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La pedagogia del lunedì Continuiamo la nostra conversazione del lunedì con il pedagogista Ermanno Tarracchini. Oggi affrontiamo un tema difficile che abbiamo trattato tante volte sul nostro blog: i maltrattamenti nei nidi e nelle scuole. Con Tarracchini però percorriamo strade alternative. Il ragionamento che ripercorriamo, tra storia e attualità, rimette al centro del pensiero il bambino.
Maltrattamenti
un fenomeno nuovo? Secondo lei perché accadono?
Il
maltrattamento esiste da sempre, i bambini sono stati maltrattati e
picchiati in tutte le epoche storiche…
Ma?
Ma un tempo non c’erano le condizioni sociali, pedagogiche ed
educative per prestare attenzione e rispettare i loro diritti era
“normale” maltrattarli soprattutto all’interno di istituti ed
altre situazioni segreganti o di sfruttamento e prostituzione
minorile … come succede tutt’ora in varie aree geografiche del
pianeta mentre in altre aree dell’Europa e del Nord America la
coscienza etica, giuridica e scientifica in difesa dell’infanzia è
più matura.
Da
quando questo cambiamento? Direi a partire dalla fine
dell’ottocento grazie a medici e pedagogisti del calibro di Forza,
Seguin, Itard, Montessori, Pestalozzi sorelle Agazzi… ed ora c’è
maggiore attenzione al “bambino padre dell’uomo” e alla
“questione dell’infanzia” in generale, a partire dalla salute e
dalle condizioni igieniche di vita dei bambini.
Come
dovremmo educare i bambini? I bambini dovrebbero avere i tempi, i
materiali e le attività per nutrire la loro “mente assorbente”
per soddisfare le loro esigenze di curiosità, di esplorazione del
mondo esterno, per impossessarsene.
E
poi? Hanno bisogno di essere protagonisti della scoperta del
mondo che li circonda, gli oggetti, le persone, l’ambiente. Anche
senza applicare alla perfezione il principio della “libera scelta”
di M. Montessori, è possibile in tutti gli asili e scuole, praticare
questo principio anche se in modo più limitato e secondo le
possibilità reali di quell’asilo e la formazione pedagogica delle
educatrici.
Come?
Occorre che gli asili si dotino di arredi e materiali adatti allo
scopo ossia materiali intelligenti, cioè che siano progettati con
una logica esplicita ed autocorrettiva che ne permetta l’uso il più
possibile autonomo, senza il continuo intervento eterodiretto, dopo
che l’educatore ha mostrato il loro uso. I giocattoli tradizionali
autofunzionanti sono umilianti e mortificanti l’intelligenza del
bambino.
Quindi
per non maltrattare: occorre? Per non maltrattare i bambini
occorrono oltre a dedizione e passione per il lavoro educativo, delle
conoscenze sui bambini come quelle che sono descritte da Antonietta
Bernardoni in La vita quotidiana come storia senza paure e senzapsichiatria
Che raccomanda? La Bernardoni ci spiega come
il bambino abbia il
bisogno di palpare
concretamente il mondo e di
trasformarlo per poterlo conoscere. E
questo modo di indagare il mondo viene spesso scambiato per aggressività, ma non
è così, si tratta di pura ricerca.
necessità di conoscere? Esatto. Parlare di aggressività, di crudeltà, di
“male innati" nel bambino è assolutamente privo di senso.
Facciamo
un esempio?
quando il bambino getta a terra un bicchiere gli serve per conoscere che il vetro è
fragile, così se
tirare la coda del gatto, non
lo fa per crudeltà ma per conoscere.
Il
bambino è innocente e come va educato? Il rimedio di fronte a
queste normali e sane pulsioni non è soffocare la curiosità del
bambino con un comportamento autoritario, il rimedio consiste nel
fornire al bambino strumenti per soddisfare meglio la sua curiosità
e metodiche più efficaci per esplorare conoscere la realtà.
In pratica come? Mettendo a
disposizione del bambino nuovi strumenti di ricerca. In
fondo il problema è quello di trasformare un ricercatore inesperto,
in un ricercatore capace di interrogare criticamente il mondo.
Perché si tende a reprimere secondo lei? Chi detiene
il potere e vuole ad ogni costo conservarlo reagisce reprimendo.
E quando si reprime? L’istinto di esplorazione represso si
trasforma in aggressività.
L’aggressività esprime sofferenza? E’ la risposta del
bambino sofferente nei confronti di una società che non solo gli
nega di realizzare le proprie potenzialità, ma gli proibisce persino
di essere curioso perché troppi sono gli aspetti che non debbono
venir indagati, troppe sono le cose che non debbono essere capite
affinché l’ordine esistente possa venire rispettato.
Tornando ai maltrattamenti? Oltre ad una specifica
selezione di personale educativo con laurea in scienze
dell’educazione, della formazione o in pedagogia, occorre
organizzare una giornata ricca di tempo, e a misura del bambino,
programmando attività materiali intelligenti tra i quali i bambini
possano esercitare la libera scelta ed utilizzarli per tutto il tempo
che vogliono, allora si vedrà che i “capricci” che possono
esasperare operatori non preparati allo scopo educativo, spariranno
come per magia.
Ma
secondo lei sono in aumento? Non
sono un fenomeno nuovo, purtroppo sono sempre esistiti, anzi ce
n’erano molti di più, solo che non si sapeva, ora assistiamo ad un
bisogno mediatico di criminalizzazione di pochi casi, che impedisce
di riconoscere le vere cause e non riflette la realtà delle
condizioni educative dei nidi italiani, la cui eccellenza, è così
conosciuta e diffusa, da essere visitati da operatori provenienti da
tutto il mondo.
Che
fare di fronte ai maltrattamenti? Certamente vanno presi
provvedimenti per gli operatori che maltrattano i bambini, ma
dovremmo porci tante domande.
Ad
esempio? Quali percorsi universitari hanno svolto? Quale
tirocinio? La pedagogia negli ultimi anni così come i corsi in
scienze dell’educazione e della formazione, hanno subito una
pesante colonizzazione da parte di discipline clinico-psicologiche,
che con l’educazione hanno nulla a che spartire, ma che hanno
portato alla sanitarizzazione della professione educativa con
diffusione dell’ottica del disturbo. Lo sguardo clinico-psicologico
porta gli operatori a sospettare un disturbo in qualunque
atteggiamento dei bambini il cui comportamento non risponda alle
aspettative dell’adulto.
La pedagogia del Lunedì:
Nidi e scuole d'infanzia amiche del bambino. parola a Ermanno Tarracchini