L'assessore Marilena Pillati ci ha concesso un'intervista. Il dialogo si apre con un commento alla recente manovra sul decreto Milleproroghe, si continua con argomenti che toccano: l'economia, la qualità, la partecipazione
dei genitori e si chiude sul destino dei nidi da ristrutturare a Bologna.
dei genitori e si chiude sul destino dei nidi da ristrutturare a Bologna.
Partiamo da un commento alla buona
nuova. La Commissione Bilancio ha approvato la proposta di modifica
del decreto Milleproroghe, in pratica viene rinviato il vincolo di
spesa per le assunzioni e quindi si potrà continuare a sostituire il
personale nei nidi e nelle materne. Questo per un anno. Un buon
successo...
Abbiamo lanciato un grido di allarme in
consiglio comunale. Ci siamo trovati in una situazione di grande
difficoltà non avendo più la possibilità di sostituire il
personale supplente dei nidi e nelle scuole d'infanzia a causa di un
vincolo di spesa sui tempi determinati. Verso la fine del 2011 gli
uffici hanno verificato che i contratti già stipulati nel corso del
2011 con effetto sull'esercizio finanziario del 2012, avevano già
esaurito la quota di spesa dei tempi determinati consentita dalla
legge di stabilità del 2012. Quindi ci siamo mossi di concerto con
altri grossi comuni e l'ANCI per cercare di lavorare sul decreto
Monti e poi sul Milleproroghe. In attesa di modifiche alle disposizioni normative ci siamo assunti però una responsabilità politica. Abbiamo definito un atto d'indirizzo che tutelasse, sul piano politico formale i dirigenti, a cui abbiamo chiesto di continuare a garantire le supplenze. Complessivamente sui servizi lavorano 1800 operatori, quindi si capisce bene
che le probabilità che qualcuno si ammali, ad esempio sia elevata.
Per noi questa è stata una scelta forte ma necessaria.
Veniamo ad una domanda sull'economia
con una premessa molto lunga. Lo Stato investe solo lo 0,15% del Pil
nei servizi d'infanzia. Una cifra irrisoria. La spesa oggi è quasi
per intero sulle spalle degli enti comunali. La soluzione messa in
atto fino ad ora è l'esternalizazione del servizio. Il servizio
comunale a Bologna costa circa per bambino 1200 euro al mese, il
privato ne costa solo 800. Una differenza consistente, non c'è
dubbio. Una differenza ricavata sopratutto dalla mancanza delle
cucine interne nei gestori privati, e sulla pelle del lavoratore. Il
dipendente di cooperativa, uno dei gestori più presenti sul nostro
territorio, paga l'educatore di circa 300-400 euro in meno rispetto
ad un collega comunale, che non prende certo uno stipendio lauto.
Quindi l'esternalizzazione costringe l'ente Comune ad assumersi la
responsabilità di pagare meno i dipendenti, per un risparmio che
sarà comunque a breve periodo, perché se non si innalza
l'investimento a livello Statale, quindi quel famoso 0,15%, non si
potrà comunque più mantenere il servizio nel futuro. Questa
situazione denuncia un forte ritardo da parte dello Stato italiano
dato che lo stesso problema si è presentato in tutti i paesi europei
i quali hanno innalzato al 2, 2,5% l'investimento del Pil per i
servizi. Arrivo alla domanda: come vede questa situazione? Non crede
che la vera via d'uscita sia questo innalzamento, quindi una risposta
di investimento economico dettato dalla politica?
Nel nostro paese
ormai da anni c'è una marginalità di alcuni settori importanti, tra
i quali i servizi all'infanzia e la scuola. Sono settori che hanno
visto forte investimento in altre realtà e non nel nostro paese.
Gli investimenti dovrebbero registrare un'inversione di tendenza, mi
rendo anche conto che questo è un difficile momento, in cui oltre
tutto ci troviamo coinvolti in una crisi internazionale. E' un tema
che riguarda anche altri settori del welfare. Vorrei vedere
un'inversione di tendenza ma questo non è certo il momento di
immaginare risultati rapidi. Sarebbe importante capire che ci si
muove verso un'altra direzione rispetto al passato. E'
importante pensare a quelle realtà che sono lontanissime da noi rispetto ai livelli
di diffusione dei servizi educativi.
