Le relazioni difficili a scuola tra colleghi




Parola a... Nel linguaggio anglosassone specializzato, il termine “cura è espresso di due differenti accezioni, a seconda che si voglia indicare la “cura sanitaria” o quella “sociale”. Nel primo caso si usa il vocabolo “curing”, che significa “curare con l’intenzione di guarire”. Nel secondo caso si usa il temine “caring” che significa “curare con l’intenzione di migliorare la qualità di vita”. 1

La fatica e i colleghi

Partendo da questa premessa, possiamo, osservando i contesti educativi, descrivere come sia faticoso e difficile lavorare in contesti poco sereni e poco accoglienti. Possiamo cioè evidenziare come chi si prende cura degli altri, in questo caso gli insegnanti, sentano il bisogno di essere trattati con cura dal proprio dirigente e dai propri colleghi. Sentano cioè la necessità di vivere in una dimensione umana. L’importanza di un contesto educativo sereno dove venga percepita la certezza di una strada da seguire e da percorrere non come singolo, ma come membro di un gruppo. 

Il fatica e il contesto educativo

Un gruppo che tende verso lo stesso obiettivo e che si impegni a raggiungere lo stesso risultato. Essere valorizzati nel proprio contesto lavorativo rende sicuramente più sereni e soddisfatti e la serenità e la soddisfazione generano benessere per se stessi e per gli altri.

La fatica di lavorare a scuola 

La scuola, come tutti gli ambienti di lavoro, è un microcosmo sociale fatto di equilibri, relazioni e dinamiche, originate dalle persone che la abitano e la vivono quotidianamente.

Non è insolito però osservare come chi lavori in questo “microcosmo sociale” soffra di grandi malesseri provenienti dallo stesso ambiente di lavoro che, talvolta, sfociano in una vera e propria sindrome da burnout. I colleghi, infatti, sono gli interlocutori con cui ci si deve confrontare e concordare costantemente su molteplici questioni, tutte piuttosto rilevanti: dall’orario delle lezioni, condivisione dell’ambiente di apprendimento, dalle decisioni, alle riunioni collegiali.

Cosa fare quando un collega non vuole parlarci o quando ci tratta male?

Come dicono le prime due regole della comunicazione umana (Watzlawick, 1971):

  1. Non si può non comunicare, perché qualsiasi comportamento comunica qualcosa, il silenzio stesso è una forma di interazione che veicola un significato (ad es. può significare: “Sono arrabbiato con te e non voglio parlarti”); 

     2.  All’interno di ogni comunicazione si possono individuare due livelli: il primo è quello del contenuto, cosa stai comunicando; il secondo è quello della relazione, come stai comunicando, ovvero che tipo di relazione vuoi instaurare con la persona a cui ti rivolgi.

La fatica di comunicare e ascoltare

 Per comunicare e agire con “cura” nei contesti educativi è necessario che esista il “riconoscimento” e “l’ascolto dell’altro. Il riconoscimento, infatti, è alle origini dell’aver cura di un individuo.

Carl Roger affermava “Quando qualcuno esprime un sentimento o un atteggiamento  o un’opinione tendiamo subito a pensare è ingiusto, è stupido, è anormale, è irragionevole, è scorretto, non è gentile. Molto di rado ci permettiamo di capire esattamente quale sia per lui il significato dell’affermazione”. 

La pedagogia dell'ascolto 

Se pensiamo dunque a mezzi, metodi, tecniche, che facciano parte della competenza e delle abilità di educatori e insegnanti, non possiamo non citare e fare riferimento alla pedagogia dell’ascolto e ai suoi strumenti, didattici e metodologici. "La pedagogia dell'ascolto" è una Teoria introdotta e impiegata da Alessandra Ginzburg, sul finire degli anni '70 nel gruppo del Mce romano (Movimento diCooperazione educativa). Cosa s’intende per pedagogia dell’ascolto? Alessandra Ginzburg riporta: "Ricordo di aver mutuato il termine "ascolto" da Lacan, il quale attribuisce a questo termine un enorme rilievo, segnalando il valore dirompente che acquista nella relazione analitica la parola del soggetto nella misura in cui vi è qualcuno deputato ad ascoltarla" "3

Quando l'ascolto acquista valore

Le espressioni, le parole, le azioni acquistano valore, purché ci sia qualcuno disposto ad ascoltare. Secondo la pedagogia dell’ascolto, l’insegnamento si fonda innanzitutto attraverso lo stabilirsi di un rapporto e di una relazione educativa: si apprende attraverso un incontro, fatto di affettività, emozioni, empatia, che consentirà in seguito a bambini e agli adulti di avviare un percorso educativo e formativo e di conoscenza.

Alessia Traversa Insegnante di scuola d’infanzia e/o pedagogista 

Note

1 M. Luisa Ranieri: Assistente Sociale Domani, pag.14 Erickson, Gardolo (TN)

2 "A. Ginzburg: Premessa ad una pedagogia dell’ascolto nella scuola dell’infanzia, Comune di Roma, assessorato Scuola, 1 1979