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Intervista a… La notizia della proibizione dei bambolotti colorati nei nidi in provincia di Udine fa molto rumore.(leggi qui) E la precisazione del consigliere di minoranza Gabriele Giavedoni che specifica che nel regolamento non si vietano bambole colorate, ma ogni riferimento alla “cultura di provenienza”, non placa gli animi o la discussione. (leggi qui) Da un punto di vista pedagogico eliminare bambole e affini che si rifacciano a culture straniere è un provvedimento valido? Lo chiedo alla pedagogista del comune di Bologna, nonché delegata rsu cgil, Micol Tuzi.
Si
elimina ogni riferimento alla cultura di provenienza. E’ un
atteggiamento pedagogico?
La
pedagogia ci insegna tutt’altro. Sappiamo da studi e ricerche ormai
consolidate che più il bambino cresce in un contesto diversificato,
avrà maggiori possibilità di apprendimento e sviluppo.
L’educazione
cosa dovrebbe fare?
Montessori
sosteneva che il nostro compito è sopratutto quello di accompagnare.
Quando poi il bambino ci fa una domanda, noi educatori, dovremmo
offrire strumenti per ricercare le possibili risposte. Non una. Più
si apre il ventaglio delle possibilità più il bambino apprende la
complessità del mondo che lo circonda.
Al
nido la diversità si può integrare e condividere?
L’asilo
nido è un contesto molto speciale in cui l’inclusione che
comprende la diversità diventa educazione. Anni fa ci fu un
provvedimento, durante il governo della lega, che pareva escludere
dagli asili nido i bambini figli di genitori profughi o non in
regola. Personalmente mi attivai a sposare il motto dei medici e a
declinarlo in Io educo non denuncio! Ci fu molto sostegno chi
educa per professione non può permettersi il lusso di escludere.
Il
nido includere. Ma i bambini che lo frequentano non sono troppo
piccoli per capire?
Non
si comincia mai troppo presto. Lo sviluppo del bambino è spinto
avanti dal conflitto socio-cognitivo.
Cos’è
questo conflitto?
Il
conflitto socio-cognitivo scaturisce proprio dal confronto con le
differenze. Se cresce l'omologazione, semplicemente, il bambino è
stimolato e progredisce meno nelle sue acquisizioni intellettive e
sociali. L’emendamento manca completamente di una lettura
pedagogica e denuncia un livello di ignoranza rispetto ai servizi che
gestisce. Infine siamo alla violazione dei principi costituzionali
alla base dell’ordinamento stesso dei nidi.
Giocare
con una bambolotto nero o no può fare davvero la differenza?
Per
prima cosa ci deve essere inclusione
tra le persone, questa è un’ovvietà ma è meglio ribadire. Dopo
di che il gioco può aiutare, già negli anni ‘70 si usava il
Cicciobello nero. Non ha cambiato il mondo ma forse ha aiutato un
po’.
Ha
degli esempi di integrazione che ha vissuto nei suoi nidi da
raccontarci?
Moltissimi. Ma il primo che mi viene in mente è la storia di un
bambino accolto in un nido che gestivo per il nido di Bologna alcun
anni fa. Era una situazione molto complessa il bimbo sieropositivo e
ha perso la madre quasi subito dopo la nascita. In quell’occasione
il nido ha fatto davvero la differenza sia per il bimbo, che è
riuscito a guarire, che per il padre che ha conosciuto una nuova
compagna. Non sempre le storie sono così a lieto fine e un buon nido
non basta se non c’è la volontà dei genitori ad integrarsi, ma
può fare la differenza ed essere di grandissimo aiuto.