Guerra al nido: parola a Maurizio Artale

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Parola a... La notizia l'abbiamo data stamattina: il nido voluto da Don Puglisi è stato vandalizzato dalla malavita. (leggi qui) nel primo pomeriggio raggiungo al telefono Maurizio Artale presidente del centro di accoglienza Padre Pio di Palermo che mi racconta come i vandali siano tornati più e più volte per rompere catenacci e appiccare il fuoco. Il messaggio? "Qui il nido non si deve fare". Con voce tranquilla Artale mi racconta come sia stata più volte minacciato di morte dalla malavita , ma ciò nonostante, le battaglie più feroci non le combatta contro la mafia ma contro uno Stato piuttosto distratto.


Ci racconta la storia di questo progetto? Il nido nasce da un'idea nel 1991. Don Puglisi capì che nel quartiere Brancaccio dovevano nascere cultura e istruzione per combattere la mafia. Quindi: un nido e una scuola media, realtà che non c'erano.  

Oggi ci sono? Otto anni dopo il martirio di Don Puglisi (1993) è nata la scuola media. Il nido è un progetto che si sta realizzando ora,  dopo ventisei anni, grazie all'alleanza di soggetti pubblici e privati.

Soggetti che sono? Oltre al nostro contributo, c'è quello del comune di Palermo, che ha donato il terreno, quello della fondazione Giovanni  Paolo II e dello Stato che hanno contribuito economicamente alla realizzazione e alla costruzione del nido. Anche Avvenire ha sostenuto il progetto tramite la divulgazione mediatica. E' una formula che ha funzionato bene e che dovrebbe essere esportata ovunque.

Un nido come? Per progettarlo siamo venuti alla fondazione ReggioChildren, consapevoli del fatto che volevamo un servizio di qualità.

L'inaugurazione del progetto è stata? L'otto marzo abbiamo inaugurato il progetto c'eravamo tutti: politici, clero, polizia, cittadini..


Non una data qualunque... No, certo abbiamo donato oltre 400 mazzetti di mimose il nido è importante per i bambini, ma è altrettanto importante per le mamme che così sono alleggerite nei loro tanti carichi di lavoro.

E poi? E dopo sono cominciati gli atti vandalici e non uno! Più volte hanno rotto la catena del cancello, sono entrati nel terreno hanno messo una sedia rotta sulla pedana e poi hanno incendiato ad una pila di legna. Si tratta di tre ragazzini che siamo riusciti a prendere ieri sera.

Perché non si vuole il nido? Perché la cultura, l'istruzione, la socializzazione, la buona educazione fanno paura, Don Puglisi lo diceva sempre: se con gli adulti si può fare poco, con gli adolescenti si fa molta fatica è possibile fare moltissimo con i bambini. E prima si interviene meglio è! Ecco perché un nido qui a Brancaccio.

I ragazzi che hanno vandalizzato quanti anni hanno? Dieci, undici...e già si comportano da malavitosi. Spesso i loro padri sono in carcere e le madri se la cavano come possono, spacciando...  e i bambini anche se vanno a scuola quando tornano a casa vivono e respirano in questi contesti.

Ma può la scuola fare la differenza? Si, però deve offrire loro percorsi specifici. Non si può tenere bambini abituati a quella vita seduti al bando per cinque ore a fare i compitini.

E quindi? Quindi c'è bisogno di percorsi specifici, la scuola ha fatto diecimila riforme e ciò nonostante non riesce davvero a cambiare. E ora? Siamo tutti concentrati sull'esame di maturità: ma che senso ha?

Tornando al cosa si potrebbe fare... Intanto far funzionare quello che c'è. A Palermo nelle scuole ci sono tantissimi laboratori che non sono utilizzati.

Non utilizzati perché? Per paura che i ragazzi rompano, ma se dovessero rompere significa che dovremmo rifare, una, due, tre volte, tutte le volte che servirà, fino a che i ragazzi possano davvero capire quanto siano utili. Noi siamo sul territorio da ventisei anni e l'abbiamo sempre fatto. Si deve rimanere sul territorio. Non ci sono altre strade. 

E poi? Poi si dovrebbero finanziare i laboratori e i progetti di integrazione adatti a queste realtà.

Perché non si pagano? La regione Sicilia, tanto per fare un esempio, è "indietro" con i pagamenti per un milione di euro. Il comune di Palermo per oltre 600mila euro. E noi denunciamo. E i tribunali ci danno ragione, ma mentre vinciamo e siamo risarciti, passa il tempo e gli avvocati vanno pagati e le banche che ci fanno credito anche! Il credito ci costa fino a 40 mila euro all'anno.

Mi apre di capire che ci siano due battaglie in corso permanentemente: una contro la mafia, l'altra contro la stato? E la seconda è molto più dura da combattere. Finché lo Stato non risponderà ai bisogni del suo territorio ci sarà sempre qualcun altro che potrà rispondere. 

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