializzato. È necessario un cambiamento di sguardo collettivo perché non possiamo più parlare solo di “integrazione”, termine che presuppone l’inserimento del diverso in un contesto “normale”.
Inclusione reale
Dobbiamo parlare di inclusione reale, ovvero di una trasformazione dell’ambiente educativo globale affinché sia flessibile, accessibile e capace di accogliere le diversità come risorsa. L’inclusione non si costruisce con protocolli standardizzati, ma con una progettualità educativa individualizzata e partecipata, con l’osservazione quotidiana, la riflessione collegiale, la corresponsabilità educativa e sociale. Eppure, le politiche pubbliche ancora oggi faticano a dare continuità e struttura a questo cambiamento epocale. Troppo spesso i servizi 0-6 vengono visti come costi vivi e non come investimenti reali per il futuro. L'inclusione non può dipendere dalla buona volontà delle singole lavoratrici o dai singoli lavoratori che operano nei servizi educativi e scolastici o dai rari amministratori illuminati. Richiede una visione sistemica, che parta dai bisogni dei bambini e delle bambine e li ponga al centro della progettazione didattica e educativa. In buona sostanza, riconoscere e accogliere i bisogni educativi speciali nei primi anni di vita significa gettare le basi per una società più giusta, più equa, più umana. Una società che non solo riconosce le differenze, ma le valorizza profondamente.
Che non si limita ad accogliere, ma che si trasforma in tutte le sue sfaccettature, in tutta la sua complessità per includere. Perché l’inclusione possa cogliere per tutti e tutte il significato profondo di una società che si prende cura, è necessario che essa non sia vista come un’eccezione, ma come la regola che orienta ogni scelta educativa, amministrativa e politica. L’inclusione non è solo un diritto di chi presenta una difficoltà, ma un'opportunità per tutti i bambini e le bambine di crescere in ambienti dove l’empatia, il rispetto e la cooperazione sono pratiche quotidiane, non valori astratti.
Cinzia Conti
Esperta in comunicazione, EX educatrice di asilo nido
Dirigente SGB - RSU Roma Capitale