Per educare un bambino ci vuole un villaggio. Parola al professor Tarracchini


 
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La pedagogia del lunedì Siamo arrivati all’ultimo appuntamento con il professor Ermanno Tarrachini. Oggi affrontiamo un tema di grande attualità pur volgendo lo sguardo ad esperienze passate. Mi faccio raccontare dell'educazione reciproca continuativa: un’ esperienza operativa che dura da tempo in Italia e non solo.



Professore lei fa parte delle assemblee di educazione reciproca continuativa ci spiega cos’è?
Per educare un bambino ci vuole un villaggio dice un vecchio proverbio africano.
E quindi?
Quindi i genitori e gli insegnanti non vanno lasciati soli nel loro difficile compito educativo, occorre che educatori e pedagogisti sappiano promuovere delle comunità educanti come quelle che prendono vita nelle Assemblee Educazione Reciproca Continuativa che provengono dall’esperienza modenese dell’attività terapeutica popolare di Antonietta Bernardoni.
Che fanno cosa?
Si fanno incontri di autoeducazione ininterrotta di sé che hanno luogo, per ora, due volte al mese a Modena ed Inverigo (Como) mentre le assemblee di Attività Terapeutica Popolare sono ancora attive a Verona una volta alla settimana.
Cosa si fa in queste assemblee?
In queste assemblee ci sono genitori, insegnanti, educatrici, pedagogisti, pensionati, lavoratori, casalinghe… che si confrontano su problematiche educative in famiglia, a scuola, nella società, a volte partecipano anche adolescenti e giovani.
A cosa servono?
Sono dibattiti in cui si combatte il pregiudizio psicologico e psichiatrico del disturbo, infatti, in assenza di lesioni neurologiche od altre alterazioni organiche scientificamente dimostrabili e verificabili, non si può parlare di disturbi ma solo di difficoltà relazionali e di apprendimento.
Questo modello è esportabile in altri contesti educativi?
Sarebbe augurabile per i genitori e gli educatori dei nidi attuare forme di educazione reciproca collettiva in cui vengono presentati in maniera positiva i propri figli.
Cosa realizzano questi incontri questi dialoghi?
Ad una maggiore conoscenza reciproca sia in qualità di genitori o di figli, tra gli adulti educanti. Comporta poi ad un aumento di fiducia reciproca che si traduce in una miglior clima della classe e quindi in un maggiore benessere dei bambini.
Ci sono esperienze nazionali?
Si, questa forma di valorizzazione delle competenze educative esperienziali dei genitori, e di quelle più scientifiche disciplinari dei docenti, abbiamo esperienze nazionali e anche internazionali attraverso i gruppi di narrazione secondo la “metodologia pedagogia dei genitori ” (MPdG) diffusa in varie realtà del Nord Italia tra cui Torino, Bolzano, Milano, Modena, Riccione, Pesaro, ma anche in Svizzera a Lugano e alle Canarie.