Partecipare per crescere Cos'è che dà senso al nostro stare al mondo? Le tante cose fatte o piuttosto le esperienze che abbiamo attraversato con i nostri sensi accesi?
Ancora una volta sono i bambini e le bambine a darmi la risposta. Solo ciò che viviamo intensamente, con presenza, può rendere le nostre esperienze significative, evolventi.
Potrei tracciare una mappa olfattiva, visiva, tattile, uditiva e del gusto per tutti gli incontri e le relazioni della mia vita.
Tutto ciò che ha "segnato" la mia esistenza ha lasciato tracce sensoriali ed emozionali.
Osservare i bambini/e stargli accanto, mi ha dato l'opportunità di entrare nel loro mondo, perlopiù un mondo di sensi che si accendono attraverso il gioco.
Il diritto al gioco
Attraverso il gioco l'essere umano esprime se stesso portando alla luce quello che è nascosto, latente.
Giocando liberamente ci diamo o offriamo una opportunità creatrice, giocare bene significa esplorare non solo il mondo esterno ma piuttosto riuscire a dare un senso, un significato al proprio mondo interiore, al proprio vissuto che è un universo misterioso di percezioni e di paesaggi, di idee, di sentimenti, di speranze e disperazioni.
Esprimersi giocando è lasciare un'impronta, un segno, un gesto, un colore, un suono, un concetto.
E' la capacità di giocare che permette la capacità di esprimersi.
Dovremmo difendere il diritto al gioco non solo nell'infanzia ma anche nell'età adulta. Giocare ci rende felici e intelligenti. Giocare significa attivare intelligenze multiple, sviluppare la creatività, affinare i nostri sensi.
Giocare bene è agire in uno stato di ben-essere.
Giocare non prevede necessariamente il raggiungimento di un obiettivo, non è performance, è la libertà di ricercare, inventare, costruire.
Si gioca sempre meno
Giocare bene per me significa poter sperimentare, scoprire, inventare, lasciando che siano i sensi a guidare il movimento, le scelte e le combinazioni, nella piena libertà avendo a disposizione materiale destrutturato, povero, naturale, vario.
Lasciare che i sensi sperimentino è un aspetto importantissimo.
Le storie odierne purtroppo raccontano di bambini e bambine sempre più isolati, lasciati perlopiù davanti a degli schermi, senza che interagiscano tra di loro, con la natura e l'ambiente che li circonda.
Osservando i bambini e le bambine ma anche gli adolescenti e i tanti malesseri che li attraversano, ci troviamo di fronte ad un panorama molto critico e a volte preoccupante. Noi adulti dovremmo prestare più attenzione ai segnali inequivocabili di questi disagi, prima che si trasformino in vere e proprie patologie comunicative.
Troppo le storie di cronaca nera che ci sbattono letteralmente in faccia la misura di questo disagio, di questa anestesia del sentire, la mancanza di empatia può portare a sviluppare comportamenti aggressivi, violenti, l'altro/a diverso da me può diventare il capro espiatorio da vessare, annullare, annientare.
La responsabilità dell'agire
Sono sempre più convinta che le nostre responsabilità di adulti, educator*, non possano più essere disattese.
Ogni agenzia educativa oltre a teorizzare quello di cui hanno bisogno bambin* e adolescenti, dovrebbe agire coerentemente, mettendo in pratica, trasformando il pensiero in azione viva, al contrario, assistiamo ad una disarmonia preoccupante tra quello che si predica a quello che si pratica!
Educare è una continua rivoluzione interiore, una ricerca e riflessione costante sul nostro operato, ma anche osservazione e passione per le relazioni, capacità e flessibilità nell'ascolto. Purtroppo in molti contesti educativi si agisce senza aver fatte proprie queste istanze pedagogiche che presuppongono non solo una conoscenza teorica ma anche un percorso personale di crescita. È importante per non ripetere gli stessi errori, rimanendo " attaccati" ad una visione stantia, ripetitiva di quegli atteggiamenti " pseudo educativi" che nulla hanno a che vedere con l'idea del bambin* che esplora, ricerca, sente, sperimenta, agisce tra prove ed errori...per il quale necessita di un adulto capace, competente, empatico che possa stargli a fianco rispettando autenticamente il suo percorso dinamico e vitale.
Disponibilità al cambiamento
La società distopica nella quale viviamo ci invita sempre di più alla consapevolezza, alla presenza, ad essere noi per primi testimoni e attori del cambiamento.
Non possiamo più delegare la possibilità di questa trasformazione necessaria, alla politica, a chi ci governa ecc.
Dovremmo assumerci la nostra quota parte di responsabilità, in ogni ambito della nostra vita familiare, professionale, relazionale, personale.
Questo significa migliorare noi stessi, ogni giorno aggiungere un pezzetto di mosaico che assomigli sempre di più al mondo che vorremmo.
Basta delegare e deresponsabilizzare continuamente i nostri figl*, nipoti ecc togliendo loro ogni castagna dal fuoco, sperando così,erroneamente, di non farli scottare.
C'è da rivedere molto in termini di modalità relazionali e comunicative.
Tantissimi i segnali di disagio psichico serio tra i ragazz*.
È tempo di ascolto e di azione coerente.
Ovviamente come adulti non possiamo essere perfetti e infallibili, sarebbe un'eresia, ma il panorama sociale ci sta narrando una situazione critica che non può più essere ignorata e sottovalutata.
Voltare le spalle sarebbe un errore imperdonabile.
Anna Maria Mossi Giordano
Della stessa autrice:
I legami costruiscono un buon asilo nido
La visione educativa: dal cerchio alla piramide
Il coraggio nell'epoca della complessità
La vita nei passi, nel corpo...nella poesia
Come educare ad un potere gentile?