Con l'ANCI e gli assessori di altri
comuni avete inviato una lettera al ministro Profumo per ragionare
sul servizio d'infanzia, la risposta?
Lo incontreremo...
Quando?
Stiamo aspettando,
a giorni dovremmo sapere la data.
Ritorno sullo 0,15 % … la scuola
ha subito tagli di ogni tipo, ma i servizi 0-3 rischiano una
contrazione. Tra il 2007 e il 2009 c'è stato un unico investimento a
livello statale, un piano straordinario promosso da Bindi per poter
incrementare l'offerta. Così si sono aperte nuove strutture che
oggi, senza l'innalzamento del famoso 0,15 % rischiano la chiusura.
Sono d'accordo. Il
tema delle risorse è cruciale, la soluzione del privato è una
soluzione che può prefigurare leggeri risparmi ma non possiamo
nasconderci il fatto che senza risorse i servizi non possono essere
realizzati da nessun pubblico o privato, perché altrimenti finiscono
per essere altro e non i servizi educativi che abbiamo conquistato
negli anni. Inizialmente hanno rappresentato un'occasione importante
per offrire alle donne che lavoravano un sostegno, ma che nel corso
del tempo sono diventati qualcosa di estremamente più importante
perché si sono trasformati da servizi assistenziali a servizi
educativi.
E' il caso di rivedere la legge1044? Gli esperti discutono se il servizio sia più utile e
necessario per l'educazione dei bambini o come sostegno alle donne.
Un tema che sarebbe bello aver superato ma che nel nostro paese, non
lo è affatto. Lei cosa pensa?
I temi non sono
contrapposti, ma facciamo molta attenzione a non regredire ad un
servizio che non sia centrato sull'aspetto educativo. La 1044 è una
legge straordinaria che ha molti anni. Oggi le questioni più
importanti rispetto ai temi educativi vengono declinate da leggi
regionali. E' evidente che anche questo rappresenta un elemento di
differenziazione e di eterogeneità che privilegia regioni come le
nostre, e non consente ad altre di crescere in una certa direzione.
Forse una riflessione sul piano nazionale su cosa deve essere il
sistema dei servizi educativi è tempo per affrontarla.
Passiamo all'aspetto qualitativo.
L'ipotesi lanciata di recente da lei è quella di stendere un
manifesto sulla qualità del servizio scritto e diretto
dall'Università e da quale altro interlocutore?
Sto coinvolgendo
un gruppo di esperti che vengono dal mondo dell'Università per
fissare alcuni punti e mettere in evidenza quali sono oggi gli
obiettivi di questi servizi, quali sono gli elementi irrinunciabili.
Questo per ridefinire che cosa deve essere il nido d'infanzia e cosa
deve comprendere un sistema di servizi educativi. Si può ipotizzare
il nido d'infanzia al centro di un sistema che comprende anche
servizi educativi di altro tipo. Questo per me deve rappresentare un
punto di partenza per avviare una discussione che deve coinvolgere
una platea molto ampia che coinvolga i cittadini, gli operatori, le
organizzazioni sindacali. Vorrei però partire da un punto di vista
neutro e qualificato. Per rimettere ordine all'interno della tante
riflessioni che si sono fatte. Solo in questo modo so se quello che
ho di fronte è un servizio che risponde agli obiettivi e di
conseguenza è di qualità.
Ritiene importante la presenza e la
partecipazione dei genitori nella vita scolastica educativa dei
servizi dell'infanzia?
La partecipazione
è importante oltre che necessaria. Credo però che sia importante
chiarire le modalità di relazione. Lo dico come assessore e
genitore. Le relazioni perché siano fruttuose devono essere intese non tra parti
contrapposte. Lo spirito che deve animare tutti noi è quello di
lavorare insieme. La ragione per cui non ho ancora convocato
l'assemblea dei presidenti dei comitati di gestione è perché come gli
uffici, mi hanno spiegato, si convocano agli inizi dell'anno solare
perché la vita educativa degli utenti si assesta solo in questo
periodo dell'anno.
Quindi quando?
Gli ultimi fatti,
la discussione del bilancio, non hanno ancora consentito
di trovare il tempo di farlo, a breve.
Il nido riesce a rispondere a questa
complessità sociale, ma il resto della scuola? Si parla spesso di coinvolgere i
genitori, ma nei fatti i canali non sono aperti.
Dipende dagli
ambiti. C'è l'ambito quotidiano in cui i genitori hanno relazioni con con gli operatori del servizio, operatori che hanno affrontato le nuove complessità,
ancora prima che se ne discutesse a livello sistematico. Un altro
livello è la relazione dei genitori con l'amministrazione comunale,
meno frequente, che può riguardare alcune scelte, in base alle
quali vengono presentati e offerti i servizi. E' un canale che
richiede una disponibilità a condividere opportunità ma anche i
problemi e criticità quindi non solo richieste da parte dei
genitori, ma uno sforzo per capire la situazione effettiva, e trovare
una soluzione condivisa ai problemi. Tutti quelli che concorrono alla
crescita dei nostri bambini e bambine, devono trovare sempre maggiori
occasioni di lavoro comune perché in un momento così complesso
come quello che stiamo attraversando possano arrivare delle occasioni
di speranza, ma credo che dobbiamo lavorare insieme.
I sette nidi che sono in chiusura di
sezione lattanti, sono tornati tutti sull'adeguamento di programma del piano dei lavori pubblici sotto la
voce ristrutturazione, manutenzione straordinaria con finanziamento
di altri enti o privati. Ora a parte il nido De Giovanni che non figura perché è in
affitto, volevo capire a
settembre cosa succederà a questi nidi? In che modo si intende
ristrutturarli e con che tempi riaprirli? E ancora cosa diventerà il nido Rizzoli già chiuso da quest'anno che si indica come ex-nido?
La risposta non può arrivare oggi
perché abbiamo una difficoltà a capire quali possono essere le
aperture in termini di patto di stabilità. Finché non si sciolgono
alcuni nodi e non risulta evidente quali margine d'azione a parità
di risorse gli enti hanno, non siamo in grado di dare risposte
definitive su questo tema. C'è un problema enorme di risorse ma c'è
anche un problema enorme di vincoli
sulla spesa per investimenti e sulla spesa di personale. Oggi la
capacità di dialogo con il governo sembra diversa rispetto
al governo precedente, ma c'è una condizione di contorno, la manovra
Monti l'ha messo bene in evidenza. Ci impone di fare un esercizio di
ottimismo ma molto cauto. A normativa vigente io non sono nelle
condizioni di poter dire che i nidi d'infanzia possano crescere con
strutture gestite direttamente dal comune, non solo: non sono nemmeno
in grado di garantire che possano nel tempo rimanere tali, questo per
un vincolo sul personale. Non siamo nelle condizioni di fare
contratto a tempi determinato sui posti vacanti. In pochi anni
abbiamo avuto una fuoriuscita di personale per pensionamento di un
certo numero di operatori. Il blocco del turnover ci imporrebbe di
sostituirli con contratti a tempo determinato, oggi non si può più
fare. A fronte di questi vincoli dobbiamo cercare delle soluzioni di
tipo alternativo. L'edilizia scolastica è considerata al pari di
tutti gli altri investimenti e ricordiamoci bene, che su tutta la
scuola fino alla secondaria di primo grado, la responsabilità degli
immobili è del comune. Il tema è delicato, riuscire a stralciare il
tema dai vincoli del patto di stabilità sugli investimenti degli
enti locali sarebbe un risultato straordinario.
Di recente il Ministro Profumo ha dichiarato che intende investire nell'edilizia scolastica.
Si, ci sono delle
dichiarazioni che ci fanno sperare in un dialogo vero sul tema ma in
questo momento delle certezze non ce ne sono.